Roma - Questa mattina, alle ore 9.30, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, il Santo Padre ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella Solennità della Dedicazione della Basilica Lateranense, la cattedrale del Vescovo di Roma, e dunque simbolo dell’unità di tutta la Chiesa cattolica. Pur leggermente affaticato da un fastidioso raffreddore, Leone XIV ha cantato numerosi passaggi della Santa Messa.

L’omelia del Pontefice ha offerto una profonda riflessione sulla natura spirituale della Chiesa e sul significato della Basilica Lateranense come “Madre di tutte le Chiese”. La dedicazione del tempio, ha ricordato, non è solo un evento storico, ma un richiamo costante alla verità viva che esso rappresenta: “segno della Chiesa vivente, edificata con pietre scelte e preziose in Cristo Gesù”, come recita il Rito della Dedicazione.

Le fondamenta della Chiesa: scavare fino alla roccia di Cristo

Il Papa ha iniziato la sua meditazione richiamando l’immagine delle fondamenta: “Se chi costruì questo edificio non avesse scavato a fondo, l’intera costruzione sarebbe crollata da tempo”. Così è anche per la Chiesa, ha detto, che deve continuamente “scavare in profondità” per poggiare sulla roccia viva di Cristo, evitando di costruire su terreni instabili. Citandone San Paolo, ha ricordato che “nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo”.

Il Pontefice ha messo in guardia contro la fretta e la superficialità, che portano a costruire “pesanti strutture su basi fragili”. Solo l’umiltà e la pazienza, ha detto, permettono di edificare una comunità viva e duratura, capace di diffondere carità e di servire fedelmente il Vangelo.

Il Vangelo di Zaccheo: una conversione che costruisce

Richiamando il brano evangelico del giorno, il Santo Padre ha paragonato Zaccheo, che si arrampica su un albero per vedere Gesù, a chi riconosce la propria piccolezza e desidera incontrare il Signore. “Quel salire tra i rami – ha spiegato – è un atto di umiltà e di desiderio autentico, un gesto che rompe l’orgoglio.” Da quell’incontro nasce una vita nuova. “Gesù ci cambia, e ci chiama a lavorare nel grande cantiere di Dio, dove siamo plasmati secondo i suoi disegni di salvezza.”

Il Papa ha poi sottolineato che questa immagine del cantiere descrive bene la Chiesa di oggi: un luogo di attività, creatività e fatica, dove si cresce insieme, “nella condivisione dei carismi e sotto la guida dei Pastori”.

Il cammino sinodale della Chiesa di Roma

Riferendosi al Sinodo in corso, il Pontefice ha invitato a non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà: “Ciò che è maturato in anni di lavoro chiede ora di passare attraverso il confronto e la verifica sul campo. È un cammino in salita, ma non bisogna temere”. Ogni costruzione, ha ricordato, attraversa crisi, soste e correzioni: “Eppure, grazie alla tenacia di chi ci ha preceduto, oggi possiamo radunarci in questo luogo meraviglioso. A Roma c’è un bene grande che cresce, non lasciamo che la fatica ci impedisca di riconoscerlo.”

La liturgia: fonte e culmine della vita della Chiesa

Nella parte finale dell’omelia, il Papa ha ricordato che la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e la fonte da cui promana tutta la sua energia”. La cura della liturgia nella Cattedrale di Roma – ha detto – deve essere esempio per tutto il popolo di Dio, custodendo “la solenne sobrietà tipica della tradizione romana”, segno di quella bellezza semplice che “aiuta le anime a elevarsi verso Dio”. Citando sant’Agostino, il Papa ha concluso: La bellezza non è che amore, e amore è la vita. La liturgia è l’ambito dove questa verità si realizza in modo eminente: che chi si accosta all’altare della Cattedrale possa poi partire pieno di grazia per inondare il mondo”.

Il significato della festa

La Dedicazione della Basilica Lateranense commemora la consacrazione a Cristo Salvatore della cattedrale del Papa, avvenuta nel IV secolo per opera di Papa Silvestro I su volontà dell’imperatore Costantino, dopo l’Editto di Milano del 313 che riconobbe ai cristiani la libertà di culto. Celebrata ogni anno il 9 novembre in tutta la Chiesa latina, è una solennità (nel mondo è festa) cristologica e di comunione: ricorda che ogni chiesa locale, pur nella sua identità, è unita al Vescovo di Roma, segno visibile dell’unità nella fede.

Le prime tracce della celebrazione dell’anniversario risalgono al pontificato di Alessandro III (XII secolo), ma le sue radici simboliche e leggendarie affondano più indietro, nella Passio Imaginis: la storia di un’immagine di Cristo venerata a Beirut, dalla quale – secondo la tradizione – sgorgarono sangue e acqua dopo che fu trafitta. Quel miracolo, che portò alla conversione di molti ebrei della città, avrebbe dato origine al culto del Santissimo Salvatore, collegato poi alla dedicazione del Laterano. Nel Medioevo, la festa assunse un valore crescente: la Basilica Lateranense venne riconosciuta come “chiesa madre e capo di tutte le chiese della città e del mondo”, e la celebrazione del 9 novembre divenne segno dell’unità ecclesiale attorno al Papa, vicario di Cristo Salvatore.

Un tempio di pietra e di fede

Il Laterano non è solo un edificio. È il cuore visibile di una Chiesa che, da duemila anni, vive del Vangelo e si rinnova nel tempo. Le sue mura raccontano la storia della libertà cristiana, ma anche la fatica della costruzione interiore che ogni credente è chiamato a vivere. Essere “pietre vive” – come ha ricordato il Papa questa mattina – significa lasciarsi plasmare da Cristo per diventare parte di un edificio spirituale più grande, dove ogni vita diventa tempio, e ogni cuore, una piccola cattedrale.

d.R.M.
Silere non possum