Nell'autobiografia in uscita in questi giorni Papa Francesco afferma: «Nel 2013 c’era una gran voglia di cambiare le cose, di abbandonare certi atteggiamenti che purtroppo ancora oggi fanno fatica a sparire. C’è sempre chi cerca di frenare la riforma, chi vorrebbe rimanere fermo ai tempi del Papa-re». Leggere queste parole ha fatto trasecolare molti all'interno delle mura leonine e non solo. Se vi è un Pontefice che ha riportato l'idea del Papa-Re è proprio Francesco. In questi anni il diritto è stato utilizzato contro le persone piuttosto che in loro favore. In modo particolare sono stati presi di mira i sacerdoti, i vescovi e i cardinali.
Si tratta di questioni che il laico medio, quello che è parcheggiato nelle nostre parrocchie per succhiare un po' di sangue alle casse delle nostre Chiese, non percepisce perchè spesso anche il sacerdote nella parrocchia di periferia non bada a queste questioni fin quando non ne viene toccato. Quando poi si aprono un po' gli occhi e si inizia a guardare la realtà allora ci si sveglia improvvisamente. Nel nostro ambiente siamo abituati spesso a coltivare il nostro piccolo orticello e fino a quando non ci capita di essere vittime di un'ingiustizia, accusati di delitti, o invischiati in problemi amministrativi non ci importa guardare aldilà dello steccato che ci protegge.
Anche durante gli studi in seminario il diritto canonico viene affrontato con molta superficialità e non ci si sofferma sull'importanza delle norme che vengono scritte a tutela dei fedeli, dei chierici, non per creare loro problemi. In questi anni il Papa ha modificato più volte il Codice di Diritto Canonico ed ha emesso migliaia di Motu Proprio. Tutte norme che sono andate a modificare la vita dei singoli, soprattutto chierici e religiosi, ed hanno trasformato quello che era un ordinamento a favore della salvezza delle anime in un ordinamento vessatorio, ampolloso, burocratico e spesso incomprensibile. Nelle aule delle facoltà pontificie si diceva: "Se il professore conosce la materia la saprà spiegare anche con semplicità. Se diventa complesso significa che neppure lui sa di cosa sta parlando". Ed effettivamente questo emerge dalle numerose norme fatte firmare al Papa da coloro che lui ha scelto come suoi collaboratori. Sul piano strettamente canonistico il Papa si è avvalso spesso dell'ausilio di Gianfranco Ghirlanda. Gesuita come lui, Ghirlanda è la personificazione del diritto a danno delle persone. Proprio come Ignazio di Loyola l'idea è militare, non vi è capacità di rilassamento, non vi è possibilità di discussione ma solo grandi discorsi contorti. Se ci mettiamo anche quel velo di superbia che lo contraddistingue, poi, siamo a cavallo. Pensiamo ai testi che Ghirlanda ha curato: Praedicate Evangelium, Riforma Opus Dei, Costituzione Ordine di Malta ed In Ecclesiarum Communione (solo relativamente).
Si sono dimostrati inapplicabili e di difficile comprensione a tal punto che si sprecano le "Interpretazioni autentiche" che vengono costantemente richieste dai giuristi e dagli addetti ai lavori. L'Ordine di Malta, ormai, non sa più dove sbattere la testa. Sono più le lettere di interpretazione che Ghirlanda firma che i biglietti augurali che inviano alle varie istituzioni. Queste interpretazioni autentiche, poi, un giorno dicono una cosa e il giorno dopo dicono il suo contrario. Del resto, non ci si può aspettare molto di più da persone che hanno sempre viaggiato seguendo le proprie ideologie piuttosto che studiare sui libri di diritto. Ghirlanda, fin dai banchi di scuola, ha sempre avuto due grandi feticci: i laici a capo dei dicasteri e la distruzione dell'Opus Dei. Con Francesco è riuscito in entrambi gli intenti. Una volta, però, avrebbe dovuto faticare nel trovare una giustificazione alle sue teorie strampalate, oggi neppure questo.
I laici e la potestà di giurisdizione
Pensiamo alla questione della potestà di governo. Il Codice di Diritto Canonico è molto chiaro. Al canone 129 afferma: «Sono abili alla potestà di governo, che propriamente è nella Chiesa per istituzione divina e viene denominata anche potestà di giurisdizione, coloro che sono insigniti dell'ordine sacro, a norma delle disposizioni del diritto». Al secondo comma si precisa: «Nell'esercizio della medesima potestà, i fedeli laici possono cooperare a norma del diritto».
Si tratta di cooperare, non altro. Oggi vi è chi parla di "corresponsabilità", "responsabilità", ecc... Tutte cosa che non sono possibili, non hanno alcun fondamento giuridico e teologico. Riguardo a questo problema, una delle questioni fondamentali al momento, nessuno dei cardinali, dei giuristi o dei grandi contestatori ha osato alzare uno scudo. Se si parla di morale sì, tutti pronti ad imbracciare la lente d'ingrandimento e il bazuca. Se si tratta di questioni fondamentali per la sopravvivenza stessa della Chiesa - che coinvolgono dottrina e diritto - possiamo anche passare oltre. Nessuno in questi anni ha chiesto a Gianfranco Ghirlanda o al Pontefice come possono giustificare la presenza di laici - soli ed autonomi- in ruoli che prevedono la potestà di governo senza aver prima riflettuto o avviato una discussione sulla dottrina e sul canone 129 CJC.
