Risponde alle accuse il Pontefice emerito. Benedetto XVI smonta, punto per punto, le accuse formulate dalla commissione voluta dall’Arcidiocesi di Monaco Frisinga. Con un testo, a cura dei professori Stefan Mückl, Helmuth Pree, Stefan Korta e Carsten Brennecke, Ratzinger spiega puntualmente quali sono stati i fatti. I documenti confermano la sua versione e smentiscono le illazioni della commissione guidata dallo studio legal tedesco Westpfahl Spilker Wastl.

Sono gli stessi esperti che avevano redatto le 82 pagine inviate alla commissione che spiegano chiaramente come furono inviate loro le considerazioni dello studio legale. Ribadiscano che Joseph Ratzinger, quando si tenne quell’incontro sul sacerdote accusato di pedofilia non fosse a conoscenza del fatto che fosse un abusatore e non sapeva i motivi per cui doveva “curarsi” a Monaco. Difatti, in quella riunione del gennaio 1980 non venne menzionato il motivo per cui doveva curarsi né si decise di impiegarlo nell’attività pastorale.

Il clamoroso errore, ripreso dai media per attaccare Ratzinger, spiegano i collaboratori che è avvenuto perchè gli atti vennero inviati in versione elettronica e solo il professor Mückl potè visionarli senza che fosse concessa la possibilità di salvare, stampare o fotocopiare quei documenti. Durante la fase di elaborazione il dottor Korta, ha inavvertitamente commesso un errore di trascrizione ritenendo che Ratzinger fosse assente il 15 gennaio 1980. Daltronde cosa ci aspettiamo? Che ricordassero tutto ciò che veniva imputato a Benedetto XVI senza neppure poter visionare gli atti con attenzione? Pensate se questo metodo fosse utilizzato in tribunale con gli avvocati difensori, cosa potrebbero ricordare delle imputazioni? Piuttosto domandiamoci perchè lo studio legale aveva paura a fornire questi documenti? Avevano forse paura che gli fosse tolto lo scoop? Il compito era fare verità oppure ottenere visibilità?

Tra l’altro, come abbiamo detto qui, nella biografia scritta da Peter Seewald e pubblicata nel 2020, Ratzinger affermava di essere stato presente.

I professori che hanno assistito Benedetto XVI nell’analisi di questa mole di documenti ingente, affermano che in nessuno dei casi analizzati dal rapporto, Ratzinger era a conoscenza di abusi sessuali commessi o del sospetto di abusi sessuali commessi dai sacerdoti. La documentazione non fornisce alcuna prova in senso contrario e in difatti, rispondendo a precise domande su questo punto durante la conferenza stampa di presentazione, gli stessi legali che hanno redatto il rapporto hanno affermato di presumere con probabilità che Ratzinger sapesse, ma senza che questa loro affermazione sia corroborata da testimonianze o documenti.

Vi è poi una risposta ai vescovi tedeschi e giornalisti italiani che accusavano Ratzinger di aver sminuito il rapporto e di essere stato freddo nelle sue risposte.

“Nella memoria Benedetto XVI non ha minimizzato il comportamento esibizionista, ma lo ha espressamente condannato. La frase utilizzata come presunta prova della minimizzazione dell’esibizionismo è decontestualizzata”. Nella risposta Benedetto XVI aveva affermato che gli abusi, esibizionismo incluso, sono “terribili”, “peccaminosi”, “moralmente riprovevoli” e “irreparabili”. Nella valutazione degli esperti è stato solo ricordato che secondo il diritto allora vigente l’esibizionismo “non era un delitto di diritto canonico, perché la relativa norma penale non comprendeva nella fattispecie comportamenti di quel tipo”.

Il documento firmato dai quattro collaboratori giuristi contribuisce dunque a fare chiarezza su quanto realmente avvenuto e confermano la completa estraneità di Ratzinger a tali processi decisionali.

Mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo. Tanto più mi hanno commosso le svariate espressioni di fiducia, le cordiali testimonianze e le commoventi lettere d’incoraggiamento che mi sono giunte da tante persone. Sono particolarmente grato per la fiducia, l’appoggio e la preghiera che Papa Francesco mi ha espresso personalmente.

Il Papa emerito, poi, interviene personalmente con una sua lettera che accompagna le valutazioni tecniche dei giuristi. La lettera è indirizzata ai fedeli della Sua arcidiocesi di Monaco e Frisinga. Manifesta il suo “dolore per gli abusi e gli errori che si sono verificati durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi” ribadendo, allo stesso tempo, la sua completa estraneità e si dispiace di essere stato additato come bugiardo.

