Città del Vaticano - Questa mattina, alle ore 10, in Piazza San Pietro, Papa Leone XIV ha presieduto la consueta udienza generale del mercoledì incontrando gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da numerosi Paesi del mondo. Nel solco del ciclo di catechesi giubilari “Gesù Cristo nostra speranza”, il Pontefice ha dedicato la sua meditazione al tema: “La Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale. La Pasqua di Gesù Cristo: risposta ultima alla domanda sulla nostra morte”.
Prevost ha messo al centro la domanda che attraversa ogni esistenza: che cosa è la morte, e se essa rappresenti davvero l’ultima parola sulla vita umana. La morte, ha spiegato, appare insieme «l’evento più naturale e più innaturale»: naturale perché tutti gli esseri viventi muoiono, innaturale perché il desiderio di vita e di eternità che abita il cuore dell’uomo rende la morte percepita come una condanna, un “controsenso”.
La morte, tabù del nostro tempo
Leone XIV ha ricordato come, nei secoli, molte civiltà abbiano sviluppato riti e culti per accompagnare i defunti, riconoscendo nella morte un “mistero supremo” da affrontare e non da occultare. Oggi, invece, la tendenza dominante nelle società occidentali è diversa: la morte viene spesso espulsa dall’orizzonte pubblico, trattata come un tabù, qualcosa di cui si parla sottovoce per non turbare sensibilità e sicurezze. Anche la visita ai cimiteri, ha osservato il Papa, viene talvolta evitata, come se il contatto con la realtà della morte fosse un fastidio da rimuovere.
Eppure, solo l’essere umano si pone autenticamente la domanda sul senso della morte, perché solo l’uomo sa di dover morire. Questa consapevolezza non lo protegge dalla fine, anzi lo “appesantisce” rispetto alle altre creature: egli si scopre consapevole e, allo stesso tempo, impotente. Da qui, ha spiegato Leone XIV, nascono tante fughe esistenziali, tante strategie di rimozione: si evita di pensare alla morte, ma questo non elimina l’angoscia che la sua presenza genera.
Imparare dalla morte: la lezione di sant’Alfonso
Richiamando il celebre scritto di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, “Apparecchio alla morte”, il Papa ha insistito sul valore pedagogico del pensiero della morte. Essa può diventare «una grande maestra di vita»: meditare sulla nostra fine ci costringe a chiederci che cosa vogliamo davvero fare del tempo che ci è dato. Pregare per capire ciò che giova in vista del Regno e lasciare il superfluo che ci lega alle cose effimere, ha suggerito Leone XIV, è il segreto per vivere in modo autentico, nella consapevolezza che il passaggio su questa terra ci prepara all’eternità.
Al tempo stesso, il Papa ha denunciato le nuove illusioni che attraversano l’immaginario contemporaneo. Molte visioni antropologiche – ha spiegato - promettono una sorta di “immortalità immanente”, teorizzando il prolungamento indefinito della vita terrena grazie alle tecnologie. È lo scenario del transumano, che affiora sempre più nel dibattito culturale: ma davvero la scienza può sconfiggere la morte? E, soprattutto, una vita senza possibilità di morire sarebbe una vita felice? Sono domande che, per Leone XIV, mostrano i limiti di una speranza ridotta a progetto tecnico.
La Risurrezione, risposta alla domanda sulla nostra fine
Il cuore della catechesi è la Pasqua di Cristo. La Risurrezione, ha detto il Papa, rivela che la morte non è il contrario della vita, ma il suo passaggio decisivo verso la pienezza. In questa luce, il mistero della morte non è negato, ma trasformato. Richiamando l’evangelista Luca, Leone XIV ha citato le parole che chiudono il Venerdì Santo: «Era il giorno della Parasceve e già risplendevano le luci del sabato». In quella luce serale, che brilla mentre il cielo resta ancora oscuro, la Chiesa intravede il presagio del mattino di Pasqua.
La Risurrezione, ha proseguito, è l’unico evento capace di illuminare fino in fondo il mistero della morte: ciò che il cuore umano desidera e spera - che la morte non sia la fine, ma il passaggio verso un’eternità felice - diventa, in Cristo, promessa affidabile. Il Risorto ci ha preceduti nella “grande prova” della morte, uscendone vittorioso grazie alla potenza dell’Amore divino; ha preparato per noi il luogo del ristoro eterno, la casa in cui siamo attesi. Per questo, con san Francesco, il cristiano può arrivare a chiamare la morte «sorella», attendendola non come annientamento ma come ingresso nella vita senza fine.
Appello per Thailandia e Cambogia
Al termine della catechesi, Leone XIV ha rivolto un accorato appello per la pace a seguito del riaccendersi del conflitto lungo il confine tra Thailandia e Cambogia, dove si registrano vittime anche tra i civili e migliaia di sfollati costretti ad abbandonare le loro case. Il Papa ha espresso la propria vicinanza in preghiera alle popolazioni colpite e ha chiesto con forza alle parti di cessare immediatamente il fuoco e di riprendere la via del dialogo. Il Pontefice ha poi salutato i membri della Famiglia carismatica Camilliana, il Reparto del Comando Aviazione dell’Esercito di Viterbo, il Gruppo Giovani Federmanager, la Fondazione “Villaggio dei ragazzi” di Maddaloni, il Liceo D’Annunzio di Pescara e l’Istituto Fermi di Lecce. Ha poi rivolto un pensiero ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, ricordando che oggi la Chiesa celebra la memoria della Beata Vergine Maria di Loreto.
p.L.B.
Silere non possum