The Pope published the Apostolic Constitution changing the Vicariate and the diocese of Rome.
Se le bandiere a mezz’asta non sono state issate per la morte di Benedetto XVI, a San Giovanni in Laterano saranno issate ora. Con un colpo di spugna Francesco interviene nel governo della sua diocesi. Non lo fa con leggerezza ma, come di consueto, interviene a gamba tesa. Senza mezzi termini.
Doveva uscire prima del Santo Natale ma poi vi erano state delle difficoltà. Il Papa era indeciso se piazzare qualche “commissario”, come è solito fare, oppure no. Poi la scelta: “ormai a gennaio”. Ancora una volta è stata scelta una data sui generis, nella quale nessuno si aspettava di dover affrontare una notizia del genere. Anche la Sala Stampa Vaticana è stata colta impreparata, nelle feste vi sono meno dipendenti ovviamente. Il Papa che parla sempre della famiglia e dell’importanza dei figli, non lascia riposare i propri dipendenti neanche il giorno della Santa Epifania. Anche i vaticanisti accreditati erano inconsapevoli e, ancor ora, non hanno capito cosa è successo. Eppure, la Costituzione Apostolica In Ecclesiarum communione è una vera e propria rivoluzione. L’ultimo a mettere mano alla diocesi di Roma fu Giovanni Paolo II con la Costituzione Apostolica Ecclesia in Urbe nel 1988.
Cordate di potere in Vicariato
L’intervento si è reso necessario anche perchè, negli ultimi anni, la Chiesa di Roma ha subito l’arrivo di Pierangelo Pedretti, neocatecumenale doc, il quale ha preso sempre più potere arrivando, addirittura, a sostenere che le richieste che giungevano da Santa Marta non erano una sua prerogativa. “Io devo obbedire al Vicario”, disse in diverse occasioni fra le stanze del Palazzo Lateranense.
Il rapporto fra il cremonese e Francesco, infatti, non è mai stato buono. Al Papa era stato riferito più volte che il sacerdote stava portando avanti i propri interessi. “Piazzava persone in luoghi che gli interessavano, gestiva tutta la parte economica anche se il Papa aveva chiesto questa cosa al Vicegerente”, riferisce un monsignore. Silere non possum ha iniziato a tirare fuori una delle tante con la lettera dei presbiteri Romani al Cardinale Vicario per quanto riguardava il Rupnik Case. Sia chiaro, la Costituzione Apostolica non arriva per punire De Donatis per non aver gestito bene il Caso Rupnik. Lo diciamo subito, onde evitare ricostruzioni assurde dei giornalisti. Il Papa iniziò a pensare alla Costituzione quando ancora non si sapeva nulla della questione Rupnik.
La Costituzione arriva perchè in Vicariato il clima, ormai, era irrespirabile e questo pregiudicava l’operato sia dei vescovi ausiliari sia del Vicario stesso. Negli ultimi anni, infatti, Angelo De Donatis è stato criticato molto perchè si è sempre affidato a Pierangelo Pedretti e non ha mai messo un freno a questa deriva. Anche la scelta di trasformare il Palazzo del Laterano in un vero e proprio museo è frutto di una idea del neocatecumenale e del suo team. Scelta che si è dimostrata un vero e proprio flop. “Per i soldi, questo e altro”, sussurrano, infastiditi, in Vicariato.
I vescovi erano praticamente assogettati ai capricci di un prete cremonese e neocatecumenale. “Dettava legga anche noi”, dice qualcuno. Vittima di questo gioco di potere fu proprio S.E.R. Mons. Gianpiero Palmieri che ha ricevuto il ben servito per Ascoli Piceno. A lui il Papa chiese di mettere al suo posto il Segretario Generale ma Palmieri non riuscì a far abbassare la cresta a quest’uomo. Nessun problema, ha detto il Papa. “Il Segretario generale sparirà”, si è sentito tuonare a Santa Marta.
Con un colpo di spugna, il Papa lo ha fatto fuori. Game over. Se non ci è riuscito De Donatis a mettere le cose a posto, è intervenuto direttamente colui che dal primo giorno si è subito detto “vescovo di Roma” e ha chiamato Roma la sua “comunità diocesana”. La novità più rilevante, infatti, è proprio quella che guida il Papa sin da subito: “eliminare Pedretti”. Nel nuovo testo, infatti, il Segretario Generale e il Papa dice chiaramente: “Il Vicegerente dirige gli uffici che compongono il Servizio della Segreteria Generale del Vicariato” (art.14). Come dire: “sia chiaro, il Vicegerente ora non si scontra più con nessuno”. Papa Francesco, pur non ritenendo essenziale creare il Vicegerente Arcivescovo (art. 14) gli concede tutti i poteri.
“Alla Chiesa di Roma è affidata la particolare responsabilità di accogliere la fede e la carità di Cristo trasmesse dagli Apostoli e di testimoniarle in modo esemplare”, specifica subito il Papa ricalcando le parole di Giovanni Paolo II.
