In un mondo che moltiplica i canali di comunicazione, l’ascolto sembra diventare un’arte sempre più rara. Non mancano le parole, ma manca lo spazio per accoglierle. Il punto non è solo la frenesia, ma un atteggiamento più profondo e inquietante: l’altro non interessa, o interessa solo nella misura in cui ci permette di parlare di noi stessi.

Un segnale rivelatore è quella risposta immediata, spesso automatica, che chiude lo spazio dell’interlocutore: “Eh sì, anche a me succede così.” È il paradosso dell’empatia apparente: invece di entrare nel mondo dell’altro, si afferma il proprio. Come se l’esperienza dell’altro fosse solo un pretesto per parlare di sé.

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