Spoleto – «Il Vangelo non è solo una storia da raccontare, un avvenimento da mettere in scena: è la lieta notizia annunciata oggi, per noi». Con questa consegna, S.E.R. Mons. Renato Boccardo ha presieduto, oggi 24 dicembre 2025, la Santa Messa della Notte nella Basilica Cattedrale di Spoleto, introducendo i fedeli al cuore del Natale come evento attuale, capace di intercettare la vita concreta e le sue notti.
La veglia e la Kalenda: la storia che converge in una notte
Prima della celebrazione, la comunità si è raccolta in una veglia di preparazione: l’ascolto di testi dell’Antico Testamento ha ripercorso l’attesa e la promessa, lasciando emergere la traiettoria di un popolo che cammina verso la venuta del Cristo Salvatore.
In questo contesto è stata proclamata anche la Kalenda, il testo poetico del Martirologio Romano : una sorta di “mappa” storica e simbolica che intreccia coordinate bibliche e cronologiche (creazione, alleanza dopo il diluvio, Abramo, l’esodo, Davide, la profezia di Daniele, Roma e l’impero di Augusto) per affermare la centralità della Natività nella storia dell’umanità. La Kalenda, con il suo linguaggio solenne colloca la nascita di Gesù dentro il tempo del mondo, come un punto di svolta che illumina ciò che lo precede e orienta ciò che segue.
L’omelia: dal “presepe vivente” alla vita reale
Riprendendo un’immagine familiare, Boccardo ha evocato il presepe vivente: molti lo hanno visto, qualcuno vi ha partecipato. Ma l’omelia ha spinto oltre la scena, richiamando il credente a non fermarsi alla rappresentazione: la fede cristiana riguarda un Dio che “continuamente viene”, e quindi riguarda tutto ciò che abitiamo, soffriamo, speriamo. Da qui l’affermazione che regge l’intera meditazione offerta dal presule: Cristo è «il centro e il senso dell’universo», e la salvezza non si appoggia su alternative equivalenti: «ci salva niente e nessuno al di fuori di lui». La certezza, ha insistito, va custodita nel cuore perché diventi forza nei momenti di sconforto che “punteggiano l’esistenza”.

“Gloria e pace” per chi attraversa le notti
L’annuncio degli angeli - «Gloria a Dio in cielo e pace in terra» - è stato poi “tradotto” in una serie di volti e situazioni, con un’attenzione pastorale che mira al concreto: chi veglia accanto a un malato, chi si prende cura di un figlio, chi vive notti segnate da dolore, dubbio, solitudine, rassegnazione; chi è sotto le bombe, chi attraversa il mare nella paura, chi non trova posto «nelle nostre case e nelle nostre coscienze». L’omelia ha dato rilievo anche a un’immagine semplice e potente: i pastori “di oggi” sono coloro che restano svegli nel buio a “fare la guardia al loro gregge”, custodendo una famiglia, portando avanti un progetto, reggendo ciò che è stato costruito, rimanendo fedeli giorno dopo giorno a persone e responsabilità affidate.
Chiamati a essere “angeli” nel presente
Monsignor Boccardo, poi, coinvolge direttamente l’assemblea e i concelebranti: «siamo noi oggi gli angeli inviati a dire a tutti, con le parole ma soprattutto con la vita, che Dio viene e rimane con noi, Emmanuele». È un mandato che implica stile: dare coraggio, comprendere e accompagnare le paure, osare la gioia. L’annuncio, ha sottolineato, è per tutti e non si lascia chiudere da confini o esclusioni: ogni storia è chiamata a riconoscere il proprio Salvatore. Coerentemente, Boccardo ha invitato a cercare i segni di Dio dove Dio ha scelto di farsi riconoscere: nell’umile, nel povero, in ciò che appare piccolo. Qui il Natale diventa criterio di sguardo: non un esercizio di memoria, ma «custodire una presenza di amore».
Sobrietà, giustizia, pietà: il Vangelo entra nelle relazioni
Nella seconda parte, l’omelia si è ancorata alla Lettera a Tito, indicando una triade concreta per accogliere il Dio fatto bambino: vivere «con sobrietà, con giustizia e con pietà». Tre virtù che regolano, rispettivamente, il rapporto con sé stessi, con gli altri, con Dio. Sul piano biblico, l’Arcivescovo fa riemergere Isaia: il popolo che cammina nella notte e riceve una luce, perché «è nato un bambino», e su “spalle debolissime” si posa un potere diverso, orientato al bene e alla pace: Consigliere ammirabile, Principe della pace.
L’augurio come impegno
Boccardo ha chiuso con un augurio che si fa responsabilità personale: che il Natale sciolga la durezza dell’indifferenza, restituisca la gioia dell’incontro, apra alla speranza; e che ciascuno possa sentirsi guardato da Dio con quella tenerezza che cambia la vita.
d.C.S.
Silere non possum