Ratzinger scrive di aver vissuto “giorni di esame di coscienza e di riflessione” dopo la pubblicazione del rapporto. Ringrazia per la vicinanza che gli è stata espressa da tanti. Ringrazia chi ha collaborato con lui per visionare il materiale documentario e preparare le risposte inviate alla commissione. Come aveva già fatto nei giorni scorsi, si scusa nuovamente per l’errore, assolutamente non intenzionale, circa la sua presenza alla riunione del 15 gennaio 1980 durante la quale si decise di accogliere in diocesi un sacerdote che doveva curarsi.

Lettera del Papa emerito Benedetto XVI circa il rapporto sugli abusi nell’Arcidiocesi di Monaco e Frisinga

Care sorelle e cari fratelli!

A seguito della presentazione del rapporto sugli abusi nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga il 20 gennaio 2022, mi preme rivolgere a tutti voi una parola personale. Infatti, anche se ho potuto essere arcivescovo di Monaco e Frisinga per poco meno di cinque anni, nell’intimo continua comunque a persistere la profonda appartenenza all’arcidiocesi di Monaco come mia patria.

Vorrei innanzitutto esprimere una parola di cordiale ringraziamento. In questi giorni di esame di coscienza e di riflessione ho potuto sperimentare così tanto incoraggiamento, così tanta amicizia e così tanti segni di fiducia quanto non avrei immaginato. Vorrei ringraziare in particolare il piccolo gruppo di amici che, con abnegazione, per me ha redatto la mia memoria di 82 pagine per lo studio legale di Monaco, che da solo non avrei potuto scrivere. Alle risposte alle domande postemi dallo studio legale, si aggiungeva la lettura e l’analisi di quasi 8.000 pagine di atti in formato digitale. Questi collaboratori mi hanno poi anche aiutato a studiare e ad analizzare la perizia di quasi 2.000 pagine. Il risultato sarà pubblicato successivamente alla mia lettera.

Nel lavoro gigantesco di quei giorni – l’elaborazione della presa di posizione – è avvenuta una svista riguardo alla mia partecipazione alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980. Questo errore, che purtroppo si è verificato, non è stato intenzionalmente voluto e spero sia scusabile. Ho già disposto che da parte dell’arcivescovo Gänswein lo si comunicasse nella dichiarazione alla stampa del 24 gennaio 2022. Esso nulla toglie alla cura e alla dedizione che per quegli amici sono state e sono un ovvio imperativo assoluto. Mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo. Tanto più mi hanno commosso le svariate espressioni di fiducia, le cordiali testimonianze e le commoventi lettere d’incoraggiamento che mi sono giunte da tante persone. Sono particolarmente grato per la fiducia, l’appoggio e la preghiera che Papa Francesco mi ha espresso personalmente. Vorrei infine ringraziare la piccola famiglia nel Monastero “Mater Ecclesiae” la cui comunione di vita in ore liete e difficili mi dà quella solidità interiore che mi sostiene.

Alle parole di ringraziamento è necessario segua ora anche una confessione. Mi colpisce sempre più fortemente che giorno dopo giorno la Chiesa ponga all’inizio della celebrazione della Santa Messa – nella quale il Signore ci dona la sua Parola e se stesso – la confessione della nostra colpa e la richiesta di perdono. Preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa. È chiaro che la parola “grandissima” non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno. Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa. E mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da Lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso.

In tutti i miei incontri, soprattutto durante i tanti Viaggi apostolici, con le vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, ho guardato negli occhi le conseguenze di una grandissima colpa e ho imparato a capire che noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l’affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade. Come in quegli incontri, ancora una volta posso solo esprimere nei confronti di tutte le vittime di abusi sessuali la mia profonda vergogna, il mio grande dolore e la mia sincera domanda di perdono. Ho avuto grandi responsabilità nella Chiesa cattolica. Tanto più grande è il mio dolore per gli abusi e gli errori che si sono verificati durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi. Ogni singolo caso di abuso sessuale è terribile e irreparabile. Alle vittime degli abusi sessuali va la mia profonda compassione e mi rammarico per ogni singolo caso.

Sempre più comprendo il ribrezzo e la paura che sperimentò Cristo sul Monte degli Ulivi quando vide tutto quanto di terribile avrebbe dovuto superare interiormente. Che in quel momento i discepoli dormissero rappresenta purtroppo la situazione che anche oggi si verifica di nuovo e per la quale anche io mi sento interpellato. E così posso solo pregare il Signore e supplicare tutti gli angeli e i santi e voi, care sorelle e fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro.

Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito). In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte. In proposito mi ritorna di continuo in mente quello che Giovanni racconta all’inizio dell’Apocalisse: egli vede il Figlio dell’uomo in tutta la sua grandezza e cade ai suoi piedi come morto. Ma Egli, posando su di lui la destra, gli dice: “Non temere! Sono io...” (cfr. Ap 1,12-17).

