Questa mattina, 5 giugno 2024, il Santo Padre Francesco ha rivolto ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro la consueta catechesi del mercoledì. Il Pontefice ha incentrato la sua riflessione sul tema “Il vento soffia dove vuole”. Dove c’è lo Spirito di Dio c’è libertà” (Lettura: Gv 3,6-8).
Francesco ha rivolto il pensiero al mese dedicato al Sacro Cuore e ha ricordato il 350° anniversario della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque a Paray-le-Monial, annunciando che a settembre pubblicherà un documento sul culto del Sacro Cuore di Gesù.
Benedetto XV nella lettera Amor ille singularis scrisse: «Noi nutriamo la convinzione che anche il culto del Sacratissimo Cuore di Gesù sia stato al tempo debito e per volontà divina proposto al mondo come oggetto di particolare venerazione, quando cioè, scemando in molti l’ardore della carità, non pareva possibile riaccenderlo se non alla fiamma di questo amore divino».

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nella catechesi odierna vorrei riflettere con voi sul nome con cui lo Spirito Santo è chiamato nella Bibbia.
La prima cosa che noi conosciamo di una persona è il nome. È con esso che la chiamiamo, che la distinguiamo e la ricordiamo. Anche la terza persona della Trinità ha un nome: si chiama Spirito Santo. Ma “Spirito” è la versione latinizzata. Il nome dello Spirito, quello con cui lo hanno conosciuto i primi destinatari della rivelazione, con cui lo hanno invocato i profeti, i salmisti, Maria, Gesù e gli Apostoli, è Ruach, che significa soffio, vento, respiro.
Nella Bibbia il nome è tanto importante da identificarsi quasi con la persona stessa. Santificare il nome di Dio, è santificare e onorare Dio stesso. Non è mai un appellativo meramente convenzionale: dice sempre qualcosa della persona, della sua origine, della sua missione. Così è anche del nome Ruach. Esso contiene la prima fondamentale rivelazione sulla persona e la funzione dello Spirito Santo.
Fu proprio osservando il vento e le sue manifestazioni, che gli scrittori biblici furono guidati da Dio a scoprire un “vento” di natura diversa. Non a caso a Pentecoste lo Spirito Santo discese sugli Apostoli accompagnato dal “fragore di un vento impetuoso” (cfr At 2,2). Era come se lo Spirito Santo volesse mettere la sua firma a quello che stava accadendo.
Cosa ci dice, dunque, dello Spirito Santo, il suo nome Ruach? L’immagine del vento serve anzitutto per esprimere la potenzadello Spirito Santo. “Spirito e potenza”, o “potenza dello Spirito” è un binomio ricorrente in tutta la Bibbia. Il vento infatti è una forza travolgente, una forza indomabile, capace perfino di smuovere gli oceani.
Anche in questo caso, però, per scoprire il senso pieno delle realtà della Bibbia, bisogna non fermarsi all’Antico Testamento, ma arrivare a Gesù. Accanto alla potenza, Gesù metterà in luce un’altra caratteristica del vento, quella della sua libertà. A Nicodemo, che lo va a trovare di notte, Gesù dice solennemente: «Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito» (Gv 3,8).
Il vento è l’unica cosa che non si può assolutamente imbrigliare, non si può “imbottigliare” o inscatolare. Cerchiamo di “imbottigliare” o inscatolare il vento: non è possibile, è libero. Pretendere di rinchiudere lo Spirito Santo in concetti, definizioni, tesi o trattati, come ha tentato di fare a volte il razionalismo moderno, significa perderlo, vanificarlo, ridurlo allo spirito puramente umano, uno spirito semplice. Esiste però una tentazione analoga anche in campo ecclesiastico, ed è quella di voler racchiudere lo Spirito Santo in canoni, istituzioni, definizioni. Lo Spirito crea e anima le istituzioni, ma non può essere Lui stesso “istituzionalizzato”, “cosificato”. Il vento soffia “dove vuole”, così lo Spirito distribuisce i suoi doni “come vuole” (1 Cor 12,11).
San Paolo farà di tutto ciò la legge fondamentale dell’agire cristiano: «Dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà» (2 Cor 3,17), dice lui. Una persona libera, un cristiano libero, è quello che ha lo Spirito del Signore. Questa è una libertà tutta speciale, assai diversa da ciò che comunemente si intende. Non è libertà di fare quello che si vuole, ma libertà di fare liberamente quello che Dio vuole! Non libertà di fare il bene o il male, ma libertà di fare il bene e farlo liberamente, cioè per attrazione, non per costrizione. In altre parole, libertà dei figli, non degli schiavi.
