Il ritorno di un Pontefice dispotico, magistrati che citano la Corte di Cassazione italiana e avvocati senza una bussola: in Vaticano è il caos. Ecco i testi dei rescripta che annullano il principio di legalità oltre Tevere. 

Christifidelibus ius quoque est ut, si ad iudicium ab auctoritate competenti vocentur, iudicentur servatis iuris praescriptis, cum aquitate applicandis.

Can. 221 CJC

I fedeli hanno anche il diritto, recita il Codice di diritto Canonico, se sono chiamati in giudizio dall'autorità competente, di essere giudicati secondo le disposizioni di legge, da applicare con equità.

Sono questi i principi a cui, spesso, Silere non possum fa riferimento parlando del giusto processo nell'ordinamento vaticano. Come abbiamo più volte ribadito, e spiega bene Marco F. Perfetti autore del Codice di procedura penale vaticano nella sua presentazione del volume, l'ordinamento vaticano ha la sua natura nell'ordinamento canonico. Per questo motivo sarebbe necessario che il legislatore e chi sta procedendo all'interno dello Stato a indagare e processare gli imputati del procedimento sul palazzo londinese, si mettessero a studiare un pò il diritto canonico, il quale sembra non abbiano mai visto. 

 

I rescripta del Sommo Pontefice

Come noto, il procedimento a carico del Cardinale Becciu e 9 altri imputati ( + 4 società)  è stato reso possibile da un intervento del Sommo Pontefice in persona.  Fra il 2019 e il 2020 il Pontefice aveva, su richiesta dei Promotori di giustizia, firmato 4 rescritti che, come potrete vedere, sostanzialmente dicono: "per legge non sarebbe previsto ma oggi si fa così, ve lo autorizzo io".  Certo, come qualche sprovveduto potrebbe pensare, chi legifera può fare ciò che vuole, sopratutto oltre Tevere no? Eh no. Esistono dei principi, i quali sono alla base degli ordinamenti che non sono neppure superabili dal Pontefice. Il principio di legalità deve essere rispettato anche dal monarca, altrimenti viene meno lo stato di diritto e il monarca diviene un despota. Non differente da quegli ordinamenti ove mettono in carcere gli studenti solo perchè dicono la verità, lì però i giornalisti si battono il petto, qui si improvvisano papisti. 

Cosa sono i rescritti? 

I rescritti sono dei provvedimenti pontifici che "rispondono" ad esigenze che vengono sollevate. La storia ci insegna che le richieste di riscritti, e le successive risposte, attingevano argomenti molto vari ma sempre originati da casi concreti e determinati, verificatisi in fattispecie diverse: conferimento di uffici e benefici ecclesiastici, istituzione di giudici eccezionali, remissioni di pene, opinioni sulla decisione di controversie, provvedimenti di soccorso a bisognosi, concessioni di dispense da irregolarità o impedimenti matrimoniali, ecc ecc.

In passato, il riscritto era stato impiegato nel diritto romano, come mezzo ordinario tramite il quale il Princeps risolveva le questioni attinenti al governo ordinario quando la sua autorità veniva sollecitata su istanza di un soggetto interessato. Come accade per altre costruzioni giuridiche romane il sistema del governo tramite il riscritto fu accolto in modo pressoché spontaneo dalla prassi dall'ordinamento vaticano e canonico. 

In questo modo, è chiaro, viene smentito anche l'avvocato Diddì che continua a riferire in aula di non aver avuto rapporti con il Sommo Pontefice. Ma abbiamo già chiarito ampiamente come questi soggetti non sappiano neppure cosa sia l'ordinamento canonico. 

 

Ecco i testi 

Si tratta degli unici, in tutta la storia dello Stato della Città del Vaticano, rescripta SEGRETI. Ovvero, mai pubblicati né nel sito ufficiale della Santa Sede o dello Stato né negli Acta Apostolicae Sedis. Domandiamoci il perchè. 

Con questi atti d'imperio il Pontefice affida dei poteri ai magistrati che né lui né la Commissione per lo Stato della Città del Vaticano ha mai previsto con legge ordinaria. Eppure le raccomandazioni sono state molteplici negli anni in materia di danaro. 

La mancanza del principio di legalità in questi atti è palese. Si autorizza un modo di procedere che però non è quello previsto, normalmente, dalla legge. Tale principio è fondamentale. Si tratta di un principio di civiltà giuridica, che garantisce la tutela dell'affidamento che i cittadini ripongono nella riconducibilità delle proprie azioni e dei rapporti giuridici che li vedono coinvolti ad una norma vigente e quindi conoscibile nel momento in cui tali azioni e rapporti hanno luogo.

Bisogna poi precisare che l'art. 238 c.p.p. prevede:

"Il giudice [istruttore] può ordinare negli uffici postali e telegrafici il sequestro di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi, o di altra corrispondenza, che abbia ragione di credere spediti dall'imputato, o a lui diretti anche sotto nome diverso, o comunque attinenti al reato.

Per procedere al sequestro può delegare ufficiali o agenti di polizia giudiziaria; ma l'apertura delle corrispondenze sequestrate non può essere operata che dal giudice.

Il giudice può accedere agli uffici telefonici per intercettare o impedire comunicazioni, o assumerne cognizione." 

Non si ravvede, in quanto scritto dal Pontefice, una autorizzazione fornita ai promotori di giustizia, pertanto sorgono ulteriori perplessità sull'operato di questi soggetti a digiuno di diritto canonico. 

G.M. 

Silere non possum