L’intervento significativo è poi quello sul governo della diocesi del Papa, quella che presiede nella Carità. Francesco scrive: “I Vescovi Ausiliari sono miei Vicari episcopali e hanno potestà ordinaria vicaria nel Settore territoriale per cui sono stati da me nominati”. Potestà ordinaria vicaria. A ricalcare questa scelta, il Papa emette anche un decreto nel quale sceglie, personalmente, i settori a cui inviarli e gli incarichi specifici in cui godranno di “potestà ordinaria vicaria”.
Gli incarichi:
– S.E. Mons. Daniele Libanori, S.I., settore centro, ambito dell’educazione;
– S.E. Mons. Daniele Salera, settore nord, ambito della formazione cristiana;
– S.E. Mons. Riccardo Lamba, settore est, ambito della Chiesa ospitale e «in uscita», Servizio per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili;
– S.E. Mons. Dario Gervasi, settore sud, ambito per la cura delle età e della vita;
– S.E. Mons. Baldassare Reina, settore ovest, ambito dell’Amministrazione dei beni, ambito giuridico, servizio della Segreteria generale, Seminari;
– S.E. Mons. Paolo Ricciardi, ambito per la cura del diaconato, del clero e della vita religiosa, Ordo Virginum;
– S.E. Mons. Benoni Ambarus, ambito della Diaconia della Carità.
Le novità. Bergoglio Principe e Re
La seconda novità della Costituzione Apostolica, molto più importante per quanto riguarda l’organizzazione e il governo, è proprio questa potestà concessa ai vescovi ausiliari.
Recita la Costituzione: “I Vescovi Ausiliari per i Settori territoriali in cui è articolata la Diocesi di Roma, in forza della potestà ordinaria vicaria di cui godono prendono le opportune decisioni pastorali e amministrative riguardo al proprio territorio con attento discernimento e, dopo aver sentito il parere degli altri membri del Consiglio Episcopale, in accordo con il Cardinale Vicario, compiono gli atti amministrativi di loro competenza”.
Anche per la nomina dei nuovi parroci, il Papa entra in gioco e dice: “il Vescovo Ausiliare del Settore territoriale di sua competenza, dopo aver verificato le condizioni della parrocchia, le sue esigenze, e il lavoro svolto dal Parroco o dal Viceparroco da sostituire, ascoltato il Consiglio Pastorale parrocchiale interessato, relaziona al Consiglio Episcopale ove si procede al confronto riguardo ai presbiteri che nella Diocesi si ritengono adatti all’ufficio. Dei candidati debbono essere valutate anche le caratteristiche spirituali, psicologiche, intellettuali, pastorali, e l’esperienza compiuta nell’eventuale precedente servizio. Si dovrà, per questo, raccogliere il parere dei formatori, nel caso di candidati più giovani, e dei vescovi che ne conoscono la personalità e le esperienze pregresse. Il Cardinale Vicario, compiuto l’iter, mi sottopone per l’eventuale nomina i candidati all’ufficio di Parroco, e nomina i Viceparroci”.
Non solo Re ma anche principe, questo è sempre stato il problema di Francesco in questi 10 anni. In sostanza il Papa vuole controllare tutta la diocesi di Roma, oltre alla Chiesa Universale. Con la scarsità del clero in cui si trova anche la diocesi di Roma, il Pontefice vuole valutarne le “caratteristiche spirituali, psicologiche, intellettuali, pastorali, e l’esperienza compiuta nell’eventuale precedente servizio”.
Francesco ci tiene anche a specificare che “potesta ordinaria vicaria” non significherà un “se non me lo concede uno, me lo concede un altro”, ma all’articolo 17 scrive: “Per garantire una linea di amministrazione sana e prudente e il coordinamento tra le potestà ordinarie vicarie, quando concomitanti e concorrenti, afferenti a un determinato territorio, si applica ciò che è disposto dal can. 65 C.I.C.”.
Anche per i seminari non c’è pace. Il Papa chiede che, “in vista delle ordinazioni diaconali e presbiterali per la Diocesi di Roma”, sarà necessario“sottoporre al Consiglio Episcopale una relazione disposta dal Vescovo Delegato ai Seminari (proprio l’attuale Vicegerente), sentito il Rettore e l’équipe formativa del Seminario che ne ha curato la formazione. Il Cardinale Vicario mi sottopone i candidati per l’eventuale ammissione agli Ordini sacri, ottenuto il consenso del Consiglio Episcopale”.
Tutte le preoccupazioni, che ha sapientemente riferito ai seminaristi e preti presenti a Roma, ora Francesco le vuole verificare personalmente.
Francesco dice anche di voler presiedere il Consiglio Episcopale, il quale dovrà riunirsi tre volte al mese. Vi immaginate? Il Papa che presiede il Consiglio Episcopale che è “organo primo della Sinodalità” e “luogo apicale del discernimento e delle decisioni pastorali e amministrative riguardante la Diocesi e il Vicariato di Roma”. Fra poco vedremo i vescovi ausiliari dimettersi in massa? Sembra che al peggio non ci sia mai fine.
