Pope Francis sent a letter to Father James Martin. His position on homosexuality is troubling.

L’intervista concessa da Papa Francesco ad Associated Press ha sollevato diverse reazioni. Come di consueto, ci sono coloro che sono più papisti del Papa e hanno tentato di interpretare le parole di Bergoglio. “No ma voleva dire”, è stato il mantra di queste ore. Il Pontefice è trattato come se fosse inabile alla parola. Abbiamo avuto due Papi che non erano italiani prima di Francesco, eppure erano chiarissimi. L’unico che viene giustificato con “vabbè non parla bene la nostra lingua”, è Bergoglio.

Silere non possum ha subito messo l’accento sulla mentalità gesuitica che alberga nel bagaglio formativo di Francesco. In queste ore, infatti, è stata resa pubblica una lettera inviata al Reverendo Padre James Martin S.I. Il sacerdote, in questi anni si è fatto promotore della causa LGBTQ+. Il suo modo di agire è del tutto discutibile ed è completamente dedito all’argomento che fa views, ascolti. Le luci della televisione e la carta dei giornali, molto spesso, provocano in queste persone un sentimento di voluttà mai provato prima.

L'intervista

Il Pontefice, durante l’intervista ha riferito che l’omosessualità è peccato. Lo ha detto chiaramente mentre riferiva che questa, però, non è un crimine. Francesco ha fatto un discorso più ampio, nel quale stava condannando quelle realtà che uccidono o limitano la libertà degli omosessuali. Allo stesso tempo, probabilmente neppure se ne è reso conto, ha riferito che questo orientamento sessuale è un peccato.

Bergoglio dimentica che nelle realtà che lui ha condannato, l’omosessualità è punita con sanzioni penali proprio perché il sistema è basato sulla “legge divina” o sulle “prescrizioni religiose”. Da sempre, infatti, l’omosessualità è stata perseguita penalmente e condannata perché ritenuta innaturale. Tali assurde idiozie sono già state smentite ed è stato dimostrato che in natura è molto comune.

Dire, quindi, che non è un crimine ma è un peccato, porterà a rafforzare l’idea malata di determinati contesti sociali.

La lettera di "chiarimento"

Dopo la pubblicazione delle parole del Papa, il cerchio magico non è riuscito a fermare i titoli scandalizzati. Ci sono stati i giornalisti accreditati che hanno tentato, con tutte le loro forze (asciughiamo il loro sudore, poveretti), a far passare solo il virgolettato: "l'omosessualità non è un crimine". Questo, purtroppo, non è bastato. Per fortuna esistono persone che non sono pagate a cottimo.

Francesco, quindi, corre ai ripari. Mette in moto la macchina di James Martin che, con strategia, ripropone le domande dei giornalisti di Associated Press. Le risposte del Papa? Le stesse dell'intervista.

Martin chiede:

  1. Santo Padre, grazie per il suo forte appello a depenalizzare l'omosessualità. Perché ha deciso di dirlo in questo momento?
  2. Sembra che ci sia stata un po' di confusione sul suo commento: "Essere gay è un peccato", che, ovviamente, non fa parte dell'insegnamento della Chiesa. Ho avuto l'impressione che lei stesse semplicemente ripetendo ciò che altri potrebbero dire ipoteticamente. Quindi, lei pensa che essere semplicemente gay sia un peccato?
  3. Cosa direbbe ai vescovi cattolici che ancora sostengono la criminalizzazione dell'omosessualità?

Alcune considerazioni dobbiamo farle in merito alla questione dell'episcopato. Francesco in questo mare ci sguazza. Sarebbe utile se il Papa ci spiegasse quali sono i vescovi che sostengono che gli omosessuali vadano impiccati e messi in prigione. Quanti sono? Si contano sulle dita di una mano? Beh, però, perché perdere l'occasione per colpire, ancora una volta, l'episcopato?

A noi pare, piuttosto, che una buona fetta di omofobi si nasconda fra i laici che si fanno difensori della dottrina della Chiesa Cattolica. Ci sono addirittura soggetti che aprono blog per lanciare invettive contro "i preti gay" e chiedono "punizioni esemplari". Sono gli stessi che poi troviamo a fare le battutine nei salotti e a provarci con i seminaristi, sia chiaro. Però, dall'alto della loro coerenza, devono fare articoli dove invitano anche i vescovi ad intervenire con durezza. Si tratta di laici, non di vescovi. Quindi? Il Papa non ha parole da rivolgere a loro? Francesco non ha nulla da dire a quei laici che, con ben poca fede e ben poca ragione, scrivono articoli assurdi sulle loro riviste spazzatura dove sostengono che l'omosessualità è la spiegazione della pedofilia nel clero?

Ecco, forse sarebbe il caso di procedere in questo senso e non demonizzare i vescovi che compiono il loro ministero con ben altri grattacapi per la testa.

