Pope Francis has appointed Michele Di Tolve as the new rector of the Roman Seminary

Silere non possum ne aveva dato notizia, il rettore del Seminario Romano Maggiore termina il suo mandato. Lo aveva annunciato lo stesso Faraghini alla comunità insieme a S.E.R. il Sig. Cardinale Angelo De Donatis il 31 maggio 2023. Qualche giorno prima, però, la diocesi di Roma era stata colta di sorpresa dalla nomina, allora inspiegabile, di un ulteriore vescovo ausiliare, nonostante non ve ne fosse alcun bisogno. 

Da Santa Marta qualcuno aveva già detto che il Papa stava pensando di mettere Di Tolve al Pontificio Seminario Romano ma molti avevano iniziato a pensare che non sarebbe stato così perché “che senso ha fare un rettore vescovo?”. 

E se una volta i rettori del Romano venivano ordinati vescovi per poterli mandare via, oggi vengono fatti vescovi per potervi entrare. Le cose cambiano e la confusione di Francesco è divenuto un vero e proprio metodo pastorale. A cosa porterà tutto questo?

Il Papa più odiato

Sono pochi i pontefici che hanno trattato in questo modo il clero romano e qualcuno afferma che sarà il Papa ricordato per essere stato il peggior vescovo di Roma. Un bel fallimento per un uomo che si era presentato al mondo sottolineando questo aspetto del suo Pontificato. Dopo aver pubblicato la Costituzione Apostolica In Ecclesiarum Communione, distruggendo così l'assetto del Vicariato di Roma e la gestione della diocesi più importante del mondo, Francesco ora mette mano al seminario romano. Del resto, ricevendo i giovani seminaristi gli aveva detto: "Siete un po' troppi èh. Potete trovarvi una fidanzata". E più volte aveva ripetuto questo mantra ad altri seminari insultando anche i relativi rettori e vescovi asserendo che "mancavano di discernimento". 

Questo problema con Michele Di Tolve non ci sarà e a Venegono lo sanno bene. "Questo seminario lo ha distrutto", afferma un sacerdote all'interno della Curia Arcivescovile. Dal 2014 al 2020, infatti, non si contano le persone che hanno preso la porta e l'hanno sbattuta. Molti mettono anche il carico sul carattere di quest'uomo che è amichevole con i ragazzini, durante i campi estivi, ma è convinto di avere solo lui la grazia dello Spirito Santo per poter discernere la vocazione di qualcuno. Se contraddetto, quindi, diventa iracondo e intrattabile.

Peraltro, Bergoglio si sta comportando con il metodo con cui si è sentito trattato. È noto che Di Tolve non è amato dall'Arcivescovo Mario Delpini e questo non lo ha voluto come vescovo ausiliare. Ora Francesco lo porta a Roma e lo fa vescovo per metterlo in seminario. 

I sentimenti che muovono questo pontificato sono davvero preoccupanti. Proprio come quando il domenicano Jean-Louis Bruguès si oppose a Bergoglio per la nomina a vescovo di Víctor Manuel Fernández. La ruota gira ed oggi il cattolico Bruguès si ritrova pensionato senza berretta cardinalizia (non succedeva dal 1882), perché Benedetto XVI mai avrebbe immaginato una deriva del genere, e Víctor Manuel Fernández si prepara a riceverla. 

Questo è un altro dei motivi per cui continuiamo a ripetere a qualcuno che questo pontificato non è eterno e chi oggi canta e balla, domani potrebbe piangere.

Sessantottini e seminario

Oggi Francesco vuole mettere mano al Seminario Romano che, come abbiamo spiegato, gode di una buona salute. Il seminario è un feticcio dei sessantottini. Tutti coloro che nella Chiesa hanno coltivato ideologie hanno sempre guardato al seminario. È pieno, anche su Twitter, di preti che sono tristi della loro vita e twittano spasmodicamente delle continue frecciatine dove fanno capire al mondo intero di essere semplicemente in crisi ed incapaci di guardare alle loro ferite.

Si tratta di quella generazione di preti che hanno coltivato determinate aspettative in seminario ed oggi vedono ogni loro sogno infranto. Si tratta di quei preti che hanno pensato che, celebrando la Santa Messa sul materassino in mezzo al mare, avrebbero avuto il pienone. Quella generazione assillata dai numeri piuttosto che dalla qualità. Ecco, queste persone solitamente piacciono a Bergoglio perché farebbero passare la voglia di essere ordinati anche a San Giovanni Maria Vianney.

La tecnica oggi è deleteria. Un giovane diciottenne bussa alla porta del seminario e si ritrova questi preti o vescovi tristi. La prima parola che gli rivolgono è: "Eh bisogna lavorare su alcune cose. Bisogna cambiare questo, bisogna fare quest'altro. Bisogna maturare. Poi entri in seminario magari". No, scusate, in che senso. È come se un preside di una scuola dicesse ad un alunno: "Prima studia design, poi puoi entrare nella scuola di design". Un giovane di diciott'anni quale grado di maturità potrà mai avere? Possibile che in otto anni di seminario (OTTO ANNI) questi formatori non siano in grado di far maturare questi ragazzi? A cosa serve il seminario? A formare o a far sedere in poltrona persone formate?