Anche al Cardinale Vicario, il quale diviene quasi un semplice titolo ormai, il Papa non le manda a dire. “Il Cardinale Vicario, scrive, nella sua funzione di coordinamento della pastorale diocesana agisce sempre in comunione con il Consiglio Episcopale”. Niente decisioni personali. O meglio, potrà farlo solo “dopo aver valutato la questione con me”. Sinodalità sì, solo se riguarda gli altri.
Con Angelo De Donatis il Papa è entrato più volte in conflitto. All’avvio del Sinodo ci fu un episodio imbarazzante. La diocesi di Roma aveva intrapreso un cammino di 7 anni che proponeva un confronto sul Kerigma per rilanciare la missione delle parrocchie. Nel 2018 era il terzo anno di riflessione, centrato sul primo annuncio. Il Papa, durante l’incontro consueto di inizio anno pastorale, scelse di convocare la diocesi in Vaticano ( e non andò a San Giovanni) e tenne un discorso molto duro. Il Papa disse: “La prima tappa del processo è quella che riguarda le singole Chiese diocesane. Ed è per questo che sono qui, come vostro Vescovo, a condividere, perché è molto importante che la Diocesi di Roma si impegni con convinzione in questo cammino. Sarebbe una figuraccia che la Diocesi del Papa non si impegnasse in questo, no? Una figuraccia per il Papa e anche per voi.”
Solitamente il vicario, durante questi incontri, siede alla destra del Papa. In quella occasione sedette fra tutti i vescovi. Tornati a San Giovanni dovettero riformare tutto. Figuriamoci se il Papa è disposto a fare “una figuraccia”, l’apparenza è tutto.
Stato di polizia
Sempre in perfetto stile Bergoglio, istituito anche lo stato di polizia. “Presso il Vicariato di Roma, scrive Francesco, è istituita come organo di controllo interno, una Commissione Indipendente di Vigilanza, con un proprio Regolamento da me approvato, composta da sei membri, da me nominati, di attestata competenza legale, civile e canonica, finanziaria e amministrativa, al di fuori di possibili conflitti di interesse, per la durata di un triennio, che una volta l’anno relazioni a me dopo essersi riunita a cadenza mensile, e aver verificato l’andamento amministrativo, economico e di lavoro del Vicariato. I membri della Commissione potranno essere riconfermati per un solo altro mandato, anche consecutivo”.
Davvero il Papa pensa di poter controllare tutto e poter entrare in tutto? In questi dieci anni abbiamo visto i risultati: occuparsi di tutto per non occuparsi di niente.
Fra le novità, viene eliminato anche il Tribunale di Appello. Anche per la Rota Romana sono dolori. Tutte le cause del Tribunale Ordinario della Diocesi di Roma, del Tribunale di Prima Istanza per le cause di nullità di matrimonio della Regione Lazio, dei Tribunali Regionali Campano e Sardo per le cause di nullità di matrimonio, dei Tribunali Diocesani delle Diocesi del Lazio, del Tribunale dell’Ordinariato Militare per l’Italia, del Tribunale della Prelatura Personale della Santa Croce e Opus Dei saranno trattate dalla Sacra Rota Romana.
Il decreto specifica che al Vicegerente non spettano solo tutti i poteri concessi con la nuova Costituzione ma sarà anche Preposto del Palazzo Apostolico Lateranense. Per questo compito, Francesco ha scelto S.E.R. Mons. Baldassare Reina. Lo sguardo di Francesco su questo sacerdote era già caduto a maggio 2022 quando lo scelse come ausiliare di Roma. La nomina destò stupore perchè il prete apparteneva all’Arcidiocesi di Agrigento e non era romano.
Tutto torna, però. Il Papa ha sempre chiamato qualcuno di esterno per poter risolvere un problema. Questa scelta ha un lato positivo, ovvero il distacco necessario da quella realtà per chi arriva da lontano. Altresì, ne ha uno negativo, ovvero i rischi sono molti perchè si rischia di mettere persone completamente estranee, che non conoscono e quindi hanno poca destrezza con il problema.
Francesco sembra abbia ritenuto sufficienti i mesi che Reina ha passato a Roma. Oggi lo ha scelto come suo Vicegerente ed ausiliare (anche questa una novità). Questa scelta è stata comunicata a Reina dallo stesso Pontefice già qualche mese fa.
Il nuovo Vicegerente ha ricevuto anche l’ordine del suo vescovo di “verificare e sottoporgli gli eventuali nuovi statuti e i regolamenti inerenti: l’Opera Romana Pellegrinaggi, la Caritas, l’Opera Romana Preservazione della Fede, le Fondazioni, le Confraternite, le Arciconfraternite e gli Enti collegati al Vicariato”.
Con il decreto odierno il Vescovo di Roma poi dispone: “I Direttori degli Ufficio, i membri del Consiglio per gli Affari Economici e del Collegio dei Consultori sono prorogati donec aliter provideatur”
Insomma, il Papa ha preso in mano le redini del Vicariato ed ora ci sarà da ridere (o da piangere).
F.P.
Silere non possum