The bishops are afraid to speak out in defense of the faithful attached to the vetus ordo. The climate is terrible.

🇫🇷 Traditionis Custodes: les évêques ont peur de parler

Mentre i fedeli semplici e ingenui all'interno delle parrocchie sono convinti che Francesco sia il Papa della misericordia, chi vive ogni giorno attorno a Bergoglio ha ben altra testimonianza di vita. Si tratta, ancora una volta, del grande potere della comunicazione che il Papa ha completamente asservito a sé.

Anche in merito al Motu Proprio e al relativo rescritto, vi è molto da dire e il discorso diventa molto ampio. Mentre Francesco si dice misericordioso e accogliente verso tutti, dimostra di non sopportare assolutamente coloro che celebrano l'Eucarestia secondo un rito che per lui è incomprensibile. Del resto il Papa non si è assolutamente chiesto come i fedeli stiano vivendo questo momento all'interno della Chiesa, dove vedono il Papa che non celebra più il Divin Sacrificio.

Lo sconcerto è molto e le persone sono scandalizzate. Non si tratta di "forma" ma di "sostanza". Sopratutto coloro che sono stati abituati a vedere Giovanni Paolo II, davvero malato e morente, celebrare l'Eucarestia. Sorgono molti interrogativi, poi, quando il Papa sceglie di stare in piedi quando c'è da ricevere alcune persone in udienza oppure quando deve scambiarsi il segno di pace. Durante l'epiclesi non si alza ma quando c'è da dare la pace al celebrante sì. Se bisogna baciare i piedi ai potenti del Sud Sudan si butta a terra, ma durante la consacrazione non si genuflette. Sì, l'ambiguità è il motto di questo Pontificato. Lo abbiamo visto in numerose occasioni. Chi ha a cuore la figura del Papa, però, continua a richiamare i fedeli all'obbedienza e alla preghiera. Oggi nella Chiesa, infatti, vi sono molti personaggi che inneggiano al Papa e dicono di essere obbedienti perché è il Papa. Basterebbe, però, fare un piccolo rewind per tornare al 2011 quando queste persone insultavano il Pontefice.

La questione non è del tutto insignificante, anzi. Amare Bergoglio è un discorso, amare il Papa è un altro. Chi ama il Papa, lo ama chiunque esso sia. Chi ama Bergoglio, presto tornerà ad odiare il Pontefice. I giornalisti, tutti nessuno escluso, sono amanti di Bergoglio non del Papa.

Chi ama il successore di Pietro, invece, muove delle critiche proprio perché ha a cuore il Papa e la Chiesa. Questo, però, a Francesco non piace, perché mentre dice che gli altri sono ideologici, lui dimostra di essere impregnato di ideologia.

Lo abbiamo visto durante l'udienza generale di mercoledì 22 febbraio 2023. Francesco si è scagliato contro coloro che lo hanno criticato per la scelta di firmare il Rescriptum che attribuisce alla Santa Sede l'esclusiva competenza sull'autorizzazione alla celebrazione secondo il Vetus Ordo. 

"State attenti – ha detto, a braccio, il Papa -che il Vangelo non è un'idea, il Vangelo non è una ideologia: il Vangelo è un annuncio che tocca il cuore e ti fa cambiare il cuore, ma se tu ti rifugi in un'idea, in un'ideologia sia di destra sia di sinistra sia di centro, tu stai facendo del Vangelo un partito politico, una ideologia, un club di gente". 

Tutti i collaboratori di Silere non possum partecipano alla celebrazione eucaristica secondo il Messale di San Paolo VI e, alcuni, partecipano anche alle celebrazioni Vetus Ordo. Nessuno si è mai sognato di ritenere un rito migliore o peggiore dell'altro. Demonizzare un rito o, ancor peggio, i fedeli che a quel rito sono legati, non è certo dimostrazione dell'amore per il popolo santo di Dio. 

Francesco, durante il suo Viaggio in Sud Sudan, ha detto ai vescovi: "ho detto "siate misericordiosi". La misericordia. Perdonare sempre. Quando un fedele viene a confessarsi viene a chiedere il perdono, viene a chiedere la carezza del Padre. E noi, col dito accusatore: "Quante volte? E come lo hai fatto?…". No, questo no. Perdonare. Sempre. "Ma non so…, perché il codice mi dice…". Il codice dobbiamo osservarlo, perché è importante, ma il cuore del pastore va oltre! Rischiate. Per il perdono rischiate. Sempre. Perdonate sempre, nel Sacramento della Riconciliazione. E così seminerete perdono per tutta la società". 

