Città del Vaticano - Questa mattina, nella Sala Clementina, Papa Leone XIV ha ricevuto in udienza i moderatori delle associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità. L'incontro, promosso dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, ha offerto al Pontefice l'occasione per rivolgere un discorso ricco, articolato e profondamente pastorale, che ha messo in luce la sua attenzione sincera e partecipe verso queste realtà, spesso luoghi nei quali avvengono abusi d'autorità e narrazioni distanti dal cammino ecclesiale comune.
Un discorso strutturato e profondo
Il Papa ha esordito con parole di gratitudine e incoraggiamento, ringraziando i presenti per il loro servizio di guida e animazione, riconoscendo quanto esso sia spesso gravoso ma essenziale per la vita ecclesiale. Non si è trattato di un elogio formale, bensì dell’introduzione a una riflessione strutturata attorno a tre grandi assi portanti: il valore della vita associativa e dei carismi, l’importanza dell’unità, e la centralità della missione.
Il dono dei carismi e la vita associativa
Leone XIV ha distinto le due principali matrici delle aggregazioni ecclesiali: quelle nate dalla volontà di associarsi per fini apostolici o caritativi, e quelle sorte da un carisma fondativo. In entrambe ha riconosciuto una dimensione fondamentale della Chiesa, sottolineando che “nessuno è cristiano da solo” e ricordando con le parole di Sant’Agostino che il popolo di Dio è “tempio di Dio, non come singoli ma insieme”.
In una Chiesa spesso attraversata da tensioni tra istituzione e spontaneità carismatica, Leone XIV ha riaffermato con decisione che i doni gerarchici e i doni carismatici sono coessenziali alla costituzione divina della Chiesa, facendo eco al magistero del Concilio Vaticano II e al pensiero di San Giovanni Paolo II. I carismi, ha detto, servono perché la grazia sacramentale trovi terreno fertile, risvegliando nel cuore dei fedeli la sete dell’incontro con Cristo.
Unità e missione: due priorità
Due sono le priorità che il Papa ha chiesto a tutti di abbracciare con generosità: l’unità e la missione.
L’unità, ha detto, è un’opera dello Spirito e si fonda in Cristo stesso. È un cammino di comunione da vivere non solo all’interno del proprio movimento o comunità, ma anche nella relazione con i Pastori, con le altre realtà ecclesiali, e nel servizio al prossimo. Le realtà carismatiche sono chiamate a essere “lievito di comunione e fraternità” in un mondo ferito dalla discordia. Quanto alla missione, Leone XIV ha parlato in prima persona, confidando che essa ha plasmato la sua vita spirituale. Ha riconosciuto nel dinamismo missionario dei movimenti un potenziale prezioso per l’evangelizzazione, soprattutto in contesti lontani o difficili. Ha esortato a tenere vivo lo slancio missionario, a investire talenti ed energie, a mettersi in ascolto della realtà odierna con le sue sfide.
Al centro: Gesù Cristo
Il Papa ha concluso con un appello chiaro e appassionato: tenere sempre al centro Gesù Cristo. I carismi, ha ricordato, non sono fine a sé stessi, ma strumenti per facilitare l’incontro con il Signore, per crescere nella fede e nell’umanità. Ha richiamato la logica evangelica dello “spogliarsi di sé per arricchire gli altri”, come Cristo stesso ha fatto: un invito alla libertà e alla gioia autentica.
Uno stile di governo pastorale
Questo primo incontro con i moderatori delle aggregazioni ecclesiali offre uno spaccato emblematico dello stile di governo pastorale di Leone XIV: un Pontefice che non teme la varietà, che riconosce la fecondità dei carismi, ma che al tempo stesso richiama con forza al principio di comunione, all’obbedienza alla Chiesa, e alla finalità missionaria di ogni dono ricevuto. È una Chiesa viva quella che Leone XIV desidera e serve, una Chiesa nella quale i carismi non competono con l’istituzione, ma la nutrono, la fecondano, la rinnovano dall’interno.
In questo senso, il discorso odierno di Leone XIV non si limita a un gesto di benevolenza, ma traccia una chiara linea pastorale: ogni realtà ecclesiale è chiamata a custodire con fedeltà il carisma ricevuto, facendone un dono per tutta la Chiesa, da vivere nell’unità e nell’annuncio coraggioso e creativo del Vangelo. L’esortazione del Papa è altrettanto netta: evitare ogni forma di autoreferenzialità. Nessun gruppo deve chiudersi nella propria cerchia, quasi fosse una setta spirituale, ma piuttosto aprirsi al dialogo e alla collaborazione con le parrocchie, con i pastori e con le altre realtà ecclesiali. Il rischio, infatti, è quello di restare ai margini della vita della Chiesa, come se il corpo ecclesiale fosse un contenitore troppo angusto per le proprie ispirazioni. Ma non è questo il disegno originario: fu proprio San Giovanni Paolo II a riconoscere in questi movimenti una forza di comunione e rinnovamento, pensati per rafforzare l’unità del popolo di Dio, non per frammentarla.
Una parola, quella del Papa, paterna, ma anche chiara e capace di orientare. E forse, di sanare.
s.E.R.
Silere non possum