«Giuda poi radunò l'esercito e venne alla città di Odollàm; poiché stava per iniziare il settimo giorno, si purificarono secondo l'uso e vi passarono il sabato. Il giorno dopo, quando ormai la cosa era diventata necessaria, gli uomini di Giuda andarono a raccogliere i cadaveri dei caduti per deporli con i loro parenti nei sepolcri dei loro padri. Ma trovarono sotto la tunica di ciascun morto oggetti sacri agli idoli di Iàmnia, che la legge proibisce ai Giudei. Così fu a tutti chiaro il motivo per cui costoro erano caduti. Perciò tutti, benedicendo Dio, giusto giudice che rende palesi le cose occulte, si misero a pregare, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto a causa del peccato di quelli che erano caduti. Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d'argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato, compiendo così un'azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della risurrezione. Perché, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli pensava alla magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato». 2 Mac 12, 38-45.
Nell’Antico Testamento si parla della preghiera offrendo sacrifici per i defunti perché “siano assolti dai loro peccati”; questo a proposito di soldati morti in battaglia tra le cui vesti erano stati trovati oggetti rubati. La Chiesa, fin dagli inizi, ha sempre favorito la preghiera in suffragio dei defunti come espressione di un legame d’affetto nella fede che ci lega a quanti sono morti. Agostino nelle Confessioni riferisce questo episodio: sua madre, Santa Monica, prima di morire, gli aveva raccomandato: “Seppellite pure questo mio corpo dove volete, senza darvi pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, dinanzi all’altare del Signore” (Confessioni 9,11, 27).
La comunità dei credenti, oggi, è sempre meno consapevole dei benefici della Santa Messa. Questo, purtroppo, lo constatiamo anche dalle intenzioni che non vengono più affidate al sacerdote con la frequenza di un tempo. Si è persa questa consapevolezza: abbiamo una responsabilità grande nei confronti di coloro che ci hanno già lasciati.
Qual è il fine del Sacrificio Eucaristico? Il primo è quello di adorare, poi c’è il ringraziamento, poi si offre per l’espiazione dei peccati e, infine, per implorare delle grazie.
Quando facciamo celebrare la Santa Messa in suffragio di un fedele defunto, lo facciamo perché siamo certi che quel Sacrificio servirà ad espiare i peccati di quella persona a noi cara e che ora, purtroppo, non ha più alcun mezzo per “aiutarsi” se non la nostra preghiera.
La Santa Messa può essere offerta solo per un defunto?
La Santa Messa, però, non si celebra solo per i defunti. Durante la preghiera eucaristica - nel Canone Romano è evidenziato in modo particolare – preghiamo anche per i vivi. Lo facciamo per chiedere protezione, per richiedere una Grazia oppure come forma di ringraziamento per i benefici ricevuti. Possiamo, quindi, far celebrare la Santa Messa anche per le persone vive che ci stanno particolarmente a cuore.
Le messe Gregoriane
Si chiamano “Sante Messe Gregoriane” perché sono associate al racconto che fece il santo papa Gregorio Magno, il quale fece celebrare la Santa Messa per 30 giorni consecutivi in suffragio di un monaco morto tempo prima. San Gregorio racconta come al termine della celebrazione delle 30 Messe consecutive avesse visto l’anima del monaco entrare in Paradiso. È necessario che le Messe siano consecutive.
Alcune derive
"Devo sentire pronunciare il nome. Tutti devono sentire che il prete pronuncia il nome sennò non è valida", sentiamo dire dai fedeli. Questa è una deriva che spesso sentiamo pronunciare nel fondo delle Chiese o nelle sagrestie. Si tratta di una forma di superstizione accettata che non ha alcunché di cristiano. Spesso ci sono persone che giungono in parrocchia una sola volta all'anno in occasione della celebrazione della Santa Messa per i propri defunti. L'attenzione al Sacrificio Eucaristico è nulla ma si soffermano sul canone per sentire se il prete pronuncia, forte e chiaro, il nome del defunto. Non è necessario che il sacerdote dica ad alta voce il nome del defunto. Non serve per "la validità della Messa" o perchè questa effettivamente "risulti" offerta per quel defunto. È chiaro che il Signore conosce tutto ed è ben consapevole di chi sta celebrando e per chi. Nelle diverse realtà si sono addottate modalità differenti per rispondere a questa spasmodica attenzione al "nome del defunto" ma forse sarebbe bene affrontare il problema alla radice e spiegare alle persone che se il nome deve essere ben udibile perchè "gli altri devono sentire", allora forse non hanno capito qual è il fine della Santa Messa.
Infine, spesso vi sono polemiche in merito all'offerta della Santa Messa. Polemiche che, purtroppo, sono state sollevate dallo stesso Pontefice. La Santa Messa non ha un costo, semplicemente si offre al celebrante un'offerta per sostenersi. La Conferenza Episcopale Italiana parla di un'offerta minima di € 10. Come è noto il sacerdote diocesano ha uno stipendio esiguo, il religioso non ha neppure quello, per questo motivo è importante che i fedeli contribuiscano alle necessità del presbitero. Al giorno d'oggi, inoltre, spesso il prete deve raggiungere località diverse in auto. Anche questo è un costo che deve affrontare. Per questo motivo sono inutili e sterili le polemiche. Non esistono sacerdoti che "pretendono" il pagamento di una Santa Messa. Se il fedele non ne ha la possibilità, chiaramente non darà l'offerta. Ma è bene che il Popolo di Dio si renda conto di quelle che sono tutte le spese che il sacerdote affronta nel servire la propria comunità ogni giorno gratuitamente.