Città del Vaticano – «Faccio un breve saluto, una benedizione per ognuno di voi». Prima di raggiungere Piazza San Pietro per l’Udienza Generale, questa mattina il Santo Padre Leone XIV ha voluto fermarsi nell’Aula Paolo VI per un incontro ravvicinato con i malati e le persone più fragili, offrendo loro una benedizione e un augurio in vista del Natale.

Un saluto “più personale” per riparare dal freddo

Il Pontefice ha spiegato il senso pratico e pastorale della scelta: “difendervi un po’ dagli elementi, dal freddo soprattutto”, consentendo ai presenti di seguire poi l’Udienza “sullo schermo” o, per chi lo desiderava, di uscire e raggiungere la piazza. Un passaggio breve, ma significativo nel suo stile: prima la prossimità, poi la catechesi pubblica.

Nelle sue parole, Leone XIV ha legato la benedizione al clima natalizio ormai imminente, chiedendo che “la gioia di questo tempo di Natale” accompagni non solo i malati, ma anche “le vostre famiglie, i vostri cari”, con un accento sulla fiducia: essere “sempre nelle mani del Signore” con l’amore “che solo Dio ci può dare”.

Concluso il momento di preghiera, il Papa è passato a salutare personalmente i presenti.

Il “troppo fare” e la domanda sul riposo

Poco dopo, rivolgendosi ai fedeli, Leone XIV ha impostato la catechesi a partire da un’esperienza comune: la vita come movimento continuo, la pressione a “conseguire risultati ottimali” e la fatica di restare interiormente unificati. La domanda che ha posto è netta: che cosa cambia, già ora, se la fede annuncia che entreremo nel “riposo di Dio”? Non un riposo “inattivo”, ma un riposo definito come pace e gioia. Il Papa ha descritto il rischio di una quotidianità assorbita da attività e responsabilità che “non sempre ci rendono soddisfatti”, fino a trasformarsi in un “vortice” capace di togliere serenità e di far perdere di vista l’essenziale. Da qui il passaggio centrale: “noi non siamo macchine, abbiamo un ‘cuore’, anzi, possiamo dire, siamo un cuore”.

“Dov’è il tuo tesoro”: il cuore come centro della persona

Per Leone XIV, il cuore è “sintesi di pensieri, sentimenti e desideri”, il “centro invisibile” della persona. E, richiamando il Vangelo di Matteo, ha insistito sul nesso tra desiderio e orientamento della vita: «Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore». In questa prospettiva, il Pontefice ha inserito un riferimento esplicito alle dinamiche economiche contemporanee: il vero tesoro non è nelle “casseforti” né nei “grandi investimenti finanziari”, descritti come “impazziti” e “ingiustamente concentrati”, fino a diventare “idolatrati” con un costo umano e creaturale drammatico. Il punto, però, non è solo sociale: è antropologico e spirituale, perché la dispersione esterna può scivolare nella mancanza di significato, “persino in persone apparentemente di successo”.

Sant’Agostino e il “cor inquietum”: inquietudine come direzione, non disordine

Il Papa ha proposto una lettura pasquale della vita: guardarla “con Gesù Risorto” per accedere all’“essenza” della persona. Qui l’aggancio a Sant’Agostino: il cuore umano è “inquieto” non per destino di irrequietezza sterile, ma perché orientato a un compimento. Citando l’incipit delle Confessioni - «ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te» - Leone XIV ha interpretato l’inquietudine come segno di una meta: il “ritorno a casa”. L’approdo, ha chiarito, non coincide con il possesso dei beni, ma con ciò che può colmare davvero: l’amore di Dio, Dio Amore.

Il prossimo “ti chiede di rallentare”

La traiettoria indicata dal Papa è concreta: il tesoro non si trova evitando il mondo, ma amando il prossimo che si incontra lungo il cammino, “in carne e ossa”. È in questo punto che Leone XIV ha proposto una correzione di rotta molto pratica: il prossimo “ti chiede di rallentare, di guardarlo negli occhi”, talvolta “di cambiare programma”, persino “di cambiare direzione”. È un criterio che sposta la fede dall’idea alla scelta quotidiana, e rilegge il ritmo della vita non come prestazione, ma come relazione.

Il presepe come memoria dell’Incarnazione

Nella parte finale, salutando i gruppi presenti, il Papa ha rivolto un pensiero particolare a malati, agli sposi novelli e ai giovani, evocando l’imminenza del Natale e l’allestimento del presepe nelle case. Lo ha definito una “suggestiva rappresentazione del Mistero della Natività” e un elemento importante non solo della fede, ma anche della cultura e dell’arte cristiana, perché ricorda Gesù venuto “ad abitare in mezzo a noi”.

F.V.
Silere non possum