Cari amici, con questi sentimenti vi benedico tutti.

Città del Vaticano, 6 febbraio 2022

Benedetto XVI

Analisi dei fatti da parte dei collaboratori di Benedetto XVI

Prof. Dott. Dott. Stefan Mückl – Roma (Diritto canonico) Prof. em. Dott. Dott. Mag. Helmuth Pree – Ludwig-Maximilians-Universität, Monaco di Baviera (Diritto canonico) Dott. Stefan Korta – Buchloe (Diritto canonico) Avvocato Dott. Carsten Brennecke – Colonia (Diritto alla libertà d’espressione)

Nel rapporto sugli abusi dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga si afferma che:

Joseph Ratzinger, al contrario di quanto da lui sostenuto nella memoria redatta in risposta ai periti, era presente alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980 nella quale si parlò del sacerdote X. E si sostiene che il cardinale Ratzinger avrebbe impiegato questo sacerdote nell’attività pastorale, pur essendo a conoscenza degli abusi da lui commessi, e con ciò avrebbe coperto i suoi abusi sessuali.

Ciò non corrisponde al vero, secondo le nostre verifiche:

Joseph Ratzinger non era a conoscenza né del fatto che il sacerdote X fosse un abusatore, né che fosse inserito nell’attività pastorale. Gli atti mostrano che nella riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980 non si decise l’impiego del sacerdote X per un’attività pastorale.
Gli atti mostrano anche che nella riunione in questione non si trattò del fatto che il sacerdote aveva commesso abusi sessuali. Si trattò esclusivamente della sistemazione del giovane sacerdote X a Monaco di Baviera, perché lì doveva sottoporsi a una terapia. Si corrispose a questa richiesta. Durante la riunione non venne menzionato il motivo della terapia. Nella riunione non venne perciò deciso di impiegare l’abusatore in alcuna attività pastorale.

Nel rapporto sugli abusi dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga si afferma che:

Con riguardo alla sua presenza alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980, Benedetto XVI avrebbe consapevolmente deposto il falso, avrebbe mentito.

Ciò non risponde al vero, infatti:

L’affermazione contenuta nella memoria di Benedetto XVI per cui egli non avrebbe preso parte alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980 è effettivamente errata. Tuttavia Benedetto XVI non ha mentito o consapevolmente deposto il falso: nella redazione della memoria Benedetto XVI tale fatto è stato sostenuto da un gruppo di collaboratori. Esso è composto dall’Avvocato Dott. Carsten Brennecke (Colonia) e dai seguenti collaboratori per il diritto ecclesiastico: il Prof. Dott. Dott. Stefan Mückl (Roma), che su incarico di Benedetto XVI ha esaminato gli atti, il Prof. Dott. Dott. Helmuth Pree e il Dott. Stefan Korta. I collaboratori sono stati chiamati perché Benedetto XVI non poteva da solo analizzare la massa delle questioni in breve tempo e perché lo studio legale incaricato della perizia poneva delle domande che facevano riferimento al diritto canonico, cosicché per la risposta era necessario un inquadramento nel diritto canonico. La visione degli atti in versione elettronica fu consentita al solo Prof. Mückl, senza che fosse concessa la possibilità di memorizzare, stampare o fotocopiare documenti. A nessun altro dei collaboratori fu consentito di visionare gli atti. Alla presa in visione degli atti in formato digitale (8.000 pagine) e alla loro analisi da parte del Prof. Mückl, seguì un’ulteriore fase di elaborazione da parte del Dott. Korta, il quale ha inavvertitamente commesso un errore di trascrizione. Il Dott. Korta ha appuntato erroneamente che Joseph Ratzinger non era presente alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980. Ai collaboratori dunque è sfuggito questo errore: aver scritto di assenza laddove questa non c’era stata. Essi si sono fidati di una indicazione falsa, inserita per errore, omettendo di chiedere espressamente a Benedetto XVI se egli fosse stato presente a quella riunione. Sulla base dell’erronea trascrizione della verbalizzazione si è supposto invece che Joseph Ratzinger non fosse stato presente. Benché gli premesse verificare sulla base della propria memoria quanto presentato, Benedetto XVI non ha notato l’errore per via dei tempi limitati imposti dai periti, e si è fidato di quanto era scritto, e dunque è stata messa a verbale la sua assenza.
Non si può imputare a Benedetto XVI quest’errore di trascrizione come falsa deposizione consapevole o “bugia”. Non avrebbe peraltro avuto alcun senso che Benedetto intenzionalmente negasse la sua presenza alla riunione: infatti il verbale della riunione riporta affermazioni di Joseph Ratzinger. La presenza di Joseph Ratzinger pertanto era evidente. Inoltre, nel 2010 diversi articoli di stampa riferiscono – senza smentita – della presenza del Cardinale Ratzinger alla riunione. Allo stesso modo, in una biografia di Benedetto XVI pubblicata nel 2020 si legge: “Da vescovo, nel corso di una riunione dell’Ordinariato nel 1980, egli aveva solo acconsentito che il sacerdote in questione potesse venire a Monaco di Baviera per sottoporsi a una psicoterapia” (Peter Seewald, Benedikt XVI., Droemer Verlag 2020, p. 938).

