Francis' method of governance is becoming unbearable. The results are obvious.

“Dura lex, sed lex”, dicevano i latini. Oggi, però, il diritto e la giustizia sono utilizzate “all’occasione”. In questi anni, abbiamo spesso assistito a veri e propri tritacarne mediatici verso diversi presbiteri o religiosi. Molto spesso si è trattato di un grande clamore mediatico e nulla più. Numerose vicende si sono concluse con assoluzioni, prescrizioni e “non luogo a procedere”. Per il severissimo tribunale dell’opinione pubblica, invece, si è trattato di una condanna immediata e perpetua. Nessun appello. Pensiamo, ad esempio, al processo subito da S.E.R. il Sig. Cardinale George Pell in Australia. Un racconto surreale, chiunque capirebbe che si tratta di una storia di pura fantasia. Eppure, il porporato è andato in carcere e non ha potuto neppure celebrare la Santa Messa per ben 13 mesi.

Chiunque si aggira per le sagrestie e le chiese, è conscio del fatto che il Vescovo, al termine delle celebrazioni, è sempre “assalito” da fedeli che vogliono salutarlo. Come possa aver fatto Pell, in 5 minuti, ad abusare di alcuni bambini in quel lasso di tempo in sagrestia, ancora nessuno lo ha saputo spiegare. Eppure, la storia ci dice che basta la parola di una qualunque persona per poter sbattere in carcere una persona. Da Santa Marta, poi, c’era stata la ferma presa di posizione di Francesco: “Vai in Australia e subisci il processo. Nessun privilegio”. Una linea chiara, quella del Papa: “Tolleranza zero”!

La stampa, chiaramente, con questo sistema ci mangia. Più volte abbiamo ricordato che il prete ha diritto a difendersi come chiunque altro. Anzi, è il momento che si inizi a spiegare cosa è la “carità cristiana” e cosa “la stupidaggine”. Quando si è vittime di accuse false, bisogna iniziare ad utilizzare i mezzi che anche il diritto canonico ci offre per la tutela della buona fama. Anche recentemente, abbiamo assistito attoniti ad una scena che ha dell’incredibile. Gianluigi Nuzzi, il quale si dice “esperto di Vaticano” ma a noi appare come un semplice “pubblicatore di carte”, in un video podcast ha riferito nome e cognome di un monsignore e lo ha appellato come “monsignor Jessica”. Il fatto che Nuzzi sia venuto a conoscenza di queste “chiacchiere da salotto ecclesiastico”, è già grave in sè. Questo deve farci porre delle domande, ma andiamo oltre. Un giornalista, non può certo diffamare una persona deridendola pubblicamente. Nuzzi deve ringraziare il cielo che non ci troviamo noi dall’altra parte, altrimenti si sarebbe visto recapitare una di quelle “querele sonanti”, di cui difficilmente si sarebbe dimenticato.

Due pesi e due misure

Se Francesco è intransigente verso alcuni, usa "la misericordia a tempo" per molti altri. Si tratta di una "tolleranza quando me pare". Da questo punto di vista, Bergoglio ha ben chiaro chi è il Papa e cosa deve fare. Se da un lato ha abbandonato numerosi "orpelli" (chiamiamoli così), dall'altro ha dimostrato che il potere lo sa esercitare molto bene. A Santa Marta è ben chiaro a tutti i suoi collaboratori: "Tutto deve passare sotto il suo sguardo attento, guai se qualcosa non gli viene sottoposto per tempo". Francesco si occupa degli appartamenti dei suoi collaboratori, di chi deve ricevere o non ricevere per un semplice bacia mano, dei vescovi a capo delle diocesi che "più gli stanno a cuore" e via così.

La scelta dei vescovi, peraltro, è sempre soggetta agli umori del momento. Quando il Cardinale Zuppi riuscì ad evitare di farsi mettere "il cane da guardia" alla CEI, il Papa non la prese proprio bene. Bergoglio, infatti, voleva che l'Arcivescovo di Bologna scegliesse Domenico Pompili come segretario della Conferenza Episcopale Italiana. Zuppi declinò gentilmente e Francesco, quando il porporato uscì da Santa Marta, disse ai suoi collaboratori che doveva trovare una soluzione. "A Pompili date la prima diocesi grande che si libera", tuonò Francesco. Fu così che si scelse Verona come nuova destinazione. Qualcuno ancora era convinto che si facessero delle scelte di tipo pastorale, spirituale o simili. Nulla di tutto questo. Francesco governa la Chiesa a seconda dei suoi obiettivi personali.

Oscar Zanchetta e la schiera degli "intoccabili"

Se potessimo utilizzare delle categorie, potremmo parlare oggi di: "trombati", "intoccabili" e "sopravvissuti". Non vorremmo certo scandalizzare le pie orecchie (o gli occhi) dei nostri lettori, ma questa è la dura e triste realtà. A capo della lista degli intoccabili troviamo Mons. Oscar Zanchetta, il quale si trova in Argentina, condannato per aver molestato dei seminaristi. Il Papa lo ha sempre difeso, addirittura lo portò in Vaticano per proteggerlo e gli creò un ufficio ad hoc. Vitto e alloggio pagati, il Monsignore passeggiava in giro per il piccolo Stato. Dopo la condanna in sede penale, in Argentina, nessun giornalista ha pensato di rivolgere domande al Papa in merito all'argomento. 

