Londra - La notizia segna un passaggio storico: per la prima volta l’arcivescovo di Canterbury sarà una donna. La scelta è caduta su Sarah Mullally, attuale vescovo anglicano di Londra, nominata da Sua Maestà il Re come 106ª Arcivescovo di Canterbury.

Si tratta di un evento di grande rilievo per la Comunione anglicana, ma che assume un significato complesso e non privo di ricadute sul piano ecumenico. In particolare, rischia di accentuare la distanza con la Chiesa cattolica, che ribadisce l’impossibilità di conferire l’ordine sacro alle donne, non per semplice scelta disciplinare, ma perché tale esclusione appartiene alla volontà di Cristo stesso.

Un percorso insolito: da infermiera a vescova

Nata a Woking nel 1962, Sarah Mullally non proviene da una carriera accademica o clericale tradizionale. Prima della sua ordinazione, avvenuta nel 2001, ha lavorato come infermiera nel National Health Service (NHS), con una specializzazione in oncologia. È stata caposala al Westminster Hospital e, a soli 37 anni, nominata Chief Nursing Officer for England, la più giovane persona a ricoprire questo ruolo, cuore della politica sanitaria nazionale. L’esperienza nel settore medico ha marcato profondamente la sua identità: lei stessa ha definito la professione infermieristica come «un’opportunità per riflettere l’amore di Dio». Non a caso, la sua scelta di diventare sacerdotessa anglicana è maturata proprio durante quegli anni, conducendola ad abbandonare la carriera governativa nel 2004, per dedicarsi pienamente al suo ruolo. Negli anni successivi ha ricoperto incarichi sempre più rilevanti: Canon Treasurer della Cattedrale di Salisbury, vescova suffraganea di Crediton, e infine, nel 2018, prima donna vescova di Londra, uno dei ruoli più prestigiosi della Chiesa d’Inghilterra.

La sua nomina ad arcivescovo di Canterbury avverrà formalmente con la conferma dell’elezione a gennaio 2026, seguita dall’intronizzazione a marzo nella storica cattedrale.

Ruolo e responsabilità dell’Arcivescovo di Canterbury

L’arcivescovo di Canterbury non è solo il primate della Chiesa d’Inghilterra, ma anche il leader spirituale della Comunione anglicana mondiale, che raccoglie circa 85 milioni di fedeli in 165 Paesi. È un ruolo dunque non soltanto nazionale, ma globale. Egli esercita una funzione pastorale e simbolica: rappresenta l’unità degli anglicani, presiede i grandi momenti di consultazione della Comunione e partecipa al dibattito politico come uno dei Lords Spiritual della Camera dei Lord. La scelta di Sarah Mullally, oltre a segnare una novità inedita per la tradizione anglicana, riflette anche l’intenzione della Chiesa d’Inghilterra di dare continuità alla strada aperta da decenni, che ha visto progressivamente l’ammissione delle donne al sacerdozio (1994) e all’episcopato (2014). Un vero e proprio dramma e un non senso che vede la Chiesa d’Inghilterra seguire le logiche del mondo piuttosto che quelle di Dio.

Un passo indietro per l’ecumenismo?

Se per molti fedeli anglicani la nomina è motivo di orgoglio, per altri rappresenta un motivo di ulteriore divisione. La questione dell’ordinazione femminile è stata infatti uno degli elementi di maggiore frattura interna e continua a segnare linee di tensione con le province anglicane più conservatrici, soprattutto in Africa e Asia. Ma lo sguardo inevitabilmente si rivolge anche a Roma. La Chiesa cattolica, in continuità con una tradizione che essa stessa considera di origine apostolica, ribadisce che il sacerdozio ministeriale non può essere conferito alle donne. San Giovanni Paolo II, nella Ordinatio sacerdotalis(1994), dichiarò che «la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale». Una posizione che Benedetto XVI, Francesco e Leone XIV hanno più volte ribadito. In questo contesto, la nomina di Sarah Mullally come arcivescovo di Canterbury, pur essendo una scelta autonoma e interna alla Chiesa anglicana, viene inevitabilmente percepita come un ulteriore ostacolo al cammino ecumenico. Non si tratta solo di una differenza teologica, ma di una divergenza che tocca l’essenza stessa del ministero ordinato e la visione della sacramentalità. Se per gli anglicani il sacerdozio femminile è ormai un dato acquisito, per i cattolici resta una questione non negoziabile.

Le dichiarazioni ufficiali

Nell’accettare la nomina, Sarah Mullally ha dichiarato di voler servire con «lo stesso spirito di servizio a Dio e agli altri» che l’ha accompagnata fin dall’inizio della sua vocazione. Ha parlato di ascolto, di unità e di speranza, senza accenni polemici, ma con la consapevolezza della responsabilità che l’attende.

La Crown Nominations Commission, che ha guidato il processo di selezione, ha sottolineato di aver condotto un discernimento lungo e condiviso, ascoltando la voce di migliaia di fedeli. Anche il Segretario Generale della Comunione Anglicana, Anthony Poggo, ha invitato a pregare per la nuova arcivescova, chiedendo «saggezza e discernimento» per un ministero che si preannuncia impegnativo.

Le sfide future

L’episcopato di Sarah Mullally si troverà davanti a sfide considerevoli.

All’interno della Chiesa d’Inghilterra, dovrà tenere insieme posizioni spesso inconciliabili: da una parte le aperture verso le coppie dello stesso sesso e l’inclusione delle donne, dall’altra le resistenze delle ali più tradizionaliste.
Nella Comunione anglicana mondiale, dovrà cercare di evitare una frattura definitiva tra le province “progressiste” e quelle “conservatrici”, che da anni minacciano scismi.
Nel dialogo ecumenico con Roma, sarà difficile nascondere la contraddizione tra la sua stessa persona e l’impossibilità cattolica di riconoscere validità all’ordinazione femminile. L’unità dei cristiani, obiettivo condiviso da secoli di dialogo, rischia di sembrare sempre più lontana.

P.F.
Silere non possum