In questi anni il tribunale vaticano è divenuto lo zimbello di questo Stato. La stampa internazionale si è presa gioco dello Stato della Città del Vaticano per ciò che avveniva ad opera dell’Ufficio del Promotore di Giustizia e del Tribunale Vaticano. Mentre in passato questi luoghi erano guardati con riverenza e timore, oggi sono diventati oggetto di barzellette e grave motivo di scherno all’intero operato del Vaticano e della Santa Sede stessa. Questo è accaduto da quando hanno iniziato ad operare all’interno, in particolare, l’avvocato romano Alessandro Diddi e l’ex magistrato italiano Giuseppe Pignatone.

La loro fama riguardo a ciò che hanno fatto nelle loro attività in Italia non li ha certamente aiutati ma ciò che a noi importa è il fatto che queste persone non hanno alcun requisito per esercitare questo ruolo in questo Stato. Né Pignatone né Diddi hanno mai conseguito un titolo in Diritto Canonico o Diritto Vaticano. Come è possibile esercitare un ruolo chiave come quello di Presidente del Tribunale senza avere alcuna conoscenza di quello che è “la prima fonte normativa e il primo criterio di riferimento interpretativo” dell’ordinamento vaticano? Come può il Promotore di Giustizia di uno Stato esercitare l’azione penale se non ne conosce neppure le norme?

Se un avvocato francese volesse esercitare in Italia non potrebbe farlo se non dopo aver dimostrato – sostenendo esami e prove – di conoscere l’ordinamento italiano. Se un avvocato brasiliano volesse fare il magistrato in Italia non potrebbe se non dopo aver sostenuto il concorso in magistratura. Questo è fondamentale per tutelare lo Stato da qualunque accusa di corruzione, di nomine fatte in modo non trasparente, ecc… ma anche per gli imputati che hanno la garanzia che chi li giudicherà o chi agisce contro di loro ha una conoscenza della materia che sta trattando. Ancora una volta, quindi, viene alla luce la garanzia del giusto processo.

Perché se il processo che viene celebrato in Vaticano è giusto lo stabilisce la giurisprudenza, le norme internazionali e non un maghetto cresciuto a Chioggia nei suoi editoriali che non legge nessuno. Se i presupposti sono la completa ignoranza dell’ordinamento da parte di chi esercita queste funzioni, possiamo serenamente affermare che il processo non può essere giusto.

A differenza di Giuseppe Dalla Torre e dei suoi predecessori, a differenza di Nicola Picardi e dei suoi predecessori, le persone che sono state nominate da Papa Francesco all’interno di questo organo di giustizia sembra che siano venute qui dentro “per sistemarsi”. Lo dimostrano le numerose modifiche normative ai trattamenti economici e pensionistici che sono state emanate negli ultimi anni. Anche oggi la Sala Stampa della Santa Sede ha reso pubblico l’ennesimo Motu Proprio che Silere non possum stava aspettando da giorni. Quando sono stati nominati Magistrati ordinari del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Signori Lucia Bozzi e Francesco Saverio Marini, infatti, questo portale mise in rilievo il fatto che anche questi non hanno alcun titolo per esercitare qui dentro e soprattutto in questo modo, come ordinari, avrebbero goduto di un bel trattamento economico. Ma cosa può offrire una professoressa di diritto privato italiano all’Università di Foggia allo Stato del Papa? Ha mai studiato diritto canonico? Diritto Vaticano? E cosa ha da offrire al Papa un professore di Istituzioni di Diritto pubblico italiano? Qui dentro l’ordinamento è un altro. O lo si studia oppure si cercano incarichi in Italia, non qui. Alessandro Diddi ha dimostrato recentemente, non solo di non conoscere il diritto vaticano ma neppure la competenza per territorio inerente ai reati commessi online. Per questo motivo ha costretto lo Stato a spendere tempo e denaro per avviare un processo che non poteva che chiudersi ed arenarsi nel nulla. Se alla Polizia italiana si presenta un cittadino bulgaro che riferisce di aver subito un reato in Bulgaria, commesso da un altro cittadino bulgaro, questa gli dirà di andare in Bulgaria. Diddi, invece, ha scelto di portare in tribunale un processo che non aveva senso di esistere qui. Perché? Forse perché “ai magistrati è corrisposto annualmente un emolumento determinato dal presidente del tribunale tenendo conto dell’attività effettivamente svolta”? Cioè più lavori e più ti pago? Come i rivenditori di aspirapolveri?