Il diritto spada di Damocle
Anche svolgere l'attività forense è diventato qualcosa di impossibile, insostenibile. Certo, ci sono molti laici che svolgono questo ruolo per soldi e non hanno alcun interesse né nell'oggetto della causa, né delle persone. Pensiamo, però, a coloro che svolgono questa attività perchè credono fermamente in ciò che fanno ed hanno a cuore il bene delle persone. Trovarsi in aula a discutere una causa e vedere che il Pontefice - quindi il legislatore - continua a modificare le norme in continuazione è frustrante. Queste modifiche, poi, sono sempre a danno delle persone, mai volte alla ricerca della Verità, alla riabilitazione, all'accoglienza di colui che ha errato. Sono molteplici i casi nei quali i sacerdoti vengono accusati di aver abusato di minori o persone vulnerabili e la Chiesa non ha a cuore l'accertamento della Verità ma, piuttosto, la volontà di placare i media affamati dando loro in pasto l'accusato. In questi anni stanno aumentando i casi di persone maggiorenni che accusano i sacerdoti. Spesso si tratta di persone accusate ingiustamente da soggetti che sono stati cacciati dai seminari, cacciati dalle parrocchie, allontanati dalle case parrocchiali ed ora agiscono per vendetta. La Chiesa, madre misericordiosa, cosa fa? Sospende il sacerdote a divinis e lo isola ancor prima di aver verificato la veridicità di ciò che viene detto. Silere non possum ha raccontato il caso di don Mauro Galli, esemplare in tal senso. Quei vescovi che non si adeguano a questo sistema di gogna mediatica vengono accusati di essere conniventi, insabbiatori.
In questo senso sono impressionanti le parole di Benedetto XVI rivolte agli alunni del Seminario Romano Maggiore dell'Urbe nel 2012. Si tratta di un periodo che fu particolarmente complesso per il Pontefice, appena un anno prima delle sue dimissioni, nel quale già stava riflettendo sulla decisione che avrebbe poi preso. «Vediamo - disse Benedetto XVI - questo potere del male oggi, per esempio, in due grandi poteri, che di per sé stessi sono utili e buoni, ma che sono facilmente abusabili: il potere della finanza e il potere dei media. Ambedue necessari, perché possono essere utili, ma talmente abusabili che spesso diventano il contrario delle loro vere intenzioni. [...] Il potere dell’opinione pubblica. Certamente abbiamo bisogno di informazioni, di conoscenza delle realtà del mondo, ma può essere poi un potere dell’apparenza; alla fine, quanto è detto conta di più che la realtà stessa. Un’apparenza si sovrappone alla realtà, diventa più importante, e l’uomo non segue più la verità del suo essere, ma vuole soprattutto apparire, essere conforme a queste realtà. E anche contro questo c’è il non conformismo cristiano: non vogliamo sempre “essere conformati”, lodati, vogliamo non l’apparenza, ma la verità e questo ci dà libertà e la libertà vera cristiana: il liberarsi da questa necessità di piacere, di parlare come la massa pensa che dovrebbe essere, e avere la libertà della verità, e così ricreare il mondo in modo che non sia oppresso dall’opinione, dall’apparenza che non lascia più emergere la realtà stessa; il mondo virtuale diventa più vero, più forte e non si vede più il mondo reale della creazione di Dio. Il non conformismo del cristiano ci redime, ci restituisce alla verità. Preghiamo il Signore perché ci aiuti ad essere uomini liberi in questo non conformismo che non è contro il mondo, ma è il vero amore del mondo».
Oggi la Chiesa ha scelto chiaramente un'altra strada rispetto a queste parole. Ciò che conta non è la Verità ma l'opinione pubblica, il pensiero dei media, dei giornali. Questo atteggiamento è dannoso per la Chiesa ma anche per le vittime reali degli abusi che vengono commessi. Difatti, agendo in questo modo perdiamo di credibilità e rischiamo di non perseguire quelli che sono realmente abusi di coscienza, spirituali, psicologici ed anche sessuali. Ne abbiamo dimostrazione nel comportamento del Pontefice stesso che persegue tutti - specialmente i suoi nemici - ma protegge i suoi amici: Rupnik, Zanchetta, McCarrick, Inzoli, ecc....
Diocesi di Roma: interpretazioni autentiche
Anche nella diocesi di Roma non mancano le interpretazioni autentiche che dovrebbero chiarire quello che è un testo incomprensibile: In Ecclesiarum Communione. Il primo a presentare quesiti fu Mons. Giuseppe Tonello, il quale ebbe immediatamente un biglietto di sola andata richiesto dal Papa in persona per fare spazio alla signorina Maria Teresa Romano, la quale ha un quarto dei titoli e delle competenze di Tonello. Successivamente il vescovo ausiliare Benoni Ambarus avanzò delle domande alle quali il Papa ha risposto facendosi assistere da Renato Tarantelli, il quale è riuscito a scrivere sull'Interpretazione Autentica il contrario di ciò che afferma la Costituzione Apostolica. Un genio!
Visto e considerato che in queste ore anche in Vicariato spuntano decreti ad personam, interpretazioni ad occasionem e vengono datate dopo vere e proprie partite a tombola, riteniamo doveroso pubblicare le uniche interpretazioni autentiche firmate dal Pontefice (e speriamo siano anche le uniche per sempre) in modo che anche i parroci e coloro che lavorano in Vicariato possano sapere come interpretare questo testo. Certo, resta un dilemma al quale non riusciamo a trovare risposta: come mai Ecclesia in Urbe o Pastor Bonus non ebbero necessità di tutte queste interpretazioni?
F.P.
Silere non possum