Città del Vaticano - Questa mattina la Santa Sede ha reso pubblico un motu proprio firmato da Leone XIV il 19 novembre 2025, con cui il nuovo Pontefice modifica la Legge Fondamentale dello Stato della Città del Vaticano del 13 maggio 2023, intervenendo in modo diretto sulla composizione della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano. La norma pubblicata oggi abroga l’articolo 8, n. 1, e lo sostituisce con un testo che consente la presidenza di membri nominati dal Papa che non siano necessariamente cardinali.

Tecnicamente si tratta di un aggiustamento legislativo; nella sostanza, è la conferma di ciò che Silere non possum aveva denunciato fin dal gennaio scorso: la nomina di suor Raffaella Petrini a Presidente del Governatorato non era compatibile con la legge vigente. Oggi emerge che quella modifica di Francesco, annunciata dalla Sala Stampa il 25 febbraio mentre il pontefice argentino entrava ed usciva dal Gemelli, non esisteva.

La nomina di Petrini del 15 febbraio: un atto incompatibile con la legge in vigore

Il 15 febbraio 2025, un mese dopo che Bergoglio annunciò la nomina in diretta televisiva a Che Tempo che fa, veniva annunciato che Francesco aveva nominato suor Raffaella Petrini Presidente della Pontificia Commissione e del Governatorato. Ma l’articolo 8 della Legge Fondamentale prevedeva che il Presidente fosse un cardinale. La nomina di una religiosa era giuridicamente impensabile.

Silere non possum, in totale solitudine, documentò che si trattava di una violazione dello stato di diritto, l’ennesimo strappo istituzionale compiuto da un monarca che agiva come un despota. Il silenzio fu generale, soprattutto da parte dei giornalai a libro paga a Santa Marta, gli stessi che Bergoglio riceveva per firmare libri, garantire interviste esclusive e altre cortesie mediatiche. La Segreteria di Stato reagì precipitosamente confezionando il comunicato del 25 febbraio nel tentativo di “coprire” l’atto. Quel comunicato – oggi lo si può affermare senza esitazioni – dichiarava il falso.

La comunicazione del 25 febbraio: un annuncio senza testo normativo

Il 25 febbraio 2025 la Sala Stampa dichiarava che Francesco aveva modificato la Legge Fondamentale del 2023 e la Legge n. CCLXXIV del 2018 e nominava Mons. Emilio Nappa e l’Avv. Giuseppe Puglisi-Alibrandi, come Segretari Generali del Governatorato, attribuendo a suor Raffaella Petrini — indicata come nuova Presidente — la facoltà di distribuire competenze.

La nota del 25 febbraio era chiara nel linguaggio, ma mancava dell’essenziale: la legge. La Sala Stampa, infatti, parlò di una modifica normativa mai promulgata, mai pubblicata nel Cortile San Damaso, mai pubblicata su L’Osservatore Romano, mai inserita negli Acta Apostolicae Sedis. Silere non possum lo disse il giorno stesso: senza pubblicazione, la legge non esiste.

Nessun altro volle affrontare il tema per non disturbare il potente di turno. Del resto, quanto avvenuto nelle ultime ore è indicativo. Alcune firme del panorama para vaticano – come Franca Giansoldati, che poverina soffre di cistite a motivo di coloro che mettono in luce la sua scarsa accuratezza professionale – durante il precedente pontificato salivano fino al terzo piano della Fabbrica di San Pietro per osannare il cardinale Mauro Gambetti, producendo articoli modellati sulle sue necessità. Oggi, però, quegli stessi ambienti sono improvvisamente diventati scomodi e chi li aveva esaltati ora prende le distanze, come se nulla fosse. È il destino del giornalismo che si piega al potente di turno: quando cambia il potente, il cane si gira e ti morde. Speriamo almeno che Giansoldati guarisca presto e trovi maggiore lucidità professionale.

Il motu proprio di oggi: Leone XIV costretto a riparare un’irregolarità

Il motu proprio firmato da Leone XIV il 19 novembre, e pubblicato solo oggi, interviene proprio sull’articolo 8.

Il precedente testo recitava: «1. La Pontificia Commissione è composta da Cardinali, tra cui il Presidente, e da altri membri, nominati dal Sommo Pontefice per un quinquennio.

