Città del Vaticano - Con la traslazione della salma di Papa Francesco nella Basilica di San Pietro avvenuta questa mattina, la Chiesa entra officiosamente in una nuova fase di transizione: quella che prepara al conclave. Un momento di profonda importanza non solo dal punto di vista liturgico e simbolico, ma anche dal punto di vista pratico e organizzativo.
L'entourage, infatti, può così iniziare ad allestire la Domus Sanctae Marthae per l’accoglienza dei cardinali elettori. Tuttavia, il percorso non è privo di ostacoli. Nella serata di lunedì 21 aprile, i sigilli sono stati apposti negli appartamenti pontifici, sia nel Palazzo Apostolico sia a Santa Marta. In particolare, nella Domus, i sigilli sono stati posti esclusivamente sulle stanze che erano riservate a Papa Francesco, impedendo l’utilizzo di quegli ambienti per ospitare i cardinali. Sarà solo il successore a togliere quella cera lacca con impressa la scritta "Cardinale Camerlengo di S.R.C."
"Questa situazione porterà alla decisione di distribuire i cardinali in due strutture: Casa Santa Marta nuova e la Casa Santa Marta vecchia, posizionate una di fronte all’altra" spiega un prelato. Una soluzione resa necessaria non solo dai vincoli logistici imposti dalle scelte compiute da Jorge Mario Bergoglio, ma anche dal fatto che il numero dei cardinali elettori oggi supera quello previsto da Giovanni Paolo II quando volle quella residenza come spazio dedicato proprio a loro. In precedenza, infatti, i porporati erano alloggiati in situazioni scomode attorno alla Cappella Sistina senza i servizi igienici.
Altre possibilità sono state prese in considerazione, ma questa sembra essere l’unica realmente percorribile al momento. “Auspico che ci siano ampie possibilità di incontro, anche a pranzo e a cena, in questi giorni in cui siamo chiamati alle congregazioni generali. Ho già in programma diversi incontri con alcuni miei confratelli e spero di incontrarne altri che magari conoscerò in questi giorni nell’aula del Sinodo”, ha confidato un cardinale, arrivato questa mattina nell'Urbe.
Il dato che caratterizzerà in modo particolare questo Conclave, infatti, è che i cardinali spesso non si conoscono. Anche i giorni che precedono l’ingresso nella Cappella Sistina sono per questo decisivi: si tratta di un tempo prezioso, in cui le conversazioni informali, gli incontri personali, e i dialoghi spontanei possono contribuire a creare quella conoscenza reciproca necessaria per affrontare una scelta tanto grave quanto decisiva per il futuro della Chiesa. "Non possiamo fare l'errore commesso nel 2013", spiega un porporato. "L'Arcivescovo di Buenos Aires era sconosciuto ai più, in modo particolare non si conoscevano né la sua storia né tutti gli scandali che sono poi emersi dopo l'elezione. Il suo carattere, i precedenti nella compagnia di Gesù, la sua visione di Chiesa e della Curia fortemente ideologica. Certo, quando fece il discorso durante le Congregazioni qualcosa si poteva intuire, ma l'attività di Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga fu quella di sminuire tutte queste perplessità e farlo digerire a tutti".
"Queste riflessioni stanno emergendo in numerosi confronti. Ci sono uomini che sono stati al fianco di Francesco in questi anni di cui spesso si parla ma non si sa realmente cosa pensino. Non si può fare l'errore di fidarsi e puntare tutto su una persona ad occhi chiusi", spiega un altro presule.

Il tema più caldo: profili sconosciuti
Al di là di alcune ambizioni scelte di blog americani nei quali vengono scritte stupidaggini in merito ai profili dei singoli porporati cercando di ridurre tematiche complesse a "risposte a crocette", il tema serio è questo. I cardinali in queste ore stanno cercando di conoscere più possibile i loro confratelli e chiaramente non si affidano alla stampa faziosa ma sono interessati ai fatti, alle parole realmente pronunciate, al rapporto con i loro preti (per chi è alla guida di diocesi), ecc..
Proprio per questo, la scelta logistica (necessaria) di dividere i cardinali tra due strutture è chiaramente un problema. Anche se “isolati dal mondo”, i cardinali devono potersi parlare, capire, discutere, ancor prima di essere chiamati alla responsabilità del voto. Alla richiesta formulata al cardinale Joseph Ratzinger in merito al Conclave, egli rispose: «Non direi così, nel senso che sia lo Spirito Santo a sceglierlo. Direi che lo Spirito Santo non prende esattamente il controllo della situazione, ma piuttosto da quel buon educatore che è, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza pienamente abbandonarci. Così che il ruolo dello Spirito dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico, non che egli detti il candidato per il quale uno debba votare. Probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la cosa non possa essere totalmente rovinata. Ci sono troppi esempi di Papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto». E forse alcuni esempi sono proprio recenti.
Ma c’è anche un malessere latente che percorre i corridoi della Curia. Molti porporati, anche i curiali, si mostrano insofferenti verso l’orientamento preso dalla Chiesa sotto il pontificato di Francesco. Lo abbiamo visto questa mattina. Il nodo cruciale è la struttura stessa della Curia Romana - annoso problema che si presentava anche nel 2013, seppur in forme diverse - che in questi anni ha visto ai suoi vertici figure profondamente critiche, se non ostili, al funzionamento della macchina ecclesiastica. Un prefetto di un Dicastero, noto per la sua vicinanza a Papa Francesco, ha più volte espresso il suo disprezzo verso determinati organismi economici della Santa Sede, colpevoli – a suo dire – di non aver esaudito le sue richieste. È un segnale forte ed eloquente. Se persino i “bergogliani” manifestano questo disagio, il problema è profondo: non si può pensare una Chiesa senza Curia, e non si può guidarla con chi ne rifiuta l’esistenza o la struttura.
Per questo, da più parti, i porporati invocano un uomo che conosca bene la Curia, che non abbia paura di rimettere ordine con competenza, e senza ideologie, nelle scelte che hanno segnato gli ultimi anni. Un uomo capace di affrontare gli attacchi della stampa e di chi lo accuserà ogni volta che vorrà cambiare rotta rispetto al recente passato. "La preoccupazione deve essere il bene della Chiesa, non altro", spiega un cardinale.
C’è, infine, il tema scottante del Sinodo, che ha già generato tensioni e derive in alcune Chiese locali. Anche nella Chiesa italiana abbiamo potuto constatare effetti nefasti, nonostante le sterili rassicurazioni di alcuni vicari per la pastorale dei laici. Quando è stato fatto notare loro che la ricostruzione offerta non corrispondeva a quanto realmente avvenuto nell'aula Paolo VI, la risposta è stata disarmante e "molto sinodale": “Non è quello che abbiamo vissuto noi. Cordialità.” E chi ha osato esprimere opinioni dissenzienti è stato prontamente etichettato come “diabolico”. Il Sinodo rappresenta un nodo serio: il successore di Francesco dovrà affrontarlo con decisione, chiudendolo con chiarezza e rapidità, per evitare che si trasformi in un laboratorio permanente di instabilità dottrinale.
Oggi pomeriggio, alle ore 17, si terrà la seconda Congregazione Generale, mentre la Basilica di San Pietro sta accogliendo i chierici e i fedeli giunti a Roma per rendere omaggio a Papa Francesco. In queste ore sale a Dio la preghiera anche di numerosi religiosi e numerose religiose che pregano per il Romano Pontefice e per il Sacro Collegio.
p.D.A.
Silere non possum