The Tribunal of the Vatican City State issued the judgment in the Sloane Avenue case.

Alla fine del presente articolo è possibile leggere il comunicato e la sentenza del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano

Il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha emesso la sentenza del caso denominato Sloane Avenue, ovvero il procedimento che è nato a seguito della compravendita del palazzo di Londra ma che ha iniziato ad estendere i propri interessi su tutta la gestione dei fondi della Segreteria di Stato.

Sono quattordici gli imputati per ben quarantanove capi d’accusa: quattro società e dieci persone fisiche. Fra queste vi è S.E.R. il Sig. Cardinale Angelo Becciu, sul quale la stampa, ma soprattutto il Promotore di Giustizia, hanno concentrato il proprio livore e la propria attenzione.

Il processo è iniziato il 27 luglio 2021 e si sono celebrate 85 udienze. Il processo è stato reso possibile grazie ad alcuni interventi che il Papa ha fatto modificando, in corso di causa, la normativa procedural penale.

Silere non possum ha messo in risalto la gravità e la pericolosità di questo sistema aldilà della penale responsabilità dei singoli imputati.

Tribunale Speciale

In primo luogo sono state numerose le violazioni delle norme commesse dall'Ufficio del Promotore di Giustizia. In modo particolare l'avvocato italiano Alessandro Diddi, sia da aggiunto che da titolare, ha dimostrato di non aver maturato alcuna competenza in ambito procedural penale vaticano. Con il pontificato di Francesco, purtroppo, all'interno del Tribunale Vaticano e degli altri organi di giustizia sono giunte persone completamente prive di qualsiasi titolo per esercitare in questo Stato. 

Alessandro Diddi e Giuseppe Pignatone, i due protagonisti di questo procedimento, non hanno ottenuto alcun titolo in relazione al diritto canonico o vaticano. Eppure, non si sa come, sono finiti ad occuparsi di un processo particolarmente delicato. Gli errori, quindi, sono stati inevitabili.

D'altro canto bisogna anche soffermarsi sulla scelta che Papa Francesco ha fatto di affidare questo "caso" ad un tribunale composto completamente da soggetti laici. Scelta assolutamente inopportuna anche per quanto riguarda la sede: un tribunale. È chiaro che il tribunale ha il dovere della pubblicità (anche se nel caso di specie in aula entravano solo gli amichetti degli amici) ed ha anche un iter che deve seguire con regole ben precise. Questo ha permesse che laici, giornalisti avvoltoi ed anche alcuni degli imputati potessero mettere mano su documentazione riservatissima che riguarda l'organi di governo della Santa Sede: la Segreteria di Stato. Più volte è stato consigliato a Bergoglio di procedere, proprio come i suoi predecessori, con una Commissione cardinalizia d'inchiesta. Questa avrebbe permesso l'accertamento della Verità ed avrebbe fornito al Pontefice tutti gli elementi per poter adottare decisioni ben più incisive e gravi di quelle che vengono offerte dal Tribunale Vaticano.

Allo stesso tempo, però, si garantiva la riservatezza di quanto accade nella parte più importante di questo Stato: la Terza Loggia. Senza dimenticare la riservatezza delle singole persone che, peraltro, sono risultate estranee ai fatti.

Evidentemente, però, qualcuno ha preferito giocare a questo gioco perché gli faceva comodo e il motto: "Io buono, Chiesa cattiva" avrebbe avuto la meglio ancora una volta. È chiaro, però, che il fine di questo processo non è mai stato l'accertamento della Verità ma solo la demonizzazione di un sistema. Certo, fa sorridere che vi sia qualcuno come il cardinale Parolin che giochi ad assecondare questa volontà del Papa facendo finta di essere arrivato ieri dal Venezuela. Qui, però, nessuno si dimentichi che Parolin in questo sistema c'è stato fino al 2009. Oggi, però, gioca a scrivere lettere dove chiede la testa di non si sa chi.