San Paolo è ben consapevole dell’abuso o fraintendimento che si può fare di questa libertà; ai Galati, scrive: «Voi, fratelli, siete stati chiamati alla libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri» (Gal 5,13). Questa è una libertà che si esprime in ciò che sembra il suo opposto, si esprime nel servizio, e nel servizio c’è la vera libertà.
Conosciamo bene quand’è che questa libertà diventa un “pretesto per la carne”. Paolo fa un elenco sempre attuale: «Fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere» (Gal 5,19-21). Ma lo è anche la libertà che permette ai ricchi di sfruttare i poveri, è una libertà brutta, quella che permette ai forti di sfruttare i deboli, e a tutti di sfruttare impunemente l’ambiente. E questa è una libertà brutta, non è la libertà dello Spirito.
Fratelli e sorelle, dove attingeremo questa libertà dello Spirito, così contraria alla libertà dell’egoismo? La risposta è nelle parole che Gesù rivolse un giorno ai suoi ascoltatori: «Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero» (Gv 8,36). La libertà che ci dà Gesù. Chiediamo a Gesù di fare di noi, mediante il suo Santo Spirito, degli uomini e delle donne veramente liberi. Liberi per servire, nell’amore e nella gioia. Grazie!
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Stiamo percorrendo questo mese dedicato al Sacro Cuore. Il 27 dicembre dello scorso anno ricorreva il 350° anniversario della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque. In quell’occasione si è aperto un periodo di celebrazioni che si concluderà il 27 giugno del prossimo anno. Per questo sono lieto di preparare il documento che raccolga le preziose riflessioni di testi magisteriali precedenti e di una lunga storia che risale alle Sacre Scritture, per riproporre oggi, a tutta la Chiesa, questo culto carico di bellezza spirituale. Credo che ci farà molto bene meditare su vari aspetti dell’amore del Signore che possano illuminare il cammino del rinnovamento ecclesiale; ma anche che dicano qualcosa di significativo a un mondo che sembra aver perso il cuore. Vi chiedo di accompagnarmi con la preghiera, in questo tempo di preparazione, con l’intenzione di rendere pubblico questo documento il prossimo settembre.
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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i giovani del Seminario Regionale Pugliese e li incoraggio a rispondere con gioia e generosità alla chiamata del Signore.
Saluto altresì i fedeli di Montepulone, Andria e Altamura, l’Associazione “Donatori nati” di Napoli, l’Associazione “Liberi e forti” di Sezze, i militari dell’Accademia di Modena e la Banda “Cinti” di Scheggia e Pascelupo.
Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati, agli anziani e agli sposi novelli. La festa del Sacro Cuore di Gesù e la memoria del Cuore Immacolato di Maria, che la Chiesa si appresta a celebrare nei prossimi giorni, ci richiamano l’esigenza di corrispondere all'amore redentivo di Cristo e ci invitano ad affidarci con fiducia all'intercessione della Madre del Signore.
Chiediamo al Signore, per l’intercessione della sua madre, la pace. La pace nella martoriata Ucraina, la pace nella Palestina, in Israele, la pace nel Myanmar. Preghiamo che il Signora ci dia il dono della pace e che il mondo non soffra tanto per le guerre. Che il Signore ci benedica tutti! Amen.

Un documento sul Sacro Cuore
Nella lettera che Benedetto XV inviò al cardinale Leone Adolfo Amette in occasione della consacrazione della Basilica di Montmartre troviamo scritto: «In verità, come abbiamo imparato dalla parola dell’Apostolo, l’incarnazione del Verbo di Dio ebbe luogo affinché il mondo recuperasse la salvezza, quando fosse giunta la pienezza dei tempi; così Noi nutriamo la convinzione che anche il culto del Sacratissimo Cuore di Gesù sia stato al tempo debito e per volontà divina proposto al mondo come oggetto di particolare venerazione, quando cioè, scemando in molti l’ardore della carità, non pareva possibile riaccenderlo se non alla fiamma di questo amore divino. Così il Signore ha mostrato che, secondo la promessa, è e sarà con noi fino alla consumazione dei secoli, sempre ardente della stessa carità che lo bruciava quando si fece uomo e patì e morì per noi.
