Tutti i dissidenti sono stati esiliati in Toscana. Ora si sta tentando di intimidire chiunque apra bocca. Il delegato fa la spola fra Magnano e Verona. 

A Bose l’aria è viziata. Ad un anno dal decreto pontificio, le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno e all’interno della comunità il clima è peggiore delle carceri bulgare. Il priore, Luciano Manicardi e i suoi adepti continuano a celebrare processi alle intenzioni e ad accusare i monaci di essere “spie”. Un clima irrespirabile che metterebbe chiunque a dura prova. 

L’esilio dei dissidenti

Da mesi in comunità vengono perpetrate violenze psicologiche e vengono mosse accuse. Durante i capitoli, addirittura gli ultimi arrivati accusano i più anziani per poter apparire agli occhi del priore.

Luciano all’inizio del mio noviziato pregava nell’orazione perchè i fratelli non mi fossero di scandalo. Come posso avere fiducia in quei fratelli che durante il giorno fanno i simpaticoni e poi passano notizie all’esterno?

La novizia parla anche di uomini e donne “con le palle”Sposare la verità ed essere così liberi da affermarla senza paura significa essere uomini con le palle, come li chiama lei. Forse a Bose qualche maestra delle novizie dovrebbe far leggere qualche passo del Vangelo e sopratutto le regole del bon ton.

Qualche fariseo poi si è stracciato le vesti perché questo blog ha pubblicato la verità, altri hanno sparato sentenze additando i propri fratelli come dei “traditori”. L’economo della comunità, il quale ha falsificato lo statuto per ottenere denaro al fine di finanziare i convegni ortodossi, è convinto che i monaci “debbano dimostrare di non aver commesso” determinati fatti. Forse bisognerebbe spiegare a Guido Dotti l’articolo 27 della Costituzione e l’articolo 6 della Convenzione Edu. Ci mettiamo a completa disposizione per poter impartire delle lezioni gratuite.

In questo clima, il priore e i suoi seguaci, hanno deciso di esiliare coloro che all’interno dei consigli parlavano di “riconciliazione, sanare le fratture e portare ad una reintegrazione degli allontanati”. Consigli ai quali partecipò anche il delegato pontificio e che, a sorpresa, era l’unico che riteneva superfluo parlare di questa possibilità, la quale poteva “anche non verificarsi”. Cencini, il quale sarebbe dovuto andare a Bose per trovare una soluzione nell’ottica cristiana del perdono, è divenuto invece colui che ha portato divisione e malcontento.

Dopo la provvisoria chiusura che aveva disposto lo stesso delegato, facendo credere a tutti che Bianchi avesse accettato le sue disposizioni disumane, ora la fraternità di Cellole di San Gemignano torna a prendere vita. Resta l’infausto compito per quella realtà: ospitare i monaci dissidenti. Il sabato precedente alla Domenica delle Palme i monaci hanno partecipato ad un consiglio alla presenza di Cencini. In quella occasione è stato deciso l’esilio dei monaci che avevano dato la disponibilità per andare con Bianchi.

Degli undici monaci che diedero inizialmente la loro disponibilità, solo in quattro hanno accettato di andare a Cellole, esasperati dal clima irrespirabile all’interno della comunità. A loro, il priore e il consiglio dei professi, hanno promesso di dare autonomia e renderli così una fraternità indipendente da Bose entro sei mesi.

“Se si vuole arrivare a proporre qualcosa di positivo occorre che facciamo verità” ha detto il delegato pontificio. Bisogna chiedersi quale idea di verità ha Cencini, visto che tutti i suoi interventi sono stati caratterizzati da bugie e menzogne che prontamente abbiamo smentito. A partire dalla falsa informazione trasmessa ai media ovvero che Bianchi accettò le sue condizioni disumane, salvo poi asserire che quel consenso non fu mai dato per iscritto.

Il comodato d’uso a Cellole

I quattro monaci si sono recati a Cellole di San Gemignano, diocesi di Volterra. In quella Pieve avrebbe dovuto recarsi Bianchi a seguito del decreto del delegato pontificio del gennaio 2021. Bianchi non accettò mai le imposizioni di Cencini perché le ritenne “disumane”.