Non è possibile neppure dimenticare il coinvolgimento di donne pregiudicate che hanno arrecato solo grande danno alla Chiesa ed anche alla figura di Papa Francesco: Francesca Immacolata Chaouqui. Un esempio lampante di come determinati soggetti andavano tenuti fuori da questo Stato, proprio come venne consigliato a Bergoglio alla vigilia della sua nomina.

Proprio come lei vi è anche Alberto Perlasca, uno dei tanti esempi di come è superficiale la formazione all'interno dei seminari. Un uomo con una tenuta psicologica pari a zero e che sarebbe capace di far saltare la Chiesa intera pur di dire che lui è il migliore. Un uomo che ha firmato e controfirmato documenti che hanno arrecato un danno enorme alla Santa Sede ma che oggi dorme sonni tranquilli e in questo procedimento penale ha avuto solo il ruolo dell'accusatore, ma a lui non è stata mossa nessuna contestazione.

La sentenza

Oggi è stata emessa una sentenza che è stata chiaramente decisa a tavolino dal Pontefice il quale aveva già emesso un verdetto nei confronti del cardinale Becciu la sera del 24 settembre 2020. In questi anni ha permesso che un avvocato laico agisse contro un cardinale di Santa Romana Chiesa con una insolenza ed una protervia mai viste. Il porporato è stato condannato a 5 anni e sei mesi. Con lui anche Gianluigi Torzi: 6 anni, Raffaele Mincione: 5 anni,Enrico Crasso: 7 anni, Fabrizio Tirabassi: 7 anni e Cecilia Marogna: 3 anni. 

Nel frattempo anche l'opinione pubblica ha iniziato a dubitare di tutto perché continua a vedere un agire, da parte del Promotore e del Tribunale, che è senza alcuna regola. Anche la sentenza odierna viene recepita dagli imputati e dall'opinione pubblica con non poca perplessità. Le difese hanno già annunciato appello.

S.I.

Silere non possum 

COMUNICATO DEL TRIBUNALE DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO 

Con la sentenza emessa oggi, dopo 86 udienze, il Tribunale ha definito il giudizio di primo grado del processo a carico di dieci imputati e quattro società, che – come è noto – aveva ad oggetto plurime vicende (distinte, pur se con profili di connessione oggettiva e soggettiva), la principale delle quali è nota con riferimento al palazzo sito in Londra, 60 Sloane Avenue.

In ordine a questa, il Tribunale ha ritenuto sussistente il reato di peculato (art. 168 c.p.) in ordine all’uso illecito, perché in violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici (ed in particolare del canone 1284 C.I.C.), della somma di 200.500.000 dollari USA, pari a circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato. Detta somma è stata versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell’allora Sostituto mons. Giovanni Angelo Becciu, per la sottoscrizione di quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund, riferibile al dr. Raffaele Mincione, con caratteristiche altamente speculative e che comportavano per l’investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione.

Il Tribunale ha quindi ritenuto colpevoli del reato di peculato mons. Becciu e Raffaele Mincione, che era stato in relazione diretta con la Segreteria di Stato per ottenere il versamento del denaro anche senza che si fossero verificate le condizioni previste, nonché, in concorso con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso.

Quanto all’utilizzo successivo della detta somma, servita – fra l’altro – per l’acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c. p.).

Ha invece escluso la responsabilità di mons. Becciu, Crasso Enrico e Tirabassi Fabrizio in ordine agli altri reati di peculato loro contestati perché il fatto non sussiste, non avendo più la Segreteria di Stato la disponibilità del denaro una volta che esso era stato versato per sottoscrivere le quote del fondo.

È stata dichiarata poi la colpevolezza di Enrico Crasso per il reato di autoriciclaggio (art. 421-bis c.p.) in relazione all’utilizzo di una ingente somma di oltre 1 milione di euro, costituente il profitto del reato di corruzione tra privati commesso in concorso con Mincione.