Il Papa dovrebbe spiegarci perché dobbiamo accogliere e perdonare un soggetto che non è pentito e non ha a cuore la salvezza della propria anima ma non possiamo celebrare il Divino Sacrificio secondo un rito che richiama alla preghiera e al raccoglimento?

Che senso avrebbe il Sacramento della Riconciliazione se si assolvesse chiunque senza criterio? Sarebbe una presa in giro, per noi e per lo stesso penitente. Il Papa dice: Rischiate! " No, Santità – rispondo – io la mia anima e l'anima dei miei penitenti non la "rischio", perché in gioco c'è la salvezza o la dannazione eterna. Se mi presentassi davanti al Signore e dicessi che Lei mi ha detto di assolvere chi non era pentito, il Padre Eterno mi chiederebbe conto di quanto io ho meditato nella Scrittura".

Non si tratta, come purtroppo vuole far credere Francesco, di essere bacchettoni. Difficilmente si nega l'assoluzione nel confessionale, ma quando è necessario bisogna farlo. Molte volte sono proprio i penitenti che chiedono di essere accompagnati spiritualmente. Certo, sarebbe molto più semplice assolvere, uscire dal confessionale e tornare alle proprie "beghe economiche". Non è questo ciò che ci è richiesto. L'accompagnamento spirituale è molto più "curativo" di una assoluzione data senza il pentimento. Il nostro compito, infatti, è quello di portare il fedele fuori dalla situazione peccaminosa e non lasciarlo lì.

Traditionis Custodes

Proprio perché non siamo noi ad agire per ideologia, sarebbe utile che il Papa iniziasse ad essere trasparente. Si parla spesso di trasparenza, no? Ecco, iniziamo subito.

Francesco, nella Lettera ai Vescovi di tutto il mondo per presentare il Motu Proprio «Traditionis Custodes» sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma del 1970 scrive: “Le risposte pervenute hanno rivelato una situazione che mi addolora e mi preoccupa, confermandomi nella necessità di intervenire”. Si rendano pubbliche e consultabili queste risposte. Quanti vescovi hanno riferito che vi erano problemi? Di quali problemi si tratta? Cosa hanno fatto questi vescovi per correggere quelle realtà che negavano la validità del Concilio Ecumenico?

Dal confronto con diversi vescovi, infatti, emerge come le lettere inviate a Roma erano del tutto positive e non come affermato dal Dicastero. 

È chiaro che, se il lavoro viene affidato ad Arthur Roche e Vittorio Viola, la questione non è certo trattata da soggetti “neutri” o “liberi” in merito alla questione. Si tratta di persone formate in un Ateneo che è prettamente ideologico. Se si apre un vocabolario e si cerca “ideologia”, si trova la foto di Sant’Anselmo. Certo, non siamo ai livelli marci di Santa Giustina, ma non ci vorrà molto.

L’intento di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI è stato tutto volto alla comunione. Con il Summorum Pontificum, Benedetto XVI non si è mosso con la volontà di rivolgersi alla San Pio X. Certo, lo ha fatto anche per questo ma sopratutto era guidato dalla volontà di portare pace anche all’interno della Chiesa Cattolica. I riti sono molti e nessuno ha mai offeso o tolto qualcosa ad un altro. Dov’è il problema? Il problema è solo ideologico. Il Papa che dice di accogliere tutti, diventa così motivo di contraddizione e caccia coloro che celebrano secondo un rito che lui non concepisce. 

Sì, perché Francesco il vetus ordo non lo riesce proprio a comprendere. La messa deve essere un momento di festa, dove tutti partecipano e l’aspetto sacrificale viene meno. Durante la celebrazione eucaristica di giovedì 23 febbraio nella Basilica di Santa Sabina, il Papa si è spogliato quando ancora il canto finale non era terminato. Ha tolto i paramenti in presbiterio davanti a tutti i fedeli. È salito sulla carrozzina ed è uscito attraversando l’intera basilica.

Nelle nostre parrocchie spendiamo un sacco di tempo ad educare i fedeli al raccoglimento. Ai ministranti insegniamo a fare il ringraziamento e a non togliere subito le vesti liturgiche. Poi, accendono la televisione e vedono tutto questo? Che esempio diamo loro? Noi, ci crediamo in ciò che professiamo? 