La risposta di Francesco

Il Papa risponde a Martin con una lettera del 27 gennaio 2023:

Caro fratello,

La ringrazio per la sua lettera.

Non è la prima volta che parlo di omosessualità e di persone omosessuali.

E ho voluto precisare che non è un reato, per sottolineare che la criminalizzazione non è né buona né giusta.

Quando ho detto che è un peccato, mi riferivo semplicemente all'insegnamento morale cattolico, che dice che ogni atto sessuale al di fuori del matrimonio è un peccato. Naturalmente, bisogna considerare anche le circostanze, che possono diminuire o eliminare la colpa. Come vede, stavo ripetendo qualcosa in generale. Avrei dovuto dire: "È un peccato, come ogni atto sessuale al di fuori del matrimonio". Questo è parlare della "materia" del peccato, ma sappiamo bene che la morale cattolica non prende in considerazione solo la materia, ma valuta anche la libertà e l'intenzione; e questo, per ogni tipo di peccato.

E vorrei dire a chi vuole criminalizzare l'omosessualità che si sbaglia.

In un'intervista televisiva, dove abbiamo parlato con un linguaggio naturale e colloquiale, è comprensibile che non ci siano definizioni così precise.

Prego per lei e per il suo lavoro. La prego di fare lo stesso per me.

Che Gesù vi benedica e che la Santa Vergine vi protegga.

Fraternamente, Francesco

Caccia alle streghe nei seminari

Roma loquitur, confusio augetur

Le parole del compianto cardinale Pell trovano sempre più spazio nei commenti alle parole del Pontefice. Con la sua "chiarificazione", Francesco conferma che non ha ben chiaro cosa sia l'omosessualità e ci fa comprendere come mai soggetti come Padre Amedeo Cencini girino ancora a piede libero per i seminari italiani.

"Quando ho detto che è un peccato, mi riferivo semplicemente all'insegnamento morale cattolico, che dice che ogni atto sessuale al di fuori del matrimonio è un peccato", dice il Papa. Le questioni sono due, non c'è scampo: o il Papa non conosce l'insegnamento cattolico oppure non sa cos è l'omosessualità. Delle due l'una.

L'insegnamento morale cattolico non dice affatto che l'omosessualità è peccato. Lo diciamo chiaramente. Il Papa, e molti papisti, dimenticano che ci sono persone che si sono tolte la vita perché non accettavano la loro "condizione" e si sentivano esclusi dalla vita della Chiesa perché giudicati in questo modo. Ci sono giovani che vivono un vero inferno nelle loro famiglie perché sono discriminati dai genitori che si dicono cattolici. Genitori laici, non vescovi, sia chiaro.

Questo modus agendi del Papa non fa altro che aggravare una situazione molto preoccupante, sia nei seminari che nei presbiteri. Questa visione dell'omosessualità, la quale peraltro è motivo di interdizione al sacerdozio secondo Papa Francesco, porta molti a dover nascondere e negare a se stessi il loro orientamento sessuale. Questo porta a difficoltà enormi anche di tipo psicologico. Non mancano poi le "megere" che popolano le nostre sacre stanze, che amano insinuare e sparlare della vita dell'uno e dell'altro. Queste persone, però, sono il frutto di questo pensiero che Francesco incarna perfettamente.

Se noi iniziassimo a perseguire penalmente tutti coloro che si permettono di aprire bocca sulla vita privata dei nostri preti, delle nostre religiose o dei nostri seminaristi, la festa sarebbe presto finita. Invece, siamo sempre pronti ad ascoltare i couturier di corte e lasciamo che questo clima di caccia alle streghe venga sempre più alimentato.

L'insegnamento della Chiesa Cattolica

Il Catechismo della Chiesa Cattolica parla dell'Omosessualità nel capitolo secondo: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". La premessa, quindi, è molto buona.

Purtroppo, però, ricade sotto il sesto comandamento. Come noto, il dettato è: "non commettere atti impuri". L'omosessualità, però, non è un atto ma una condizione, un orientamento.

Questo, però, è il problema che abbiamo sempre avuto nel parlare della sessualità in generale. Non parlarne porta ad essere ignoranti, proprio come Amedeo Cencini. Nel Catechismo, quindi, l'omosessualità finisce dopo "le offese alla castità". L'errore è quello di collegare sempre l'orientamento alla sessualità.

Il numero 2357 recita: "L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ». Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati"

Il Catechismo, quindi, parla di "atti omosessuali" e non di "omosessualità". Francesco, invece, nella sua lettera e nell'intervista, fa comprendere che la sua posizione è quella di ritenere "orientamento omosessuale" e "atti omosessuali" la medesima cosa. Del resto, Francesco è gesuita e la sua formazione l'ha curata in quell'ambiente che vedeva Pedro Arrupe affetto da una "sessuofobia" che ha generato soggetti come Marko Ivan Rupnik. Però se parliamo di eterosessuali tutto è permesso, sia chiaro.

L.M. e d.R.T.

Silere non possum