“Come olivo verdeggiante nella casa di Dio, confido nella fedeltà di Dio in eterno e per sempre.” (Sal 51)
Nel cuore delle crete senesi, dove la natura sembra pregare con il suo silenzio, da oltre sette secoli i monaci benedettini olivetani abitano una collina che è diventata monastero, e un monastero che è diventato città dello spirito. L’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore non è solo un luogo di pietra, ma una testimonianza vivente di un carisma che ha attraversato la storia senza perdere la sua forza generativa.
Una radice che è fuoco: Bernardo Tolomei
All’origine di tutto c’è un uomo. Si chiamava Giovanni Tolomei, nobile senese, che nel 1313, accecato non solo fisicamente ma dalla vanità di una società divisa e superficiale, scelse il deserto di Accona per ritrovare Dio. Assunse il nome di Bernardo, in onore del grande abate cistercense, e con due compagni – Patrizio Patrizi e Ambrogio Piccolomini – diede inizio a una vita fatta di silenzio, lectio divina, lavoro e fraternità. Erano laici, non sacerdoti, ma ardevano di un desiderio: vivere come i primi monaci della Tebaide, sotto la luce del Vangelo.
Nel 1319, con l’approvazione del vescovo di Arezzo, nasceva ufficialmente il monastero di Santa Maria di Monte Oliveto, sotto la Regola di san Benedetto. Non cercavano una nuova moda spirituale: cercavano Dio. E la forma monastica era il linguaggio più alto per rispondere a questa sete.
Carisma: un solo corpo
Papa Clemente VI, nel 1344, riconobbe quella fiamma e approvò la nuova Congregazione benedettina di Santa Maria di Monte Oliveto, che adottava una struttura unica nel suo genere: un solo abate generale, una sola famiglia. Il monastero non è un’isola, ma una comunione di vita. Ancora oggi, ogni monaco che entra in una casa olivetana pronuncia un voto di stabilità in Congregazione. È un patto di fraternità che supera ogni individualismo e fa crescere una vera solidarietà monastica.

Ora, lege et labora
La vita dei monaci olivetani si regge su tre pilastri, fedeli alla sapienza di san Benedetto: preghiera, lettura della Parola, lavoro manuale.
L’Opus Dei, la liturgia delle ore, è il cuore del giorno. Accompagnata dal canto gregoriano, nella messa conventuale e nella liturgia delle Ore, è preghiera che pacifica l’anima e santifica il tempo. Il silenzio del chiostro si fa voce: la Chiesa canta in loro.
La Lectio Divina è ascolto profondo della Scrittura. Non si legge per sapere, ma per incontrare. Il monaco sa che Dio parla e, come i discepoli di Emmaus, anche lui scopre che il Risorto è presente nel pane spezzato e nella Parola meditata. “Lettura, meditazione, preghiera e contemplazione” – scriveva Guigo il Certosino – sono le quattro scale della sua ascesa.
Il lavoro non è un complemento, ma parte integrante della vita monastica. I campi coltivati, le vigne, gli olivi, la gestione dell’azienda agricola: tutto è volto a custodire il creato, a renderlo preghiera.
La luce del volto di Cristo
Nel 2009, proclamando santo Bernardo Tolomei, Benedetto XVI disse: «La sua fu un’esistenza eucaristica, tutta dedita alla contemplazione, che si traduceva in umile servizio del prossimo. […] Lasciò la solitudine di Monte Oliveto per assistere i suoi monaci colpiti dalla peste e morì come autentico martire della carità. Dall’esempio di questo Santo viene a noi l’invito a tradurre la nostra fede in una vita dedicata a Dio nella preghiera e spesa al servizio del prossimo sotto la spinta di una carità pronta anche al sacrificio supremo».
Questa luce non si è spenta. Ancora oggi, a Monte Oliveto, la vita monastica continua a cantare Cristo, a cercarlo nella fraternità, a servirlo nel silenzio. È un canto che attira visitatori, cercatori, inquieti, stanchi, e li riconduce alla sorgente.
Solennità di San Benedetto: un invito
Nell’ora in cui tutto sembra gridare, l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore continua a sussurrare Dio. È in questo spirito di silenziosa fedeltà che, venerdì 11 luglio 2025, alle ore 11:00, si celebrerà la Solennità di San Benedetto, padre del monachesimo occidentale. Il solenne Pontificale, nella chiesa abbaziale, sarà presieduto da Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Rolandas Makrickas, Arciprete coadiutore della Basilica di Santa Maria Maggiore. Sarà un’occasione preziosa per salire, anche simbolicamente, quel Monte degli Ulivi dove tutto ebbe inizio: per lasciarsi purificare dallo splendore pasquale che traspare dai volti dei monaci, dal profumo dell’incenso, dal canto che risveglia la nostalgia di Dio. In un mondo che vive di frenesia e distrazione, la liturgia e la vita monastica ci offrono una strada alternativa: cercare Dio ogni giorno, insieme, nella bellezza concreta del Vangelo incarnato.
p.B.S.
Silere non possum