In relazione invece al riacquisto da parte della Segreteria di Stato, nel 2018-2019, attraverso una complessa operazione finanziaria, delle società cui faceva capo la proprietà del palazzo già citato, il Tribunale ha ritenuto la colpevolezza di Torzi Gianluigi e Squillace Nicola per il reato di truffa aggravata (art. 413 c.p.) e del citato Torzi anche per il reato di estorsione in concorso con Tirabassi Fabrizio (art. 409 c.p.), nonché per il reato di autoriciclaggio di quanto illecitamente ottenuto.

Il Torzi, il Tirabassi, il Crasso e il Mincione sono stati invece assolti perché il fatto non sussiste dal reato di peculato loro ascritto in relazione all’ipotizzata sopravvalutazione del prezzo di vendita.

Il Tirabassi è stato, inoltre, ritenuto colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c.p.) in relazione alla detenzione della somma di oltre 1.500.000 USD a lui corrisposta – fra il 2004 e il 2009 – dall’UBS; il Tribunale ha infatti ritenuto che la ricezione di tale somma da parte dell’imputato integrasse il reato di corruzione in ordine al quale però, dato il tempo trascorso, l’azione penale è ormai prescritta.

Quanto a Tommaso Di Ruzza e Renè Brulhart, rispettivamente Direttore Generale e Presidente dell’A.I.F. (Autorità di Informazione Finanziaria), intervenuti nella fase finale del riacquisto del Palazzo di Sloane Avenue, essi sono stati assolti dei reati di abuso di ufficio loro contestati e ritenuti colpevoli solo dei delitti di cui agli articoli 178 e 180 c.p. per omessa denuncia e per la mancata segnalazione al Promotore di giustizia di un’operazione sospetta.

Infine, con riferimento ad altri due temi di indagine oggetto del giudizio, mons. Becciu e Marogna Cecilia sono stati ritenuti colpevoli, in concorso, del reato di cui all’art. 416-ter c.p. in relazione al versamento, da parte della Segreteria di Stato, di somme per un totale di oltre 570.000 euro a favore della Marogna, tramite una società a lei riferibile, con la motivazione, non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa.

Mons. Becciu è stato altresì ritenuto colpevole di peculato (art. 168 c.p.) per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di Euro 125.000 destinata in realtà alla cooperativa SPES, di cui era presidente il fratello Becciu Antonino. Pur essendo di per sé lecito lo scopo finale delle somme, il Collegio ha ritenuto che l’erogazione di fondi della Segreteria di Stato abbia costituito, nel caso di specie, un uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell’art. 176 c.p., che sanziona l’interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, in coerenza – del resto – con quanto previsto dal canone 1298 C.I.C. che vieta l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado.

I sopranominati imputati Mincione Raffaele, Torzi Gianluigi, Tirabassi Fabrizio, Becciu Giovanni Angelo, Squillace Nicola, Crasso Enrico, Di Ruzza Tommaso e Brulhart Renè sono invece stati assolti, con le formule specificate nel dispositivo, da tutti gli altri reati loro ascritti. Parimenti, mons. Mauro Carlino è stato assolto da tutti i reati a lui contestati.

Conclusivamente, ritenuta la continuazione tra i reati contestati ad ognuno degli imputati, gli stessi sono stati condannati, rispettivamente:

BRUHLART René e DI RUZZA Tommaso alla pena della multa di euro millesettecentocinquanta;

CRASSO Enrico alla pena di anni sette di reclusione ed euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

MINCIONE Raffaele alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, euro ottomila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

BECCIU Giovanni Angelo alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, euro ottomila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

TIRABASSI Fabrizio alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione, euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

SQUILLACE Nicola, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena – sospesa – di anni uno e mesi dieci di reclusione;

TORZI Gianluigi alla pena di anni sei di reclusione ed euro seimila di multa, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla sottoposizione alla vigilanza speciale per un anno;

MAROGNA Cecilia alla pena di anni tre e mesi nove di reclusione con interdizione temporanea dai pubblici uffici per uguale periodo;

LOGSIC HUMANITARNE DEJAVNOSTI D.O.O. alla sanzione pecuniaria di euro quarantamila ed al divieto di contrattare con le autorità pubbliche per anni due;

Inoltre, il Tribunale ha ordinato la confisca per equivalente delle somme costituenti corpo dei reati contestati per oltre 166.000.000 di euro complessivi.

