The sixteenth hearing in the Sloane Avenue trial was held in the Vatican today. Alberto Perlasca also tried to enter the courtroom.
Le udienze precedenti
Non si respira un bel clima in Vaticano in questi giorni. Papa Francesco è molto nervoso perchè ciò che sta emergendo dal processo sul palazzo di Londra non è ciò che lui si aspettava. Era convinto che gli imputati non lo coinvolgessero e, invece, si è trovato a fare i conti con la dura realtà. Inoltre, il Papa ha confessato a diversi sacerdoti che non accetta di doversi mostrare in carrozzina, ma il dolore al ginocchio non gli permette di fare il super eroe.
Non solo dal processo sta emergendo che il Papa era coinvolto nell’affaire londinese ma è venuta meno tutta quella schiera di giornalisti che prendevano le sue difese. Per Francesco l’immagine è tutto, è stata la scommessa dei Cardinali nel 2013. Basti pensare alla narrativa che è stata portata avanti da quando nel 2020 Francesco disse al Cardinale Angelo Becciu di lasciare immediatamente il suo ufficio fino a qualche mese fa, quando in aula hanno iniziato a parlare gli imputati. Ieri tutti contro Becciu, oggi tutti contro il Tribunale. Sì perchè nessuno ha il coraggio di dire che il Tribunale fa ciò che vuole il Papa, nessuno ha il coraggio (o l’onestà morale) di dire che è da Santa Marta che si muovono i fili di questo procedimento penale. Eppure questa vicenda ci insegna che la ruota gira, e chi era in alto ora tocca il fondo. Chi vive oltre Tevere lo sa, è una regola base, in modo particolare con Papa Francesco. La particolarità del carattere di Francesco è proprio questa: un giorno ti mette in pole position e il giorno dopo ti caccia senza fornirti spiegazioni. A Santa Marta si dice che il Papa sia metereopatico ma si tratta di una semplificazione di un carattere ben più complesso. Jorge Mario Bergoglio non ama essere contraddetto e questo a Buenos Aires lo sanno bene. La sua formazione è gesuitica ed è stato abituato sin dai primi anni di seminario a confrontarsi con personaggi molto autoritari e per lui l’obbedienza è tutto. Seppur spesso appaia come un Papa aperto, in realtà è il Pontefice più autoritario degli ultimi 50 anni.
Le udienze del processo Sloane Avenue
Oggi si è celebrata la 16° udienza del processo Sloane Avenue a carico del Cardinale Angelo Becciu ed altri imputati. Durante la seconda giornata di interrogatorio del Cardinale, ieri, è emerso che fu Papa Francesco in persona a chiedere a Becciu di licenziare Libero Milone, l’uomo che era stato chiamato a ricoprire il ruolo di revisore generale. L’ex sostituto, in aula ha spiegato che Bergoglio gli disse: “Convocalo e digli che non ho più fiducia in lui”. Questa è la versione che il cardinale è stato autorizzato a fornire al Tribunale dal Papa. Ma le cose non andarono proprio così, lo sappiamo bene.
Nel 2017 Libero Milone riferì al Corriere della Sera:
“Non mi sono dimesso volontariamente. Sono stato minacciato di arresto. Il capo della Gendarmeria mi ha intimidito per costringermi a firmare una lettera che avevano già pronta…Becciu mi disse che il Papa chiedeva le mie dimissioni e quando gli dissi che volevo parlare con il Papa, lui mi disse di rivolgermi alla Gendarmeria. Quando andai in caserma notai subito un comportamento aggressivo. Ricordo che a un certo punto il comandante Domenico Giani mi urlò in faccia che dovevo ammettere tutto, confessare. Ma confessare che cosa? Non avevo fatto nullaAlla Gendarmeria ero solo; Giani con altri due ufficiali. Quando poi siamo andati nel mio ufficio c’erano anche i miei collaboratori, che si preoccuparono sentendo le grida. Bloccarono tutti dentro gli uffici, comprese le segretarie, fino alle 8.30 di sera. E ci intimarono di consegnare tutti i documenti. Uno dei vice-revisori era assente. E furono chiamati i pompieri del Vaticano per forzare armadio e scrivania.