Tutto questo è motivo di scandalo per i fedeli. Cristo non è più al centro ma c’è il Papa. Questa narrativa sta guidando il Pontificato di Francesco da dieci anni. “La Chiesa è brutta e cattiva, io l’ho migliorata”, ” i preti sono cattivi, i vescovi disobbedienti e io no”. 

I vescovi sono terrorizzati

Non vogliamo certamente sminuire la questione liturgica ma l'atteggiamento utilizzato da Francesco con la Santa Messa antica, viene utilizzato con ben altre questioni di governo. Basti pensare al Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus in merito alle cause di nullità matrimoniale. Quando Francesco ha visto che la sua riforma non veniva applicata, ha subito nominato chi doveva vigilare ed intervenire per far sì che si procedesse secondo il suo volere.

Quando nel 2007 Benedetto XVI pubblicò il Motu Proprio Summorum Pontificum, l'episcopato non ebbe alcun problema ad intervenire per dire al Papa che non era d'accordo. Le prese di posizione furono diverse e non erano assolutamente velate o nascoste. Il vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo, per fortuna oggi emerito, Luca Brandolini, disse: "È un giorno di lutto, non solo per me, ma per i tanti che hanno vissuto e lavorato per il Concilio Vaticano II". Benedetto XVI non aveva affatto eliminato il novus ordo ma aveva aperto e dato più opportunità. Brandolini, il quale non gode di grande intelligenza, dimenticava che il Concilio Ecumenico Ratzinger lo ha vissuto in prima persona e conosceva l'intento dei Padri Conciliari. 

Alessandro Plotti, grande promotore dei peggiori episcopati toscani durante l'era Giovanni Paolo II, addirittura disse che, nonostante il Motu Proprio, nell'Arcidiocesi di Pisa i presbiteri dovevano comunque chiedere l'autorizzazione al vescovo. Di questi vescovi cosa rimane? Solo la loro ideologia e i frutti, diocesi che hanno seminari vuoti e si avviano verso il baratro.

Il vescovo Sebastiano Dho parlò di Chiesa parallela. E il vescovo di Como, il quale oggi ci ha dimostrato la sua solerzia nei casi di abuso, si spese nel dire che bisognava essere prudenti. Per la Santa Messa antica prudenza, per avviare indagini contro molestatori, no. Questi sono i medesimi vescovi che ricevono i giornalisti nei loro salotti vestiti in tuta.

Giustamente qualche fedele dice: "Ma perché i vescovi oggi non dicono nulla?". Anche noi ci chiediamo questo da tempo. Ci vuole molto coraggio, perché Plotti, Coletti, Brandolini, Dho, ecc... rimasero nelle loro diocesi e continuarono a vivere serenamente. Benedetto XVI non ha mai cacciato nessuno, neanche quando lo criticavano in questo modo meschino. Francesco, invece, ha cacciato per molto meno suoi stretti collaboratori. Gli esempi sono tantissimi. Uno di questi è il buon Arcivescovo Jorge Carlos Patrón Wong. Il prelato messicano si è sempre distinto per la propria umanità anche nei confronti di molti seminaristi che avevano difficoltà economiche o familiari. Bergoglio lo ha convocato a novembre 2021 e gli ha detto: "Grazie per il tuo lavoro, molto bello ma ora ho bisogno di te a Jalapa". Il vescovo sbiancò e rimase sorpreso. "Va bene Santità, il tempo di terminare il semestre e torno in Messico", gli disse. Il Papa diventò scuro in volto e gli disse: "No, no. Ora! A Natale devi andare là!" Il giorno dell'Immacolata gli fece pubblicare la nomina e lo ha rispedito in Messico. Motivazioni? Nessuna. Anche qui in Vaticano il presule era molto amato ed ha lasciato un'ottimo ricordo di sè. Il sistema, però, è quello del provinciale gesuita: "Io comando, tu obbedisci". E, proprio come un buon provinciale, Francesco vuole sapere tutto di tutti. Se il sistema è questo, giustamente i vescovi dicono: "Chi me lo fa fare? Il Papa dice di fargli le correzioni in faccia ma poi ti spedisce in Kenya. Anche no". 

d.L.R

Silere non possum