2. In caso di assenza o impedimento del Presidente, la Pontificia Commissione è presieduta dal primo dei Cardinali Membri con maggiore anzianità di nomina e poi di età». Oggi il comma uno è stato sostituito: «La Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano è composta da Cardinali e da altri membri, tra cui il Presidente, nominati dal Sommo Pontefice per un quinquennio».

Questa frase, da sola, risolve il problema: la legge precedente non permetteva un Presidente che non fosse cardinale.

Se oggi occorre modificare la norma, significa che fino a oggi la nomina era giuridicamente irregolare. E qui emerge il nodo politico-ecclesiale: in questi mesi Leone XIV è stato costretto a intervenire più volte perché le incongruenze normative lasciate in eredità sono numerose. Alcune vengono rese note, altre vengono corrette con discrezione per evitare ulteriori scosse mediatiche. È uno stile sobrio, quello del nuovo Pontefice, che i giornalai contestano solo perché non offre loro occasioni di profitto e visibilità. Su questo torneremo nelle prossime ore.

La conferma ufficiale della denuncia: la legge non c’era

Le persone vicine al Papa morente avevano già allora riferito a Silere non possum che né la firma né la legge esistevano. Questo dettaglio getta una luce inquietante sull’intero pontificato di Francesco, caratterizzato da motu proprio firmati e poi occultati, da accessi informali a Santa Marta capaci di far approvare qualsiasi cosa senza controlli.

È in questo contesto che si colloca la figura di Stefano De Santis, impegnato non solo nel dossieraggio su sacerdoti e vescovi per conto del Papa, ma anche nel far circolare atti da firmare che permettessero alla Gendarmeria e al Promotore di Giustizia di agire senza limiti.

Lo stesso schema si ripeteva con Renato Tarantelli, che portava documenti alla firma di Bergoglio e il Papa, senza leggerli, li sottoscriveva. Da un giorno all’altro saltavano incarichi, venivano ritoccate strutture amministrative, partivano bonifici e valigette di contanti. A Santa Marta regnava un disordine strutturale, alimentato da improvvisazione, opacità e assenza di controlli reali. Oggi, con il motu proprio di Leone XIV, la conferma diventa pubblica. La Sala Stampa della Santa Sede, il 25 febbraio, ha dichiarato il falso in un documento ufficiale. È un fatto gravissimo: non un errore materiale, ma un tentativo di presentare come vigente una norma inesistente per giustificare un atto dispotico del Pontefice.

Le macerie da raccogliere

Leone XIV, canonista e uomo dotato di criterio e discernimento, si trova a ereditare un sistema istituzionale che negli ultimi anni ha funzionato secondo logiche tutt’altro che giuridiche. E a protestare oggi contro il ritorno alla normalità – testi preparati con cura, parole pesate, incontri sobri, momenti di preghiera, scarsa esposizione mediatica, assenza di teatrini comunicativi – sono proprio coloro che hanno tratto vantaggio dal precedente clima di opacità: un ambiente in cui corruzione, manipolazioni e pressioni riuscivano a orientare il Papa, fino a mettere a rischio la stessa struttura della Santa Sede e della Chiesa cattolica, colpite, un giorno sì e l’altro pure, da decisioni estemporanee e da uscite pubbliche del Pontefice di allora.

Il motu proprio non è soltanto un intervento normativo: rappresenta uno dei grandi passi dell’opera di bonifica avviata da Leone XIV. E il fatto che il Papa lo abbia firmato “per necessità”, unicamente per correggere un errore ereditato, emerge anche dalla scelta di non abrogare il comma 2.
Leone XIV ha perfettamente chiara la distinzione tra ministero ordinato, battesimo e vita religiosa
; conosce la struttura gerarchica della Chiesa, la rispetta e non intende stravolgerla.

Leone XIV comincia a sistemare i pezzi. Ma il quadro che emerge — fra comunicati falsi, atti mancati e coperture giornalistiche — è quello di un governo che ha scelto l’arbitrio alla trasparenza. E Prevost è consapevole che se questa è la macchina che ha accompagnato Bergoglio, è l’ora di cambiarla. Al più presto.

d.E.P.
Silere non possum