Gli imputati sono stati infine condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati complessivamente in oltre 200.000.000,00 di euro.

SENTENZA 

Prot. N. 45/19 Reg. Gen. Pen.

IN NOME DI SUA SANTITÀ

PAPA FRANCESCO

Il Tribunale composto dai signori Magistrati

Dr. Giuseppe Pignatone, Presidente,

Prof. Venerando Marano, Giudice,

Prof. Carlo Bonzano, Giudice,

invocato il SS.mo Nome di Dio per essere illuminato sulle proprie decisioni,

visti gli artt. 421 segg. c.p.p.,

in relazione al reato di truffa aggravata di cui al capo a) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- assolve MINCIONE Raffaele e CRASSO Enrico perché il fatto non sussiste;

in relazione al reato di peculato di cui al capo b) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- previa riqualificazione del fatto quale reato di autoriciclaggio continuato di cui agli artt. 79 e 421-bis lettera c) c.p. ed in esso assorbite le condotte di cui ai capi h) e i) dell’imputazione, dichiara MINCIONE Raffaele colpevole del reato a lui ascritto;

- riqualificata l’imputazione nei termini dianzi citati, assolve BECCIU Giovanni Angelo, CRASSO Enrico e TIRABASSI Fabrizio dal reato di autoriciclaggio così loro ascritto per non aver commesso il fatto;

in relazione al reato di abuso di ufficio di cui al capo c) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- dichiara il fatto assorbito nel delitto di peculato di cui al capo d) lettera a) dell’imputazione;

in relazione al reato di peculato continuato di cui al capo d) lettera a) dell’imputazione:

- relativamente al versamento della somma di 200.500.000 USD ed in esso assorbita la condotta di cui al capo c) dell’imputazione, dichiara BECCIU Giovanni Angelo, CRASSO Enrico, MINCIONE Raffaele e TIRABASSI Fabrizio colpevoli del reato loro ascritto;

in relazione al reato di peculato continuato di cui capo d) lettera b) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- previa riqualificazione del fatto quale delitto di autoriciclaggio continuato di cui agli artt. 79 e 421-bis lettera c) c.p. ed in esso assorbite le condotte di cui al capo g) dell’imputazione, dichiara MINCIONE Raffaele colpevole del reato a lui ascritto;

- riqualificata l’imputazione nei termini dianzi citati, assolve BECCIU Giovanni Angelo, CRASSO Enrico e TIRABASSI Fabrizio dal reato di riciclaggio così loro ascritto per non aver commesso il fatto;

in relazione al reato di appropriazione indebita di cui al capo e) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- assolve MINCIONE Raffaele per difetto di querela;

in relazione al reato di peculato di cui al capo f) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- assolve CRASSO Enrico, MINCIONE Raffaele, TIRABASSI Fabrizio e TORZI Gianluigi perché il fatto non sussiste;

in relazione al reato di autoriciclaggio di cui al capo g) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- dichiara lo stesso già assorbito nel fatto di cui al capo d) lettera b) dell’imputazione;

in relazione ai reati di autoriciclaggio di cui ai capi h) e i) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- dichiara gli stessi già assorbiti nel fatto di cui al capo b) dell’imputazione;

in relazione al reato di autoriciclaggio di cui al capo j) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- assolve MINCIONE Raffaele perché il fatto non sussiste;

in relazione al reato di corruzione continuata di cui ai capi k) e k1) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- previa riqualificazione del fatto quale delitto di corruzione tra privati di cui all’art. 419-bis comma 3 c.p., dichiara CRASSO Enrico e MINCIONE Raffaele colpevoli del reato loro ascritto limitatamente al denaro ed alle altre indebite utilità provenienti da MINCIONE Raffaele;