Segue il Cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga, il quale riuscì a convincere tutti durante il Conclave del 2013. Fra lui e il suo confratello salesiano Bertone, non si sa chi sia messo peggio. Scandali economici si sono abbattuti sul prelato honduregno. Francesco, però, non ha mai vacillato su di lui. Certamente, non può silurare colui verso il quale ha un grande debito.

Questo sistema ha sempre portato a spostare l'attenzione sui capri espiatori del momento. La stampa, come al solito, è complice di Francesco e lui "sa come gestirla". Lo ha detto più volte anche ai suoi collaboratori.

Le magagne non escono mai. O quasi. Pensiamo a quando Silere non possum ha pubblicato il testo della sentenza della Congregazione per la Dottrina della Fede in merito al caso di Don Mauro Inzoli, o più recentemente in merito a Marko Ivan Rupnik. In questo articolo, abbiamo raccontato che Oscar Cantoni fece di tutto per "salvare" il prete cremasco appartenente a Comunione e Liberazione. Anche recentemente ne ha parlato il Cardinale Gerhard Ludwig Müller nel suo ultimo libro.

Scrive il porporato: "È stato fatto un processo canonico a suo carico ma non ne conosco il risultato. Zanchetta fa discutere poiché ha potuto godere di uno status privilegiato in quanto amico del Papa. Di norma le amicizie non possono influenzare il procedere della giustizia, tutti devono essere trattati in modo uguale. Il problema risiede qui, anche perché il Papa – con la sua autorità – può sospendere un processo. Mentre ero a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede una volta è capitato un caso interessante, quello di don Mauro Inzoli, un sacerdote vicino a Comunione e Liberazione. Il tribunale vaticano avviò un processo su di lui alla fine del quale si decise di ridurlo allo stato laicale perché fu riconosciuto colpevole di crimini. Purtroppo però vi fu un cardinale di curia che andò a bussare a Santa Marta, chiedendo clemenza. Davanti a questo interventismo il Papa si convinse e scelse di modificare la sentenza aggiustando la pena a Inzoli, stabilendo che rimanesse sacerdote ma con il divieto di indossare in pubblico l’abito sacerdotale o il clergyman e senza presentarsi alle comunità come consacrato. Rimaneva consacrato ma non poteva mostrarsi agli estranei come tale"

Müller non fa il nome, ma quel cardinale era il chiacchieratissimo Francesco Coccopalmerio. Lui e Cantoni riuscirono a convincere il Papa a non ridurre allo stato laicale il sacerdote che era stato ritenuto colpevole di abusi su numerosi minori. Anche in merito a questo, la stampa non ha mai fatto domande al Papa. Eppure, a Santa Marta c’è un via vai di operatori con cavalletti e telecamere di ultima generazione.

È normale che il Pontefice decida sulla base delle proprie simpatie personali, l’andamento della giustizia? In questi 10 anni di pontificato, le scelte sono state guidate da questi principi. Le persone che hanno studiato, si sono impegnate ed hanno acquisito competenza, sono state messe a riposo e allontanate. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.

La Rota Romana

Anche la nomina ad arcivescovo del Rev.do Alejandro Arellano Cedillo, è l'ennesima conferma di questo sistema. Francesco, sin dall'inizio del suo pontificato ha messo gli occhi su questo tribunale. Basta tornare un po' indietro nel tempo, quando, nel 2017, il Papa nominò Daniele Cancilla come cancelliere della Rota Romana. Non c'era mai stato un segretario laico. Il Papa ha scelto un uomo, non laureato in diritto canonico, e lo ha piazzato lì. Perchè? Perché è un suo amico da tempi "non sospetti". Cancilla, infatti, era collaboratore della Conferenza Episcopale Italiana e Bergoglio lo conobbe in quella veste. Non ha competenza alcuna per stare lì? Beh, al Papa non importa. "Ci vuole un occhio dappertutto", commenta uno stretto collaboratore del Papa. Questo è il sistema utilizzato: servi fedeli, se non sono competenti, non importa. Tanto è vero che Daniele Cancilla è stato mandato a studiare diritto canonico solo dopo la nomina. Immaginate con quale spirito può essere valutata la sua competenza in una università pontificia, dopo che il Papa lo ha già messo a svolgere un ruolo dove ci vorrebbe già il titolo.

Oggi, 02 febbraio 2023, Alejandro Arellano Cedillo diventa arcivescovo. Durante una conferenza sul diritto vaticano, presso la LUMSA, Cedillo fece un intervento sul diritto canonico parlando della sinodalità. I presenti si chiesero: "Ma che sta dicendo?". Ovviamente, l'argomento non c'entrava nulla con il tema affidatogli. Eppure, questo "servizio fedele" gli è servito per ottenere il titolo personale di Arcivescovo. Diceva il Signore: "Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". Eppure, il buon Dio si riferiva a ben altro Padrone.

Le domande scomode

Anche nelle prossime ore, sul volo di ritorno dal Sud Sudan, i giornalisti avranno occasioni importanti per porre al Papa domande cruciali. Pensiamo, ad esempio, a "perché il Papa disse a Pietro Orlandi che la sorella era in cielo?", e ancora: "Come mai, il Papa ha scelto di aprire ora la prima indagine su questo caso?". Qualche giornalista chiederà al Papa: "Chi ha firmato la remissione della scomunica a Marko Ivan Rupnik?", oppure: "Come mai, il Papa ricevette Rupnik a gennaio 2022?". Ecco, domande semplici, che anche chi è stato piazzato lì grazie a "paroline benevole", saprebbe fare.

L.M

Silere non possum