Come accusa mi mostrarono due fatture intestate a un unico fornitore, e accusato di avere compiuto una distrazione di fondi: dunque un peculato, come pubblico ufficiale. Vidi che su entrambe le fatture c’era il timbro del mio ufficio, ma solo una era firmata da me. L’altro aveva come firma uno scarabocchio. Chiesi chi l’avesse timbrata e pagata, e a chi. Mi risposero che una delle due era falsa. Erano conti per indagini ambientali, per 28 mila euro, per ripulire gli uffici da eventuali microspie. In più, il decreto del tribunale parlava solo delle mie competenze contabili, senza citare i controlli sull’antiriciclaggio e la lotta alla corruzione, contenute nello statuto. E con questo mi hanno accusato anche di avere cercato informazioni impropriamente su esponenti vaticani. Scoprii che indagavano da oltre 7 mesi su di me. Hanno sequestrato documenti ufficiali protocollati e coperti dal segreto di Stato. Mi fecero sentire un’intercettazione con la mia voce per spaventarmi ulteriormente. E siccome rivendicavo la mia innocenza, Giani mi disse che, o confessavo, o rischiavo di passare la notte in Gendarmeria. Se il vostro obiettivo è farmi dimettere, mi dimetto. Vado a preparare la lettera, dissi. Loro mi presentarono una lettera già pronta. Era il 19 giugno ma la lettera era datata 12 maggio. Mi rifiutai di firmarla e loro dissero che si erano sbagliati. Poi portarono via tutto, anche il mio telefonino e l’iPad: c’erano dentro notizie su società quotate in Borsa e anche il mio abbonamento al Corriere. Il giorno dopo interrogarono per cinque ore uno dei miei vice, Ferruccio Panicco, e gli chiesero le dimissioni. I miei oggetti personali mi furono restituiti solo una settimana dopo con una lettera firmata da monsignor Becciu. Strano anche questo, no?”
Chiaro no? Oggi sei colui che lo aiuta a far fuori qualcuno e domani sarai colui che verrà fatto fuori. Nessuno è al sicuro. Anzi, no, qualcuno c’è. Si tratta degli amici di vecchia data. Se sei stato così fortunato da essere entrato nel suo cerchio magico prima del 2013, può essere che tu sia salvo. Basta guardare al trattamento riservato a Mons. Gustavo Óscar Zanchetta e a Sua Eminenza Reverendissima il Sig. Cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga. Francesco, per loro, ha sempre invocato il principio di innocenza e ha sempre parlato di un complotto che li vede vittima di non si sa quale sistema. Gli altri, invece, li ha condannati senza istruire alcun processo. Nel caso di Libero Milone neppure ha pensato di avviarlo dopo. Per Angelo Becciu ha scelto di condannarlo immediatamente e poi dopo esporlo al pubblico ludibrio con scene che vedono il Promotore di Giustizia proiettare filmini in aula davanti alla platea dei giornalisti che assistono attoniti.
Le parole di Libero Milone, se potevano suonare strane nel 2017, oggi non possono che confermare che oltre Tevere c'è un clima per nulla sereno. Microspie, servizi segreti, gendarmi che si improvvisano 007, pedinamenti e quant'altro. Il medesimo trattamento fu riservato a Ettore Gotti Tedeschi quando, da un giorno all’altro, il Santo Padre Benedetto XVI lo vide sbattuto su tutti i giornali e dimesso dallo IOR senza che il Pontefice stesso sapesse nulla. Questi episodi sono sempre organizzati a tavolino e servono a dare un messaggio chiaro anche all’esterno: “Se pesti i piedi alla persona sbagliata, salti”. Può essere questo il clima nello Stato del Papa?
Ieri in aula il Cardinale Becciu ha dichiarato che era stato autorizzato da Francesco a fornire quella versione. Chi ha assistito all’interrogatorio di Becciu ha avuto chiaramente l’impressione che questo ecclesiastico ha un grande timore reverenziale nei confronti del Papa e non direbbe mai nulla che può andare a scalfire la figura dell’Augusto Pontefice. Ciò però ci deve far capire che Francesco esercita una pressione psicologica non indifferente, basti pensare alla lettera e ai messaggi che faceva giungere ad Enzo Bianchi dopo averlo cacciato da Bose. Scrive il Papa: “Ma la cosa più importante che so, e che è più essenziale, quello che come fratello devo dirti, è che tu sei in croce. E quando si è in croce non valgono le spiegazioni, soltanto ci sono il buio, la preghiera angosciante”. Una affermazione che farebbe ridere se non si conoscesse la triste vicenda. L’uomo che ha preso la decisione di cacciarlo, ora gli dice: “tu sei in croce”. Forse il Papa dimentica che quella croce gliel’ha data proprio lui ed usare la spiritualità per giustificarla è un vero e proprio abuso di coscienza.
