Città del Vaticano - Nel momento più solenne della sua vita, appena eletto Vescovo di Roma, Robert Francis Prevost, divenuto Papa Leone XIV, ha compiuto un gesto che esprime la sua devozione al santo vescovo di Ippona, Agostino, fondatore dell'ordine nel quale lui si è consacrato. Dopo aver accettato l’elezione e comunicato al cardinale Pietro Parolin il suo nuovo nome pontificale, ha firmato il Verbale ufficiale dell’accettazione e si è ritirato nella Stanza delle lacrime, la sagrestia che affianca la Cappella Sistina. Lì, dove ogni nuovo Papa si prepara interiormente prima di affacciarsi al mondo, ha scelto di non cambiare croce pettorale, ma di conservare quella che già portava sul petto quando è entrato in Conclave, un dono del Postulatore Generale dell’Ordine di Sant’Agostino, P. Josef Sciberras O.S.A, per la sua creazione a cardinale nel concistoro del 30 settembre 2023.

Questa croce non è solo un ricordo affettivo. Al suo interno custodisce le reliquie di Sant’Agostino, di sua madre Santa Monica e di vari santi e beati dell’Ordine Agostiniano. È una croce che porta con sé la storia dell’ordine, la Chiesa trionfante che ora guida e sostiene il Successore di Pietro. In un celebre discorso rivolto ai giovani a Parigi, Papa Benedetto XVI spiegava il significato della croce che ogni vescovo porta sul petto: “Non è un ornamento, né un gioiello. È il simbolo prezioso della nostra fede, il segno visibile e materiale del legame con Cristo.” Ogni croce pettorale è dunque un sigillo che unisce il vescovo al suo Signore. È memoria visibile del legame indissolubile con Cristo e con la sua Chiesa, ma anche segno della responsabilità di portare, giorno dopo giorno, le gioie e le ferite del popolo affidato alle sue cure.
Leone XIV, conservando quella croce unica, carica di devozione e di amore, ha voluto manifestare pubblicamente la fedeltà a un cammino di fede segnato dal Vangelo, dall’amicizia e dalla comunione con Dio. E lo ha fatto con discrezione, senza parole altisonanti, ma con un gesto che parla più di mille discorsi.

Anche il motto episcopale del cardinale Robert Francis Prevost, ora Papa Leone XIV, risuona oggi come un appello urgente rivolto alla Chiesa: “In Illo uno unum”, cioè “Nell’unico (Cristo) siamo uno”, un’espressione tratta dall’Esposizione sul Salmo 127 di Sant’Agostino.
In queste poche parole si condensa una visione profonda e profetica: la vocazione della Chiesa a ritrovare la propria unità in Cristo, unico fondamento che non divide ma unisce. In un tempo attraversato da polarizzazioni, tensioni sotterranee e ferite ancora vive, Leone XIV appare come un pastore chiamato a ricomporre, a riconciliare, a riunire. Lo fa con lo stile evangelico della mitezza, non con imposizioni, ma con la forza silenziosa di gesti autentici. Non cerca il consenso facile, ma parla al cuore della Chiesa con la forza disarmante dell’amore. Papa Leone XIV, con quella croce pettorale custodita sul cuore, e con le parole agostiniane che risuonano come una bussola per la Chiesa, ha già tracciato la direzione del suo pontificato: una Chiesa che cammina insieme, non perché uniforme, ma perché guarda all’unico Signore.
p.E.I.
Silere non possum
