Pope Francis and that vice of talking too much

“Un bel tacer non fu mai scritto”, avrebbe detto qualcuno. Nella fase finale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, Papa Francesco non perde occasione per prendere la parola e ritornare su alcuni dei suoi mantra preferiti: i pizzi e i soldi. Sì, il Pontefice è il portabandiera dei boomers ecclesiastici che si scagliano contro le nuove generazioni e rivendica la parola nonostante la storia abbia dimostrato come “questa scuola” abbia vergognosamente fallito.

Nella diciottesima congregazione generale Bergoglio prende la parola e parla, in spagnolo, al fine di attaccare, senza alcuna remora, coloro che ritiene clericali. Nello Stato della Città del Vaticano si sta celebrando un sinodo nel quale si parla di tutto tranne che di Gesù Cristo e il vescovo di Roma sceglie di mettere nel calderone un po’ di affermazioni che vengono riprese dalla stampa con quella stessa enfasi che i giornalisti perdono quando il Papa parla di eutanasia ed aborto.

Sconnesso dalla realtà

“È penoso – afferma il Papa davanti ai partecipanti al sinodo – trovare in alcuni uffici parrocchiali il “listino prezzi” dei servizi sacramentali alla maniera di un supermercato. O la Chiesa è il popolo fedele di Dio in cammino, santo e peccatore, o finisce per essere un’azienda di servizi vari. E quando gli operatori pastorali prendono questa seconda strada, la Chiesa diventa il supermercato della salvezza e i sacerdoti semplici dipendenti di una multinazionale. Questa è la grande sconfitta a cui ci porta il clericalismo. E questo è molto triste e scandaloso (basta andare nelle sartorie ecclesiastiche di Roma per vedere lo scandalo dei giovani sacerdoti che provano tonache e cappelli o albi e abiti di pizzo)”. 

Le parole del Papa sono, ancora una volta, completamente sconnesse dalla realtà e gli servono per demonizzare tutti e rendersi bello agli occhi di quelle realtà giornalistiche che amano poi rilanciarlo con enfasi. Già ai preti siciliani aveva rivolto le stesse parole. Sarebbe utile se Bergoglio facesse i nomi delle parrocchie che hanno un listino dei prezzi in sagrestia. Affermazioni di questo tipo servono soltanto a colpire le parrocchie, tutte e indiscriminatamente, e a metterle in cattiva luce. Chi non vive queste realtà, ascoltando le parole del Papa sarà portato a demonizzarle e a fare “di tutta l’erba un fascio”La cosa più triste è che di questi episodi non vi è traccia alcuna. Come è noto, infatti, i sacramenti vengono offerti dalle diverse parrocchie in modo del tutto gratuito e le offerte sono regolamentate dalle singole Conferenze Episcopali al fine di sostenere i costi della singola parrocchia.

Ciò che il Papa non fa, perché evidentemente in una parrocchia non ha mai vissuto, è dire alla gente quante spese ha una parrocchia. La Chiesa non vive d’aria e le singole parrocchie non godono dei vari Bill Clinton, Bill Gates e George Soros che portano le valigette piene di contanti a Santa Marta. A fine mese, quindi, anche ai parroci arriva la letterina con la bolletta dell’energia elettrica, dell’acqua e del gas. A queste si aggiungono innumerevoli spese che servono a mantenere in vita gli edifici ma anche i servizi di cui i fedeli (il Santo Popolo di Dio, come ama chiamarlo qualcuno) godono ed usufruiscono.

Pressapochismo sessantottino

È incredibile che un Papa che parla di "pastori con l'odore delle pecore" non si renda conto che oggi, soprattutto nelle parrocchie di periferia di cui lui tanto parlava, ci sono migliaia di famiglie che vengono a portare i propri figli a "fare la comunione" o a "fare la cresima" e dettano le loro condizioni. "Bisogna avere il fioraio, er mejo de Roma. Bisogna avere il fotografo, er mejo der quartiere. Al ristorante non ci vai? Er mejo anche quello". Famiglie con 3 o 4 figli che hanno tutto un abbigliamento, giustamente, firmato e l'iPhone sempre in mano.

Quando il parroco fa presente che è giusto che questi contribuiscano al buon andamento della parrocchia, la gente ora ripete a pappagallo le parole del Papa. Allora, Santità, cosa vogliamo fare? Le bollette le inviamo tutte a 00120 Città del Vaticano? Spediamo anche noi l'Iban come Michele Di Tolve? Ci rivolgiamo a Sua cugina? È emblematico che il Papa parli di queste cose durante un sinodo nel quale dice che i laici devono collaborare ed essere presi più in considerazione. Come se non fossimo già in balia dei cambi repentini di umore delle diverse megere che abitano le nostre sagrestie.

Questo pressappochismo ha creato innumerevoli problemi negli ultimi dieci anni. In Vaticano i risultati sono evidenti e le cifre dell'Obolo di San Pietro parlano chiaro. Del resto, come dare torto alla gente? Un semplice fedele può domandarsi: "Ma se anche il Papa parla male dei preti, che cosa contribuiamo a fare?". Difatti, se qualcuno non attingesse alle casse dei vari potenti di turno che pagano per veder scritte due idiozie sull'ambiente, farebbe meno lo spavaldo davanti ai media perché i soldi verrebbero a mancare e i lauti pranzi a Santa Marta non sarebbero possibili.

