Città del Vaticano - In questa Domenica delle Palme, è stato pubblicato un nuovo decreto del Dicastero per il Clero che aggiorna e chiarisce la disciplina della Chiesa riguardo alle offerte per la celebrazione delle Messe, con particolare attenzione alla prassi delle cosiddette "intenzioni collettive".
Il decreto, approvato in forma specifica da Papa Francesco e promulgato oggi, entrerà ufficialmente in vigore il prossimo 20 aprile, Domenica di Pasqua. Si tratta di un testo che rinnova alcune norme già previste nel decreto Mos iugiter del 1991, alla luce delle mutate esigenze pastorali e delle osservazioni maturate in oltre trent’anni di esperienza.
Il senso dell’offerta per la Messa
Il documento ribadisce innanzitutto il significato spirituale e pastorale dell’antica prassi di offrire un’elemosina in occasione della celebrazione di una Messa per una determinata intenzione. L’offerta non rappresenta un “prezzo” per acquistare qualcosa di sacro, bensì un gesto di partecipazione al sacrificio eucaristico e di sostegno concreto alla vita della Chiesa e dei suoi ministri. Questa consuetudine — si legge nel decreto — non solo è stata sempre approvata dalla Chiesa, ma viene anche promossa come un’opportunità per i fedeli di unirsi più profondamente a Cristo e di sostenere materialmente la comunità ecclesiale.
Intenzioni collettive: novità e regole più chiare
Una delle novità più significative riguarda la disciplina delle Messe con più intenzioni, dette "collettive". Sebbene la prassi tradizionale della Chiesa richieda che ad ogni singola offerta corrisponda una Messa distinta, le difficoltà dovute alla carenza di sacerdoti e alla grande quantità di richieste da parte dei fedeli hanno reso necessario, già dal 1991, prevedere eccezioni.
Il nuovo decreto conferma che le Messe "collettive" sono ammesse, ma solo a precise condizioni:
- Tutti gli offerenti devono essere informati in anticipo e devono esprimere consenso esplicito.
- In assenza di consenso esplicito, si presume sempre che l’offerta sia destinata a una Messa individuale.
- Il sacerdote che celebra la Messa può trattenere per sé l’offerta di una sola intenzione, mentre le altre andranno alla comunità ecclesiale, secondo modalità stabilite.
- I Vescovi dovranno vigilare perché rimanga sempre garantita, laddove possibile, la celebrazione di Messe per intenzioni singole.
Inoltre, il decreto vieta di raccogliere offerte per semplici "intenzioni di preghiera" durante celebrazioni della Parola o momenti della liturgia, senza che queste siano realmente applicate in una Messa.
Giustizia, trasparenza e formazione dei fedeli
Il testo mette in luce due principi chiave: la giustizia verso gli offerenti (ossia mantenere l’impegno preso dal sacerdote di celebrare la Messa secondo l’intenzione per cui è stata fatta l’offerta) e l’evitare in ogni modo anche solo l’apparenza di "commercio" di cose sacre.
Per questo motivo, viene riaffermato l’obbligo per i sacerdoti e per le parrocchie di registrare scrupolosamente le Messe, le offerte ricevute e le intenzioni, garantendo così trasparenza. Ai Vescovi e agli altri pastori viene richiesto di istruire clero e fedeli sul significato di queste norme, e di contrastare con fermezza eventuali abusi.
Solidarietà tra Chiese e attenzione ai più poveri
Un altro aspetto importante del decreto riguarda la destinazione delle offerte: viene incoraggiata la prassi di inviare le intenzioni di Messa in esubero, insieme alle relative offerte, alle diocesi più povere e ai Paesi di missione, così da favorire la solidarietà tra comunità ecclesiali. Sembra che il Dicastero non sia consapevole del fatto che anche in Italia il clero può essere considerato alla stregua dei Paesi di missione, viste le difficoltà economiche che sembrano non interessare Santa Marta.
Inoltre, il decreto richiama i sacerdoti a essere sempre disposti a celebrare Messe per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei più poveri, anche senza ricevere alcuna offerta, come espressione di carità pastorale.
Alcune riflessioni
Il Dicastero per il Clero ha previsto che, trascorsi dieci anni dall’entrata in vigore, sarà avviata una verifica per valutare l'efficacia delle norme e la loro applicazione concreta, con la possibilità di ulteriori aggiornamenti.
Siamo consapevoli che questo documento, diffuso in modo pubblico, verrà utilizzato dalla stampa per sottolineare la necessità di un intervento della Santa Sede volto a contenere alcune derive. Tuttavia, riteniamo che il vero problema sia altrove. Ancora una volta, la Santa Sede interviene su questioni delicate con modalità che appaiono anacronistiche e distanti dalla realtà concreta vissuta nelle comunità.
In Europa, ad esempio, si assiste a un progressivo calo di richieste per la celebrazione delle Sante Messe, sia per i defunti che per i vivi. In molti casi, le persone non sono neppure consapevoli che si possa celebrare una Messa per i vivi. In molti casi qualcuno si chiede: "Se il Papa dice che l'inferno è vuoto, che senso ha celebrare Messe per i morti?" Come dargli torto.
Allo stesso tempo, sempre più sacerdoti si trovano in difficoltà economiche. Per i presbiteri diocesani, lo stipendio legato al sostentamento del clero è spesso insufficiente; lo stesso vale per i religiosi, che devono contare sul sostegno economico delle loro comunità. I costi da affrontare, insieme alle richieste di aiuto che molti sacerdoti ricevono quotidianamente, superano di gran lunga le possibilità offerte dalle attuali forme di sostegno.
Sì, esistono abusi nella pratica delle intenzioni di Messa, e non va negato che alcuni preti cerchino in esse un modo per “fare cassa”. Ma si tratta di una minoranza. È fondamentale però domandarsi: chi sono questi sacerdoti? Spesso si tratta di preti che operano ai margini del sistema ecclesiale, chierici vaganti che vivono fuori dalla diocesi perchè gli è fatto divieto di farvi rientro e formalmente assegnati come vicari parrocchiali in realtà periferiche, oppure parroci in località isolate che poi si ritrovano presenti a eventi pubblici per l'Ucraina o addirittura a Roma con i Reali inglesi, senza alcun intervento dei loro vescovi. Sono, in molti casi, figure che si muovono liberamente, senza una vera supervisione pastorale. Ed è proprio per contrastare situazioni del genere che il Codice di Diritto Canonico, con saggezza, aveva introdotto norme contro il fenomeno dei chierici vaganti.
Al tempo stesso, però, non possiamo ignorare che per molti sacerdoti l’offerta per la celebrazione della Messa rappresenta oggi una fonte essenziale di sostegno economico. Come chiarisce il decreto stesso, non si tratta di “pagare” un sacramento, ma di sostenere chi lo celebra. Va inoltre ricordato che l’offerta media – solitamente dieci euro per una Messa – ha un valore più simbolico che reale, soprattutto se si considera che molti sacerdoti percorrono decine di chilometri con la propria auto per raggiungere i luoghi di celebrazione, sostenendo costi significativi. In conclusione, il rischio è che, nel tentativo di arginare pochi casi limite, si finisca per fomentare i laici contro quella stragrande maggioranza dei sacerdoti, che ogni giorno svolgono il proprio ministero con dedizione, tra mille difficoltà e con sempre minori risorse a disposizione.
p.L.C.
Silere non possum