- assolve dallo stesso reato a lui ascritto al capo k) dell’imputazione TIRABASSI Fabrizio per insufficienza di prove;

in relazione al reato di corruzione continuata di cui ai capi l) e m) dell’imputazione:

- assolve CRASSO Enrico e TIRABASSI Fabrizio per insufficienza di prove;

in relazione al reato di corruzione continuata di cui ai capi n) e n1) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- assolve CRASSO Enrico, TIRABASSI Fabrizio e TORZI Gianluigi per insufficienza di prove;

in relazione al reato di corruzione di cui al capo o) dell’imputazione:

- assolve TIRABASSI Fabrizio perché il fatto non sussiste;

in relazione al reato di corruzione di cui al capo p) dell’imputazione:

- con riguardo alla condotta contestata alla lettera a), assolve TIRABASSI Fabrizio perché il fatto non sussiste;

- con riguardo alle condotte contestate alle lettere b) e c), dichiara nei confronti di TIRABASSI Fabrizio non doversi procedere per difetto di giurisdizione;

in relazione al reato di autoriciclaggio continuato di cui al capo p1) dell’imputazione:

- dichiara TIRABASSI Fabrizio colpevole del delitto a lui ascritto limitatamente ai beni e risorse economiche provenienti dai reati di cui al capo p) lettere b) e c) dell’imputazione nei limiti sopra precisati;

in relazione al reato di autoriciclaggio continuato di cui al capo p2) dell’imputazione:

- dichiara CRASSO Enrico colpevole del reato a lui ascritto limitatamente alle somme provenienti dalle condotte di cui al capo k) dell’imputazione;

in relazione al reato di truffa aggravata e continuata di cui al capo q) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- dichiara SQUILLACE Nicola e TORZI Gianluigi colpevoli del reato loro ascritto;

- assolve TIRABASSI Fabrizio e CRASSO Enrico per insufficienza di prove;

in relazione al reato di appropriazione indebita di cui al capo r) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- assolve SQUILLACE Nicola e TORZI Gianluigi per difetto di querela;

in relazione ai reati di riciclaggio ed autoriciclaggio di cui al capo s) dell’imputazione:

- con riguardo alla condotta di riciclaggio del denaro proveniente dal reato di estorsione commesso da TORZI Gianluigi, assolve SQUILLACE Nicola perché il fatto non costituisce reato;

- con riguardo alla condotta di autoriciclaggio, assolve SQUILLACE Nicola perché il fatto non sussiste;

in relazione al reato di estorsione di cui al capo u) dell’imputazione:

- dichiara TORZI Gianluigi e TIRABASSI Fabrizio colpevoli del reato loro ascritto;

- assolve CARLINO Mauro e CRASSO Enrico per non aver commesso il fatto;

in ordine al reato di autoriciclaggio continuato di cui al capo t) dell’imputazione:

- in esso assorbita anche la condotta di cui al capo v), dichiara TORZI Gianluigi colpevole del reato a lui ascritto limitatamente alle somme provenienti dal delitto di estorsione di cui al capo u);

in relazione al reato di autoriciclaggio di cui al capo v) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- dichiara il fatto già assorbito nel reato di cui al capo t);

in ordine ai reati di abuso di ufficio contestati ai capi x) e w) dell’imputazione, in quest’ultimo assorbito il fatto di cui al capo z) per come sotto precisato, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- assolve DI RUZZA Tommaso, CARLINO Mauro e BRÜLHART René perché il fatto non costituisce reato;

- assolve TIRABASSI Fabrizio perché non punibile ai sensi dell’art. 215 c.p.;

in ordine al reato di abuso di ufficio di cui al capo y) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- previa riqualificazione quale reato di omissione di atti d’ufficio di cui all’art. 178 c.p. della condotta di omessa segnalazione prevista e punita dall’art. 69 Legge XVIII del 2013 loro contestata, dichiara DI RUZZA Tommaso e BRÜLHART René colpevoli del reato loro così ascritto;

- assolve CARLINO Mauro per non aver commesso il fatto;