La realtà è che la maggior parte dei preti vive con uno stipendio misero che non gli permetterebbe neppure di arrivare a fine mese se non fosse per la canonica. La realtà è che numerosi parroci e viceparroci passano le loro giornate in mezzo alla gente e non si preoccupano di quante offerte vengono fatte perché confidano nella divina provvidenza. Sono uomini che hanno donato la loro vita al servizio di Cristo e della Chiesa e sono consapevoli che "il popolo Santo di Dio" riconosce questa generosità e si fa presente anche con il sostegno economico oltre alla collaborazione attiva.

La realtà è che molti sacerdoti si impegnano ogni giorno per ottenere contributi che servono a pagare una serie di incombenze che servono ad offrire un ambiente familiare alla gente. Pensiamo alla realtà dell'oratorio. Le spese sono moltissime e non vi sono agevolazioni fiscali di sorta come qualche giornalaio afferma. Eppure queste realtà sono fondamentali anche per la famiglia che è felice di portare i propri figli a crescere in realtà sane e che possano trasmettere loro la fede. Sì, alcune parrocchie funzionano talmente bene che possono sembrare delle aziende ma il termine "azienda" non è un qualcosa di orribile, anzi. Si tratta di realtà che permettono la crescita dei giovani, la condivisione della fede ed anche, perché no, offrono un lavoro a persone in difficoltà. Se "l'azienda" si muove con il presupposto di offrire una testimonianza di fede, è una buona "azienda". 

È chiaro che Francesco non ha mai vissuto queste realtà perché è sempre stato impegnato a farsi fotografare nei bus di Buenos Aires piuttosto che visitare i propri parroci e chiedere loro se avessero bisogno di qualcosa.

Il feticcio per i pizzi 

Dopo dieci anni il clero è stufo di ascoltare sempre le solite cose. Più volte Silere non possum ha evidenziato come questo termine "clericalismo" sia un facile modo per mettere a tacere tutti. Nessuno ne ha dato una spiegazione oggettiva e ci ritroviamo ad utilizzarlo come accusa, come una etichetta, da attaccare a chiunque "ci sta sull'anima".

Oggi Francesco dice: "Questa è la grande sconfitta a cui ci porta il clericalismo. E questo è molto triste e scandaloso (basta andare nelle sartorie ecclesiastiche di Roma per vedere lo scandalo dei giovani sacerdoti che provano tonache e cappelli o albe e abiti di pizzo)". Quindi, se una parrocchia offre servizi è frutto del clericalismo. La maggior parte di queste realtà come gli oratori sono completamente in mano ai laici, ma comunque è clericalismo. Poi, se un sacerdote si reca in sartoria per farsi fare un abito è clericalismo? Santità, non possono mica fare tutti come Lei che hanno il sarto che va a Santa Marta. I sacerdoti sono persone umili che devono recarsi presso le sartorie per poter tagliare i costi. 

Poi è chiaro che è una scelta di stile. C'è chi è decoroso e si fa prendere le misure e c'è chi è sciatto e preferisce che si vedano i calzoni neri sotto la talare bianca più corta di 5 cm. Non lo definiremmo clericalismo ma decoro. Non è che povertà e semplicità possano essere tradotti con sciatteria e trasandatezza.

Qui, però, riemergono alcuni feticci del Papa che ama concentrarsi su queste cose. Del resto è lo stampo sessantottino, un'anima vera e propria che emerge quando queste persone parlano a braccio e sputano tutto il loro livore. Il problema della Chiesa, secondo loro, sarebbe il fatto che un chierico si mette un rocchetto con un pizzo. Sono loro a guardare se quel rocchetto è di 10 o 20 cm. Sono loro che si concentrano su queste cose, non i giovani sacerdoti. La gente neppure si preoccupa. Anzi! Le persone sono abituate a lodare il decoro e la bellezza. Ed è semplice comprendere che se un prete mette un pizzo non lo fa per sé ma lo fa per la celebrazione, per il Signore che sta rappresentando e servendo. 

Questi sessantottini, qui c'è anche l'aggravante dell'essere gesuita figuriamoci, passano la loro giornata a disquisire di queste cose. Si tratta di una vera e propria lotta generazionale all'interno del clero. La maggior parte dei sacerdoti giovani, ormai, hanno ben chiaro che i problemi della vita sono ben altri. Fra poco, proprio grazie a questo pontificato, ci sarà da pensare a come arrivare a fine mese. Questi preti sessantottini, invece, sono stati abituati ad avere la pappa pronta ogni giorno, servita dalla perpetua chiaramente, e quindi hanno sempre avuto tanto tempo per chiacchierare di queste cose. Si pensi che in alcuni seminari tutto il percorso formativo si basa su questi criteri. Ci si sofferma se il chierico ha le mani giunte oppure no, se legge la Filotea oppure no, se all'altare ha il pizzo oppure no. Interi programmi formativi improntati su ideologie dei vari rettori di turno. Questo è il dramma che si vive e che qualcuno ha scelto di rappresentare divinamente.

Mentre il popolo di Dio, ma non solo, sta perdendo la fede e la Chiesa e il Papa non sono più punti di riferimento certi, Francesco sceglie di dedicare un discorso nel quale porta avanti tutte le sue paturnie all'interno di un Sinodo che nulla centra con questi argomenti. Che dire, ci meravigliamo che Rupnik e Zanchetta vengono coperti? Beh, loro mica mettono i pizzi. Rupnik non ha neppure un listino per i sacramenti, neanche li amministra. Per i mosaici però i milioni circolano.

d.S.L.

Silere non possum