Nel rapporto si sostiene che:

Benedetto XVI abbia avuto un comportamento erroneo in altri tre casi. Infatti, anche in questi casi egli avrebbe saputo che i sacerdoti erano abusatori.

Ciò non risponde al vero, secondo le nostre verifiche infatti:

In nessuno dei casi analizzati dalla perizia Joseph Ratzinger era a conoscenza di abusi sessuali commessi o del sospetto di abusi sessuali commessi dai sacerdoti. La perizia non fornisce alcuna prova in senso contrario. Riguardo al caso del sacerdote X, pubblicamente discusso nella riunione dell’Ordinariato del 1980 per quanto concerne la sistemazione da dargli per una terapia, lo stesso perito – durante la conferenza stampa del 20.01.2022, in occasione della presentazione del rapporto sugli abusi – ha affermato che non sussiste alcuna prova che Joseph Ratzinger ne fosse a conoscenza. Alla successiva domanda di una giornalista se i periti fossero in grado di dimostrare che Joseph Ratzinger fosse stato a conoscenza del fatto che il sacerdote X avesse commesso abusi sessuali, il perito affermava chiaramente che non c’è alcuna prova che Joseph Ratzinger ne fosse a conoscenza. Secondo l’opinione soggettiva dei periti sarebbe semplicemente “maggiormente probabile”. È possibile trovare la conferenza stampa al seguente link: https://vimeo.com/668314410 Al minuto 2:03:46 si trova la domanda della giornalista: “Anche la mia domanda si riferisce ancora al caso del sacerdote X. Lo studio legale può dimostrare che il Cardinale Ratzinger allora era a conoscenza del fatto che il sacerdote X fosse un abusatore? Che significa in questo contesto ‘maggiormente probabile’?” [...] Un perito risponde: “[...] Maggiormente probabile significa che lo presumiamo con una maggiore probabilità. [...]”. La perizia non contiene alcuna prova che corrobori l’accusa di comportamento erroneo o di concorso in copertura. Da arcivescovo il cardinale Ratzinger non fu coinvolto in alcuna copertura di atti di abuso.

Nel rapporto si sostiene che:

Nella memoria presentata Benedetto XVI avrebbe minimizzato atti di esibizionismo. Quale prova per quest’affermazione è riportata la seguente indicazione contenuta nella memoria: “Il parroco X è stato notato come esibizionista, ma non come abusatore in senso proprio”.

Ciò non risponde al vero, infatti:

Nella memoria presentata Benedetto XVI non ha minimizzato il comportamento esibizionista, ma lo ha espressamente condannato. La frase utilizzata come presunta prova della minimizzazione dell’esibizionismo è decontestualizzata. Nella memoria infatti Benedetto XVI afferma con la massima chiarezza che gli abusi, esibizionismo incluso, sono “terribili”, “peccaminosi”, “moralmente riprovevoli” e “irreparabili”. Nella valutazione canonica del fatto, introdotta nella memoria da noi collaboratori secondo il nostro giudizio, si è solo voluto ricordare che per il diritto canonico allora vigente l’esibizionismo non era un delitto in senso stretto, poiché la relativa norma penale non comprendeva tra le fattispecie comportamenti di quel tipo. Per questo la memoria presentata da Benedetto XVI non minimizzava l’esibizionismo, bensì lo condannava chiaramente ed esplicitamente. Questa analisi dei fatti è stata redatta dai collaboratori del Papa emerito in tedesco. Se si trovassero divergenze linguistiche, farà fede la versione in lingua tedesca. Prof. Dott. Dott. Stefan Mückl – Roma (Diritto canonico) Prof. em. Dott. Dott. Mag. Helmuth Pree – Ludwig-Maximilians-Universität, Monaco di Baviera (Diritto canonico) Dott. Stefan Korta – Buchloe (Diritto canonico) Avvocato Dott. Carsten Brennecke – Colonia (Diritto alla libertà d’espressione)

S.I.

Silere non possum