- assolve TIRABASSI Fabrizio perché non punibile ai sensi dell’art. 215 c.p.;

in relazione al reato di abuso d’ufficio di cui al capo z) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- previa riqualificazione quale reato di omessa denuncia di cui all’art. 180 c.p. della condotta loro contestata di omesso inoltro al Promotore di Giustizia di una formale denunzia di reato, dichiara DI RUZZA Tommaso e BRÜLHART René colpevoli del reato loro così ascritto, restando per il resto il fatto già assorbito nel reato di cui al capo w);

in ordine al reato di abuso di ufficio di cui al capo aa) dell’imputazione:

- assolve DI RUZZA Tommaso e CARLINO Mauro perché il fatto non costituisce reato;

- assolve TIRABASSI Fabrizio perché non punibile ai sensi dell’art. 215 c.p.;

in ordine al reato di abuso di ufficio di cui al capo bb) dell’imputazione:

- assolve DI RUZZA Tommaso perché il fatto non costituisce reato;

in ordine al reato di rivelazione del segreto d’ufficio di cui al capo dd) dell’imputazione:

- assolve DI RUZZA Tommaso perché il fatto non sussiste;

in ordine ai reati di subornazione ed abuso d’ufficio contestati rispettivamente al capo ee) ed al capo ff) dell’imputazione

- assolve BECCIU Giovanni Angelo perché il fatto non sussiste;

in ordine al reato di peculato di cui al capo gg) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- assolve BECCIU Giovanni Angelo e TIRABASSI Fabrizio perché il fatto non sussiste;

in ordine al reato di corruzione di cui al capo gg1) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- previa riqualificazione del fatto quale delitto di corruzione tra privati di cui all’art. 419-bis c.p., assolve CRASSO Enrico per intervenuta prescrizione;

in ordine al reato di peculato di cui al capo hh) dell’imputazione:

- previa riqualificazione del fatto quale delitto di truffa aggravata di cui all’art. 416-ter c.p., dichiara BECCIU Giovanni Angelo e MAROGNA Cecilia colpevoli del reato loro così ascritto;

in ordine all’illecito di cui al capo ii) dell’imputazione:

- dichiara la società LOGSIC HUMANITARNE DEJAVNOSTI D.O.O. responsabile della violazione di legge ascrittale;

in relazione al reato di peculato continuato di cui al capo jj) dell’imputazione, esclusa l’applicabilità dei contestati artt. 63 e 64 c.p.:

- dichiara BECCIU Giovanni Angelo colpevole del reato a lui ascritto;

in ordine ai reati di truffa di cui ai capi kk), ll), mm), pp), pp1) ed al reato di autoriciclaggio di cui al capo qq)dell’imputazione:

- assolve CRASSO Enrico perché il fatto non sussiste;

in ordine ai reati di falso e truffa contestati rispettivamente ai capi nn) e oo) dell’imputazione:

- assolve CRASSO Enrico perché l’azione penale è estinta per prescrizione;

in ordine agli illeciti di cui al capo rr) dell’imputazione:

- assolve le persone giuridiche PRESTIGE FAMILY OFFICE SA, SOGENEL CAPITAL INVESTMENT e HP FINANCE LLC perché il fatto non sussiste.

Per l’effetto,

c o n d a n n a

BRÜLHART René alla pena di euro 1.750,00 (millesettecentocinquanta) di multa;

DI RUZZA Tommaso alla pena di euro 1.750.00 (millesettecentocinquanta) di multa;

CRASSO Enrico alla pena di anni sette di reclusione ed euro 10.000,00 (diecimila) di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

MINCIONE Raffaele alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione ed euro 8.000,00 (ottomila) di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

BECCIU Giovanni Angelo alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione ed euro 8.000,00 (ottomila) di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

TIRABASSI Fabrizio alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione ed euro 10.000,00 (diecimila) di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

SQUILLACE Nicola, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione, che – ai sensi dell’art. 423 c.p.p. – si ordina resti sospesa per il termine di cinque anni;

TORZI Gianluigi alla pena di anni sei di reclusione ed euro 6.000,00 (seimila) di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici e con sottoposizione – ai sensi dell’art. 412 c.p. – alla vigilanza speciale dell’Autorità di pubblica sicurezza per un anno;

MAROGNA Cecilia alla pena di anni tre e mesi nove di reclusione con interdizione temporanea dai pubblici uffici per uguale periodo;

LOGSIC HUMANITARNE DEJAVNOSTI D.O.O. alla sanzione pecuniaria di euro 40.000,00 (quarantamila) ed al divieto di contrattare con le autorità pubbliche per anni due.