Ma è lecito riconoscere anche un altro disegno della divina provvidenza; infatti codesto tempio di Montmartre fu iniziato molti anni fa, in adempimento di un voto popolare per testimoniare la memore gratitudine della Francia verso il Cuore di Gesù, ma la sua consacrazione è stata rinviata fino a questo momento, nel quale si impone alla vostra nazione il dovere santissimo di dare una significativa dimostrazione della sua gratitudine verso Dio per essere uscita vittoriosa dalla più grande guerra che sia mai stata combattuta a memoria d’uomo.
Adorando il Cuore divino in questo tempio votivo, dunque, adoratelo come il dispensatore di ogni bene, il quale, se ha amato e ama di vivo amore l’intero genere umano, ha arricchito il vostro popolo di speciali benedizioni. Ma all’amore si risponde con l’amore: e nessun precetto è più insistentemente ripetuto sia nel nuovo Testamento, sia nel Vecchio, quanto quello, valido per ogni luogo ed ogni tempo, nel quale solo è contenuta l’intera Legge: « Dice Gesù: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente. Questo è il massimo e primo comandamento. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso » (Matth., XXII, 37-39). Il Cuore santissimo, dunque, mentre dimostra in modo sensibile l’immenso amore di Gesù verso i figli, ahi troppo spesso immemori, ci ricorda allo stesso tempo questo nostro primario dovere di amare Dio sopra ogni cosa e di amare il prossimo come noi stessi.
L’amore per il prossimo, però, che è più vivo quanto più vicino a noi sono le persone cui si rivolge, si deve estendere a tutti gli uomini, anche ai nemici, dal momento che noi tutti siamo uniti da un vincolo fraterno in quanto figli dello stesso Dio e redenti dallo stesso sangue di Gesù Cristo: « Avete inteso che fu detto “Amerai il tuo prossimo, e odierai il tuo nemico”. Ma io invece vi dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi perseguitano e per coloro che vi calunniano, perché siate figli del Padre vostro che sta nei cieli » (Matth., V, 43-45). Questo ci ha comandato il Maestro e Signore nostro, questo hanno tramandato gli Apostoli ad una voce, e più di tutti Giovanni, l’araldo d’amore. A questo precetto, come sappiamo, si sono attenuti tutti coloro che nella loro vita hanno conformato la loro condotta alla sapienza del Vangelo. Sappiamo in realtà che questo precetto di Cristo Signore non piace al mondo, al punto che coloro che ne affermano e ne difendono il valore sacro vedono le proprie intenzioni fatte oggetto di interpretazioni malevole e di ogni sorta di ingiurie. Questo toccò a Gesù Cristo, quasi la stessa sorte tocca al Vicario di Gesù Cristo: né diversa sorte toccherà mai a chiunque predicherà il perdono delle offese e l’amore verso chi ci avrà fatto del male o avrà assalito la nostra patria. Tuttavia le offese dei malvagi non devono distogliere alcuno dall’osservare e dal sostenere questo così importante precetto evangelico, nel quale si trovano il fondamento di una serena convivenza umana e la stabilità sociale. Di conseguenza, se vogliamo rendere al divino Cuore di Gesù il culto a lui più grato, dobbiamo coltivare negli animi un duplice amore, quello verso Dio e quello verso gli uomini, per quanto questi ci siano ostili o si siano rivelati nemici. Infatti, tutti dovranno ricordare che Dio ci assolverà dai nostri peccati solo se noi perdoneremo a coloro che avranno peccato contro di noi. È compito precipuo del clero inculcare nel popolo questo concetto, con l’azione e la predicazione, tanto più perché difficilmente si può sperare di sanare così profonde ferite causate dalla guerra e stabilire una vera pace se gli animi e i popoli non si saranno tra loro riconciliati. Preghiamo perché Gesù Cristo Nostro Signore sia con voi che celebrate i doni della misericordia divina: e perché con l’intercessione della Beata Margherita, vostra connazionale, alla quale Egli manifestò con singolare larghezza le ricchezze del suo Cuore, da codesta nobilissima sede, che voi fondaste in onore del suo amore, Egli abbracci e colmi di grazia non soltanto la Francia ma tutto il genere umano, affinché ciò che la prudenza degli uomini ha testé iniziato con la Conferenza di Versailles, la carità divina compia e conduca a felice esito a Montmartre. Auspice dei beni celesti, che Ci auguriamo assai copiosi per la vostra dilettissima nazione, e quale pegno della Nostra paterna benevolenza, impartiamo con grande affetto a te, figlio Nostro diletto, e a tutta la Francia l’Apostolica Benedizione».