Come si evince dal contratto di comodato d’uso, il quale condividiamo, le clausole che erano state inserite erano vessatorie. Di questo avevamo già ampiamente parlato negli articoli precedenti. Al punto 2 troviamo scritto: “gli immobili oggetto del contratto dovranno essere restituiti al comodante a semplice sua richiesta” ponendo così Bianchi in una condizione di precarietà inaccettabile per un uomo di 78 anni e per i suoi fratelli. Cencini poi aveva scelto dei monaci che sarebbero andati con Bianchi come semplici badanti ai quali non sarebbe stato riconosciuto di fare né vita monastica né cenobitica. 

Molte le perplessità squisitamente giuridiche anche sulla validità di questo contratto, ma troverete considerazioni in merito in questo articolo.

La comunità è allo sbaraglio

Molte le perplessità all’interno della comunità, anche nelle fraternità dislocate in Italia. A Roma, una sorella incaricata dell’ospitalità ha chiesto al discretorio 3 mesi di extra-domum. Martedì ha lasciato la comunità per fare un periodo detox da una comunità che ha numerose difficoltà. All’interno dei consigli e dei capitoli, numerose volte, il priore Luciano Manicardi ha alzato la voce e ha tacciato chi contestava ciò che diceva Cencini o lo stesso superiore. Quando si parla del fondatore e dei monaci dissidenti c’è sempre un clima di sospetto. Da diverse settimane è partita la caccia a chi potesse aver passato notizie all’esterno della comunità, proprio come se questa fosse una setta segreta. 



L’articolo che abbiamo pubblicato il 12 aprile è stato addirittura appeso in bacheca, una novizia ha delirato in capitolo, il priore Manicardi ha parlato di “stupro mediatico” ma nessuno ha mai pensato di dare spiegazioni ai monaci professi del perchè sia stato contraffatto lo statuto per chiedere denaro al fine di finanziare i convegni di spiritualità. Una spiegazione che dei monaci liberi ovviamente chiederebbero e a cui avrebbero diritto. Guido Dotti però non ha mai dato spiegazione di questa pratica e non ha mai detto ai fratelli come mai ha falsificato le firme di Enzo Bianchi per chiedere quel denaro. 

Il delegato pontificio preme sulla comunità

Venerdì sera, padre Cencini ha, nuovamente, fatto visita alla comunità e sabato ha riunito il discretorio. Ieri sera è tornato a Verona. L’unica volontà è quella di attuare il punto 2 delle disposizioni generali del decreto del 13 maggio 2020 dove si dice: “Compito principale del delegato pontificio, oltre ad aiutare la comunità a prestare particolare attenzione alla propria dimensione ecclesiale (sentire cum Ecclesia) sarà quello di sostenere il legittimo Priore in carica, fr. Luciano Manicardi, e di affrontare – nel tempo a venire – le questioni (comunitarie, giuridiche, disciplinari, liturgiche, ecc.) che man mano sorgeranno e dovranno essere trattate conformemente alla regola di Bose, allo statuto della comunità e alle norme del diritto della Chiesa”. 

Ora a Bose vogliono fare in fretta il nuovo statuto dove la figura del Priore diventerà molto più autoritaria. Per questo non vogliono dissidenti fra i piedi. Non sarà più il carisma di una comunità ecumenica con il fine della sinodalità ma sarà trasformata in una struttura gerarchica. Perchè quindi per anni abbiamo incensato questa realtà, dicendo che era un esempio di dialogo e fraternità? Ora non va più bene? Se la volontà è quella di trasformarla in un monastero con il priore e i fratelli che obbediscono, perchè non adottare direttamente la splendida regola di Benedetto? Il carisma di Bose è evidentemente un altro. 

“La Chiesa ringiovanisce in forza del Vangelo e lo Spirito continuamente la rinnova, edificandola e guidandola «con diversi doni gerarchici e carismatici”  Cardinale Gerhard Müller

Una domanda sorge spontanea, la Chiesa è pronta a riconoscere questi doni? La Chiesa è pronta ad abbandonare il potere? Il Papa dei poveri farà cessare questo atteggiamento dispotico oppure ne sarà un fedele promotore? 

F.P.

Silere non possum