Città del Vaticano - Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, Papa Leone XIV ha ricevuto in Udienza i membri della Consulta Nazionale Antiusura “San Giovanni Paolo II”, un organismo che da trent’anni lavora accanto alle vittime dell’usura e del gioco d’azzardo, in collaborazione con le diocesi e le fondazioni locali. Al termine dell’incontro, S.E.R. Mons. Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari-Bitonto, ha celebrato la Santa Messa all’Altare della Cattedra, nella Basilica di San Pietro.
Un peccato che nasce dal cuore
Nel suo discorso, Leone XIV non ha usato mezzi termini: “Il fenomeno dell’usura rimanda al tema della corruzione del cuore umano”. Con tono grave, ha ricordato che l’usura è “un peccato antico e sempre attuale”, già denunciato dai profeti dell’Antico Testamento come forma estrema di ingiustizia verso i poveri.
Citando il profeta Isaia – «sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo» (Is 58,6) – il Papa ha denunciato la spiritualità malata di chi “schiaccia le persone fino a renderle schiave”, richiamando il rischio che questo atteggiamento non resti confinato alla sfera economica, ma penetri nelle logiche di potere e nei rapporti sociali.
L’usura, ha spiegato, non è solo una questione contabile. È “un macigno che soffoca”, che distrugge famiglie e coscienze, e può arrivare “a logorare mente e cuore fino a spingere al suicidio”.
L’Italia e le sue ombre
Nelle parole di Leone XIV, il riferimento alla situazione italiana è implicito ma inequivocabile. Un Paese in cui la corruzione – economica, politica, morale – si intreccia spesso con l’usura, l’evasione e il riciclaggio.
Il Papa sembra rivolgersi direttamente a quella rete grigia di professionisti, prestanome e criminalità organizzata che prospera sul bisogno e sulla disperazione: “Ci sono sistemi finanziari usurari che mettono in ginocchio interi popoli”, ha ammonito, ricordando che anche “nei commerci si usano pratiche usurarie e mercantili che provocano la fame e la morte dei fratelli in umanità” (citando il Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2269).
Poi, un passaggio che suona come una diagnosi morale dell’Italia contemporanea: “I meno dotati non sono persone umane? I deboli non hanno la stessa nostra dignità? O riconquistiamo la nostra dignità morale e spirituale o cadiamo come in un pozzo di sporcizia” (Dilexi te, 95). Un’espressione durissima, che rievoca le invettive profetiche contro un popolo che smarrisce la propria anima dietro la maschera del profitto.
Il Vangelo contro il potere del denaro
Il Pontefice ha indicato Zaccheo come immagine di conversione autentica: “Era un uomo abituato a sfruttare, ma Gesù lo guarda e lo chiama per nome. E lui capisce, cambia, restituisce con gli interessi”.
L’esempio evangelico diventa qui una chiave per comprendere la missione della Consulta e, più in generale, l’urgenza di una conversione personale e collettiva: non basta soccorrere le vittime, occorre anche redimere i carnefici, rieducare chi si è lasciato corrompere. “Solo la gratuità è così efficace da rivelare a noi stessi il senso della nostra umanità”, ha detto Leone XIV. “Quando prevale la ricerca del guadagno, gli altri non sono più persone: diventano oggetti da sfruttare, e così si perde anche sé stessi e la propria anima.”
Una parola profetica per il Giubileo
Nel contesto del Giubileo del 2025, l’intervento del Papa assume il valore di una chiamata alla purificazione della vita pubblica e finanziaria. L’usura, oggi, non è solo quella dei clan o degli strozzini: è anche la logica di un sistema economico che divora i più deboli, di banche che accumulano debito sulle spalle di chi non ha strumenti, di amministrazioni che chiudono gli occhi davanti all’illegalità strutturale. “La vostra opera – ha concluso Leone XIV rivolgendosi alla Consulta – è segno di speranza e risuona pienamente nello spirito del Giubileo. Continuate a spezzare le catene dell’usura, sostenuti dalla Chiesa e dalla fede.”
d.R.A.
Silere non possum