«La carità non avrà mai fine» scriveva San Paolo ai Corinzi. Seguendo il comando evangelico di Gesù - «Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi» Mt 25, 35 - la Chiesa ha sempre assistito i carcerati all'interno degli istituti penitenziari. Come è emerso durante l'incontro fra direttori delle carceri e vescovi che si è svolto a Caravaggio il 28 novembre 2024, molte volte chi è detenuto trova sollievo solo nelle parole e nella visita di un sacerdote, di un religioso o di una religiosa.
Gli eventi che hanno visto l'avvocato di Filippo Turetta vittima di intimidazioni e minacce in queste ore ci fanno comprendere come, in Italia, ci sia una visione malata della difesa e della funzione riabilitativa della pena. Questa visione è fomentata anche da un clima di sospetto - alimentato dagli stessi organi inquirenti - nei confronti di coloro che prestano la loro opera di assistenza ai detenuti. Nel panorama odierno, infatti, sembra che quelle persone che sono all'interno degli istituti penitenziari per reati ritenuti più gravi anche socialmente (pedofilia, omicidi, associazione a delinquere di stampo mafioso) non abbiano anch'essi bisogno di una assistenza da parte di una religiosa per poter comprendere il proprio errore, convertirsi e poter iniziare a collaborare con la giustizia, si auspica per alcuni reati specifici.
Oggi, invece, purtroppo chi assiste queste persone viene accusato di essere complice. Se assistiamo e ci prendiamo cura, al fine di recuperarli, di coloro che sono accusati di pedofilia veniamo accusati di "coprire i pedofili"; se assistiamo e prestiamo la nostra cura ad un mafioso, veniamo accusati di concorrere nel reato. In questi mesi sono già diversi i casi in cui un cappellano è stato accusato di aver "aiutato a far fuori uscire delle comunicazioni" dal carcere ed una religiosa di essere stata "tramite" per comunicazioni di tipo mafioso. Uno è stato sospeso dal suo incarico, l'altra addirittura è stata attinta dalla misura cautelare degli arresti domiciliari. La misura cautelare, inoltre, è - come dice il termine stesso - un provvedimento che viene adottato dall'Autorità Giudiziaria prima ancora che si celebri il processo. Nonostante i giornali diano le persone già per colpevoli, facendo il gioco delle Procure che trasmettono queste notizie come grandi conquiste (medesime procure che hanno Pasquale Striano che compie accessi abusivi ai sistemi per vendere le notizie), è bene ricordare che le persone sono innocenti fino a sentenza passata in giudicato.
Ciò che preoccupa, in sostanza, è che assistere i carcerati rischia di diventare una colpa. «Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli» diceva Gesù.
Molti di noi compiono il loro volontariato o lo stesso ministero in carcere. Proprio perché ci verrebbe da rispondere al Signore: «Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?» Oggi, in un mondo in cui se gli accusati vestono un abito o portano un velo la notizia è ancora più succulenta, non si può far altro che raccogliere queste parole del Signore e comprendere che questo è il nostro martirio. Non sono più i tempi delle impiccagioni fisiche in piazza, ma avviene tutto secondo "la giustizia" e attraverso "i media".
Un giorno ascolteremo, dal Divin Maestro, queste parole: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me».
p.L.A.
Silere non possum