Addirittura nei mesi seguenti da Santa Marta partirono dei cardinali a fare la spola dal Vaticano a Bose promettendo a Bianchi che in un futuro non meglio precisato il Papa lo avrebbe “riabilitato” magari fornendogli qualche incarico. Un metodo terribile che viene utilizzato per tenere le persone appese al filo del rasoio in attesa di sapere quale possa essere la loro sorte. Il medesimo atteggiamento Francesco lo ha utilizzato con il Cardinale Becciu quando andò a trovarlo a casa sua il giovedì santo del 2021. “Ti tengo buono lì, ti faccio credere che prima o poi ti riabilito, il tempo che mi serve per farmi i fatti miei”, sembra questo il suo ragionamento.
La consapevolezza che quanto ha dichiarato Becciu in merito al licenziamento di Milone fosse studiato a tavolino con il Papa, l’ha avuta anche il Promotore di Giustizia che, appunto, non ha chiesto conto del racconto fatto dall’uomo d’affari. Diddì ha il chiaro compito, in aula, di far sfigurare Becciu e non Francesco.
L'udienza di oggi
La sedicesima udienza del processo si è aperta con una dichiarazione spontanea del cardinale Angelo Becciu nella quale ha manifestato il proprio sconcerto per come è stato trattato con domande che hanno offeso “la sua dignità di sacerdote”, e facendo sapere che non avrebbe più risposto a domande che non riguardavano specificamente i capi di imputazione (come ad esempio il contributo della Conferenza Episcopale Italiana alla diocesi di Ozieri). L'interrogatorio ha avuto inizio alle 10.50 e si è concluso intorno alle 17.30.
Nonostante questo il Tribunale ha ammesso le domande, mostrando di non avere contezza di quanto prevede il codice di procedura penale dello Stato. Anzi Pignatone ha subito detto: “Questo processo penale si svolge secondo le regole del Codice, le domande poste dal Promotore sono valutate dal Tribunale sulla loro ammissibilità, non certo mirate a ledere in alcun modo la sua dignità personale e cardinalizia”. Da come è stato condotto l'interrogatorio, però, non pare affatto. Diddì ha spesso alluso a comportamenti disonesti e immorali di Becciu. Proprio in questi giorni peraltro è emerso come la figura di Giuseppe Pignatone sia particolarmente problematica per la Santa Sede che ancora si trova a pagare la scelta di mettere l'ex PM romano a capo del tribunale vaticano. Non solo quindi si tratta di un uomo chiacchierato ma anche a digiuno delle norme canoniche e vaticane. Becciu comunque ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere.
Addirittura il Tribunale ha emesso una ordinanza per spiegare che il Promotore di Giustizia può rivolgere le domande che ritiene opportune. Il codice di procedura penale è stato completamente messo da parte e in Vaticano vige il caos.
Becciu, durante l'esame condotto dal difensore dello IOR, ha ribadito che gli investimenti erano necessari perché la Santa Sede si tirava dietro da tempo un deficit. Ha anche detto che lo IOR fino al 2013 aveva contribuito con un assegno annuale di 50 milioni e che poi questo assegno era stato addirittura dimezzato. Quei soldi dovevano coprire i soldi di Radio Vaticana e delle Nunziature Apostoliche.
Al termine dell'udienza Becciu ha detto: “Se avessi capito che c’era qualcosa che non andava, o avessi avuto intuizioni di orientarsi in altra maniera, o meglio investire altrove, avrei potuto dire loro diversamente, non avevo avuto occasioni e non mi hanno mai offerto occasioni per andare contro le loro proposte”.
L'interrogatorio di Fabrizio Tirabassi è stato rimandato a domani.
Il furbetto Perlasca
Mons. Alberto Perlasca si è presentato in aula quest'oggi con clargyman e zainetto in spalla, come un vero scolaretto. Neppure in giro per lo Stato lo si vede, solo raramente a Santa Marta. Probabilmente l'avvocato Alessandro Sammarco, il quale non ha alcuna conoscenza del diritto vaticano e canonico, non gli ha spiegato che non è possibile partecipare alle udienze a coloro che devono essere sentiti come testimoni. Il Monsignore peraltro si voleva confondere fra i giornalisti, non ha neppure preso il proprio posto che sarebbe fra le parti, visto che è stato ammesso come Parte Civile. Quando lo hanno invitato ad uscire ha anche detto: “No, io resto!”. Nulla di nuovo, Peña Parra lo aveva scritto nel suo memoriale: Perlasca non segue le regole, fa di testa sua. È dovuto intervenire Giuseppe Pignatone allontanandolo dall'aula. Chissà che qualcuno a Santa Marta non abbia inteso mandare un proprio uditore.
M.I.
Silere non possum