«A San Giuseppe Calasanzio il Signore ha ispirato di dedicare la vita all’educazione dei giovani, specialmente dei piccoli e dei poveri, come loro “angelo custode”, per usare l’espressione con cui Egli stesso amava definire la missione del “maestro”. “Angelo custode”, è bello! E voi continuate la sua opera, che nel frattempo, lungo i secoli, si è diffusa in ben quattro continenti. Vorrei perciò sottolineare, in questa felice occasione, due aspetti delle vostre origini che ritengo importanti per voi e per il vostro futuro: il primo aspetto, la docilità coraggiosa alla Provvidenza; il secondo aspetto, la cura per la crescita integrale della persona». Lo ha detto Papa Francesco ai religiosi della Famiglia Calasanziana, in occasione del 75° anniversario di fondazione. Alzando lo sguardo dai fogli che aveva in mano, il Pontefice si è poi rivolto ai calasanziani dicendo: «Il vostro Fondatore, di famiglia agiata, destinato probabilmente a una “carriera ecclesiastica” – questo termine mi fa schifo dobbiamo mandarlo via». La Sala Stampa della Santa Sede ha censurato il Papa scrivendo: «questo termine che mi ripugna e che andrebbe abolito».
Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!
Sono contento di incontrarvi in occasione del 75° anniversario della Famiglia Calasanziana, che vi riunisce nel carisma educativo del Patrono universale di tutte le scuole popolari cristiane, San Giuseppe Calasanzio, e anche in vista del centenario della morte di due dei vostri fondatori, San Faustino Míguez e la Beata Celestina Donati.
A San Giuseppe Calasanzio il Signore ha ispirato di dedicare la vita all’educazione dei giovani, specialmente dei piccoli e dei poveri, come loro “angelo custode”, per usare l’espressione con cui Egli stesso amava definire la missione del “maestro”. “Angelo custode”, è bello! E voi continuate la sua opera, che nel frattempo, lungo i secoli, si è diffusa in ben quattro continenti. Vorrei perciò sottolineare, in questa felice occasione, due aspetti delle vostre origini che ritengo importanti per voi e per il vostro futuro: il primo aspetto, la docilità coraggiosa alla Provvidenza; il secondo aspetto, la cura per la crescita integrale della persona.
Primo: la docilità coraggiosa alla Provvidenza. Il vostro Fondatore, di famiglia agiata, destinato probabilmente a una “carriera ecclesiastica” – termine che mi ripugna e che andrebbe abolito –, venuto a Roma con incarichi di un certo livello, non ha esitato a stravolgere programmi e prospettive della sua vita per dedicarsi ai ragazzi di strada incontrati in città. Così sono nate le Scuole Pie: non tanto per un piano predefinito e garantito, quanto per il coraggio di un bravo prete che si è lasciato coinvolgere dalle necessità del prossimo, là dove il Signore gliele ha poste davanti. Questo è molto bello, e io vorrei invitare anche voi a mantenere, nelle vostre scelte, la stessa apertura e la stessa prontezza, senza calcolare troppo, vincendo timori e titubanze, specialmente di fronte alle tante nuove povertà dei nostri giorni (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 210). Le nuove povertà. Sarebbe bello che uno di questi giorni, nella vostra riunione, cercaste di descrivere le nuove povertà, quali sono le nuove povertà. Non temete di avventurarvi, per rispondere ai bisogni dei poveri, in sentieri diversi da quelli già battuti nel passato, anche a costo di rivedere schemi e di ridimensionare aspettative. È in questo abbandono fiducioso che affondano le vostre radici, e rimanendo fedeli ad esse manterrete vivo il vostro carisma.
Secondo aspetto: la cura per la crescita integrale della persona. La grande novità della Scuole Pie era di insegnare ai giovani poveri, assieme alle verità della fede, anche le materie di istruzione generale, integrando formazione spirituale e intellettuale per preparare adulti maturi e capaci. È stata una scelta profetica a quei tempi, pienamente valida anche adesso. A me piace parlare, in proposito, di fare unità, nella persona, tra le “tre intelligenze”: quella della mente, quella del cuore e quella delle mani – le mani sono intelligenti! – e così noi possiamo fare con le mani quello che si sente e si pensa, sentire quello che si pensa e si fa, pensare quello che si sente e si fa. Le tre intelligenze. Oggi è molto urgente aiutare i ragazzi a fare questo tipo di sintesi, unità armonica delle tre intelligenze, a “fare unità” in sé stessi e con gli altri, in un mondo che li spinge invece sempre più nella direzione della frammentarietà nei sentimenti e nelle cognizioni e dell’individualismo nelle relazioni.
E a questo proposito, insistere sulle relazioni “normali”, guardandosi negli occhi, e non le relazioni virtuali tramite il telefonino. Mi diceva un vescovo che sono venuti i cugini e lo hanno invitato a pranzo in un ristorante una domenica, e al tavolo accanto c’era una famiglia: papà, mamma, figlio e figlia, tutti e quattro con i telefonini, tra loro non parlavano. Il vescovo, molto imprudente, si è alzato, si è avvicinato e ha detto: “Ma, guardate, siete una bella famiglia, perché parlate con il telefonino? Perché non parlate tra voi che è molto più bello?”. Lo hanno sentito, lo hanno “mandato a quel paese” e hanno continuato a parlare così. È terribile questo, una mancanza di umanità. Le tre intelligenze. Questo è importante, che i ragazzi facciano questa unità in sé stessi, con gli altri e con il mondo. Lo stile educativo integrale è un “talento carismatico” importantissimo che Dio vi ha affidato, perché lo mettiate a frutto al meglio delle vostre capacità per il bene di tutti.
Carissimi, vorrei concludere sottolineando un ultimo aspetto positivo della vostra presenza qui: il camminare insieme. Mi fa davvero molto piacere vedere come tutti voi – uomini e donne, consacrati, consacrate e laici – in ascolto dello Spirito, avete sentito l’esigenza di “fare famiglia”, di unire i vostri sforzi e di condividere le vostre esperienze in una rete di carità, per il servizio dei fratelli (cfr Esort. p. Christus vivit, 222). È lo stile di Gesù (cfr Mc 3,14-15; Mt 18,20), ed è anche lo stile della Chiesa (cfr Cost. dogm. Lumen gentium, 7; Cost. past. Gaudium et spes, 92). Grazie per questo e per tutto ciò che fate. Vi benedico di cuore e vi chiedo di pregare per me.