Inoltre, il Tribunale, visti gli artt. 36 e ss. c.p. e gli artt. 46 e ss. della Legge n. VIII dell’11 luglio 2013,

o r d i n a

- a carico degli imputati BECCIU Giovanni Angelo, CRASSO Enrico, MINCIONE Raffaele e TIRABASSI Fabrizio la confisca, anche per equivalente, di USD 200.500.000,00 (duecentomilionicinquecentomila) oltre interessi e rivalutazione a far data dal 26 febbraio 2014, quale profitto del delitto di peculato di cui al capo d) lettera a) dell’imputazione, nonché – nei confronti del solo MINCIONE Raffaele – quale cosa che servì a commettere i delitti di autoriciclaggio di cui ai capi b) e d) lettera b) dell’imputazione come sopra ridefiniti;

- a carico degli imputati CRASSO Enrico e MINCIONE Raffaele la confisca, anche per equivalente, di USD 1.500.000,00 (unmilionecinquecentomila) oltre interessi e rivalutazione a far data dal 15 agosto 2016, quale prezzo del delitto di corruzione tra privati di cui ai capi k) e k1) dell’imputazione, nonché – nei confronti del solo CRASSO Enrico – quale cosa che servì a commettere il delitto di autoriciclaggio di cui al capo p2) dell’imputazione come sopra ridefinito;

- a carico dell’imputato TIRABASSI Fabrizio la confisca, anche per equivalente, di euro 1.540.292,00 (unmilionecinquecentoquarantamiladuecentonovantadue) oltre interessi e rivalutazione a far data dal 31 dicembre 2009, quale cosa che servì a commettere il delitto di autoriciclaggio di cui al capo p1) dell’imputazione come sopra ridefinito;

- a carico degli imputati TORZI Gianluigi e TIRABASSI Fabrizio la confisca, anche per equivalente, di euro 15.000.000,00 (quindicimilioni) oltre interessi e rivalutazione a far data dal 2 maggio 2019, quale profitto del reato di estorsione di cui al capo u) dell’imputazione, nonché – nei confronti del solo TORZI Gianluigi – quale cosa che servì a commettere il delitto di autoriciclaggio di cui al capo t) dell’imputazione come sopra ridefinito;

- a carico degli imputati BECCIU Giovanni Angelo, MAROGNA Cecilia e LOGSIC HUMANITARNE DEJAVNOSTI D.O.O. la confisca, anche per equivalente, di euro 589.400,00 (cinquecentottantanovemilaquattrocento) oltre interessi e rivalutazione a far data dall’8 luglio 2019, quale profitto del reato di truffa aggravata di cui al capo hh) dell’imputazione e – rispettivamente – dell’illecito di cui al capo ii) dell’imputazione;

- a carico dell’imputato BECCIU Giovanni Angelo la confisca, anche per equivalente, di euro 125.000,00 (centoventicinquemila) oltre interessi e rivalutazione a far data dal 13 aprile 2018, quale profitto del reato di peculato di cui al capo jj) dell’imputazione;

o r d i n a

la confisca di tutti i beni in sequestro fino alla concorrenza degli importi dianzi indicati;

d i s p o n e

che, restando la esecutività della confisca sospesa fino alla irrevocabilità della sentenza di condanna, sia mantenuto il sequestro in atto su tutte le somme di cui è stata disposta la confisca;

infine, visti gli artt. 39 c.p. e 429 c.p.p.,

c o n d a n n a

gli imputati, in solido tra loro, al rifacimento delle spese processuali.