Poi c'è la completa volontà di uccidere psicologicamente le persone. Pensiamo al solito diciottenne che arriva dopo aver servito all'altare e fatto servizio in oratorio per anni. La prima cosa che un vescovo gli dice è: "Bisogna fare una esperienza un po' forte eh. Bisogna togliere tutto questo gesso, questa rigidità". 

Questo atteggiamento è il medesimo che qualcuno conserva con i propri preti, poi. Non c'è proprio la capacità di ascoltare e comprendere quali sono i talenti delle persone che si hanno di fronte, le sensibilità e metterle a frutto. Ci sono persone che hanno in testa la loro idea di prete e devono imporla agli altri.

Non si contano i seminaristi che ogni anno vengono inviati nelle comunità di tossici della realtà abusante "Nuovi Orizzonti". Ma cosa ce li mandiamo a fare in queste realtà? Per perdere la fede? Per far vedere ai seminaristi i matrimoni combinati (che l'islam ci fa un baffo), per far vedere come i laici disprezzano i sacerdoti ordinati o per fargli capire come vi siano abusi di coscienza in una realtà che venera sorrisi ebeti? No, per capire. Perché è chiaro che se noi prendiamo un giovane con una spiritualità monastica, sensibile alla preghiera e alla liturgia, e lo sbattiamo lì. Beh, questo è un chiaro abuso di coscienza che è volto a "stuprare" quella persona. E non c'è da scherzare perché chi bussa alle porte dei nostri seminari si sente proprio così. Se succede con una persona, magari possiamo dare la colpa al singolo ma se sono venti, trenta, mille. Forse c'è un problema, no? Perché ci spingiamo a far sentire inadatte le persone quando si mostrano per ciò che sono?

Il risultato, quindi, è quello che già più volte abbiamo denunciato. I ragazzi alzano i tacchi e se ne vanno. Questo è il risultato di chi ha vissuto male la propria formazione e la impone agli altri nel medesimo modo con cui l'ha ricevuta.

Una delle derive più comuni

Anche per la formazione presbiterale, quindi, riemerge una delle più comuni derive nella Chiesa Cattolica e che, purtroppo, colpisce anche qualcuno in alto. Sopratutto in queste realtà laicali, Nuovi Orizzonti è solo una delle tante, ci sono queste guru che dicono che ogni cosa che gli viene in mente è frutto dello Spirito Santo. Ed è qui che troviamo la maggior parte dei nostri problemi. Medesimo errore lo commette qualche vescovo o rettore. "Se non piaci a me, se non sei prete come dico io, allora non devi essere prete", affermano. E si passa dal problema di chi applica una regola uguale per tutti (famosi criteri di valutazione) a coloro che vogliono creare fotocopie di sé stessi.

Francesco, ad esempio, è uno dei principali promotori di questo modus agendi. Se lui pensa una cosa, sicuramente è lo Spirito Santo che gliel'ha suggerita, quindi è volontà di Dio. Ed è così che tutto ciò che pensa o fa il Papa, diventa legge. Se negli altri casi abbiamo la Grazia del discernimento e qualcuno che può verificare, in questo caso no. Ai suoi più vicini collaboratori dice spesso: "Eh ci ho pregato tanto, lo Spirito Santo vuole così". Sì, certo, se passo il tempo in cappella a ripetermi come un "mantra" ciò che vorrei che il Signore mi dicesse, alla fine me ne convinco. Questo però non è discernimento, è ben altra cosa.

Ausiliare di Roma e Rettore

Non è mai accaduto che un vescovo restasse rettore del Seminario Romano. Questo Pontificato è quello che in assoluto ha calpestato di più la Costituzione dogmatica Lumen Gentium. Nel decreto pubblicato il 5 luglio, Francesco ci tiene a specificare che Di Tolve non è solo titolare di Orrea ma è anche ausiliare di Roma. Ausiliare senza settore. 

Il Vicegerente, quindi, si tiene il settore (cosa che prima non avveniva) e il Rettore del Seminario no. Ma la nomina episcopale è anche da guardare nell'ottica del decreto, ovvero, il Papa chiede a Di Tolve di "rafforzare i rapporti tra le realtà di formazione al Sacerdozio presenti nel territorio della Diocesi di Roma e di coordinarne le attività, in accordo con S.E. Mons. Baldassarre Reina, Vicegerente". 

Il ragionamento che è nella testa di Francesco, quindi, è che un rettore che non è vescovo difficilmente verrebbe ascoltato da chi è rettore di realtà formative ben più prestigiose del Seminario Romano. 

Ciò che il Papa dimentica, però, è che le riforme non si fanno in questo modo e chi obbedisce, magari lo fa ma controvoglia e quindi il risultato sarà nullo. Come sempre, solo grande apparenza.

F.P.

Silere non possum