Quanto alle statuizioni civili, visto l’art. 430 c.p.p., il Tribunale

c o n d a n n a

gli imputati al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, che – ai sensi dell’art. 1226, comma 2 c.c. – liquida definitivamente nei termini appresso specificati, oltre rivalutazione e interessi legali fino alla data di effettivo soddisfacimento delle pretese:

· euro 91.000.000,00 (novantunomilioni) – a titolo di danno emergente maturato a tutto il 2 maggio 2019 – a carico di CRASSO Enrico, BECCIU Giovanni Angelo, MINCIONE Raffaele e TIRABASSI Fabrizio, in solido tra loro, in favore della parte civile A.P.S.A., da versare su apposito rapporto presso I.O.R. per il reato di cui al capo d) lettera a) dell’imputazione;

· euro 15.000.000,00 (quindicimilioni) – a titolo di lucro cessante maturato a tutto il 2 maggio 2019 – a carico di CRASSO Enrico, BECCIU Giovanni Angelo, MINCIONE Raffaele e TIRABASSI Fabrizio, in solido tra loro, in favore della parte civile A.P.S.A., da versare su apposito rapporto presso I.O.R. per il reato di cui al capo d) lettera a) dell’imputazione;

· euro 15.000.000,00 (quindicimilioni) – a titolo di danno emergente maturato a tutto il 2 maggio 2019 – a carico di TORZI Gianluigi e TIRABASSI Fabrizio, in solido tra loro, in favore della parte civile A.P.S.A., da versare su apposito rapporto presso I.O.R. per il reato di cui al capo u) dell’imputazione;

· euro 575.000,00 (cinquecentosettantacinquemila) – a titolo di danno emergente maturato a tutto l’8 luglio 2019 – a carico di MAROGNA Cecilia e LOGSIC HUMANITARNE DEJAVNOSTI D.O.O. in favore della parte civile A.P.S.A., da versare su apposito rapporto presso I.O.R. per il reato di cui al capo hh) dell’imputazione;

· euro 125.000,00 (centoventicinquemila) – a titolo di danno emergente maturato a tutto il 13 aprile 2018 – a carico di BECCIU Giovanni Angelo, in favore della parte civile A.P.S.A., da versare su apposito rapporto presso I.O.R. per il reato di cui al capo jj) dell’imputazione;

· euro 80.000.000,00 (ottantamilioni) – a titolo di danno non patrimoniale liquidato in via equitativa – a carico di tutti gli imputati in solido tra loro, in favore della parte civile Segreteria di Stato per tutti i reati in ordine ai quali vi è stata pronuncia di condanna;

· euro 100.000,00 (centomila) – a titolo di danno non patrimoniale liquidato in via equitativa – a carico di tutti gli imputati in solido tra loro, in favore della parte civile I.O.R. per tutti i reati in ordine ai quali vi è stata pronuncia di condanna;

· euro 10.000,00 (diecimila) – a titolo di danno non patrimoniale liquidato in via equitativa – a carico di DI RUZZA Tommaso e BRÜLHART René, in solido tra loro, in favore della parte civile A.S.I.F. per il reato di cui ai capi y) e z) come sopra ridefiniti;

visto l’art. 430, ultimo comma c.p.p.,

c o n d a n n a

gli imputati, in solido tra loro, al pagamento dei compensi e degli onorari sostenuti dalle parti civili costituite per la assistenza, rappresentanza e difesa nel presente giudizio, che si liquidano nella misura omnicomprensiva di euro 70.000,00 (settantamila) per ciascuna delle parti civili A.P.S.A., Segreteria di Stato e I.O.R., nonché, previa documentazione delle stesse, nella misura di euro 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di rimborso delle spese in favore della parte civile Segreteria di Stato che ne ha fatto espressa richiesta.

Città del Vaticano, 16 dicembre 2023

Giuseppe Pignatone, Presidente

Venerando Marano, Giudice

Carlo Bonzano, Giudice

IL CANCELLERIE