All’interno dello Stato si parla spesso di questi laici che rivestono questi ruoli in Tribunale e la cosa non sta piacendo a nessuno. In modo particolare, a seguito del processo Sloane Avenue, c’è chi sta mettendo in dubbio anche l’utilità di questo organo. È un vero peccato che anche vescovi giuristi validi sostengano che i processi non si debbano celebrare qui dentro ma vadano delegati alla magistratura italiana. Questo mette a rischio la nostra indipendenza e la nostra sovranità. Visti i tempi che stiamo vivendo sarebbe deleterio. Allo stesso tempo, però, c’è chi giustamente fa notare quanto male stanno facendo questi soggetti anche all’immagine dello Stato. Il problema, però, è che dobbiamo sempre ricordare che un domani non potremo tornare indietro rispetto ad alcune scelte. Il Papa cambierà ma le norme e le consuetudini, o addirittura determinate conquiste diplomatiche, non saranno facili da riottenere. Attenzione, quindi, alle decisioni di pancia.

Con un ennesimo Motu Proprio Papa Francesco oggi interviene sulla dignità professionale e il trattamento economico dei magistrati ordinari del Tribunale e dell’Ufficio del Promotore di giustizia e al Regolamento Generale del Fondo Pensioni. L’articolo 2 recita: “Chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento posto in essere nell’esercizio delle funzioni giudiziarie può agire nelle sole ipotesi di violazione manifesta della legge commesse con dolo o colpa grave ed esclusivamente contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali L’azione per il risarcimento non può, quindi, essere esercitata nei confronti del singolo magistrato, il quale in ogni caso è tenuto indenne dallo Stato anche per le spese di giudizio, rappresentanza e difesa” e chiarisce che “Il Presidente del Governatorato può esercitare, a pena di decadenza entro sei mesi dal risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale, l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato. Salvi i fatti commessi con dolo, la misura della rivalsa non può superare una somma pari alla metà di un’annualità dello stipendio percepito dal magistrato al tempo in cui l’azione di risarcimento è proposta, anche se dal fatto è derivato danno a più persone e queste hanno agito con distinte azioni di responsabilità”.  A seguito dello scandalo mediatico che è emerso da quanto operato dall’Ufficio del Promotore di Giustizia in questi mesi, Alessandro Diddi ha fatto firmare al Papa una legge che lo tutela da qualsiasi azione ad hominem. Una legge come quelle italiane che proteggono i magistrati anche quando hanno commesso delle azioni assurde, contra legem. Perchè tutti rispondono del male ingiusto ma i magistrati no. Loro sono speciali. E il tutto in Italia viene propinato come "protezione della magistratura da azioni penali vendicative" o "indipendenza della magistratura". In realtà i modi per proteggersi da azioni strumentali si sono ma le persone devono pagare per ciò che fanno. Soprattutto quando si parla della vita e della libertà personale. Nel Bel Paese, però, la questione mani pulite continua ancora ad influenzare e a tenere l'opinione pubblica sotto una cappa che è preoccupante. Se prima c'era uno strapotere della politica oggi c'è lo strapotere della magistratura. Una cosa equa dove tutti rispondono di ciò che fanno no, non piace agli italiani. E come avvocato italiano Diddi rientra nelle fila di coloro che si battono contro queste leggi da casta, in Vaticano però viene a fare il contrario. In Italia si batte per la presunzione di innocenza, in Vaticano viene a fare il giustizialista. Abiti che cambiano alla porta del Perugino. 

Questa legge mette a serio rischio questo Stato che già ha una condizione economica preoccupante. In questi anni abbiamo assunto migliaia di laici che ci hanno creato solo problemi ed ora continuiamo a darci “la zappa sui piedi” come si suol dire. La domanda è: dove vogliamo andare? Anche questa è una strategia di auto sabotaggio? Per quanto riguarda il Papato abbiamo fatto di tutto per far perdere sacralità e credibilità al Successore di Pietro. Oggi lo facciamo anche per la magistratura? L’articolo 1 recita: “Al momento della cessazione, i magistrati ordinari mantengono ogni diritto, assistenza, previdenza e garanzia previsti per i cittadini, nonché tutti i diritti previsti per i dipendenti in servizio”.  Mentre prima si diceva a queste persone: “Guardate, voi venite a svolgere un servizio alla Chiesa prima di tutto, quindi poche pretese e tanto spirito di servizio”, oggi diciamo loro: “Venite, accomodatevi. Se fate danni paghiamo noi. Entrate, vi sistemate e sistemate tutta la vostra famiglia. Paghiamo noi per voi, per sempre. Tranquilli”. Da un lato, quindi, abbiamo i chierici che devono stare a servizio della Curia per 5 anni al massimo e dall’altra abbiamo i laici che si accasano a nostre spese. Se fossimo a capo di una azienda probabilmente vinceremmo il premio idiozia ogni anno con un punto in più.

All’interno di questa legge, inoltre, alla fine viene prevista l’abrogazione dell’ articolo 35 del Regolamento Generale del Fondo Pensioni e tutte le disposizioni, di qualsiasi rango e natura che ad esso rinviano o fanno riferimento. Ma cosa prevede questa norma? La norma dice: «Il diritto alla pensione può essere commutato con provvedimento della “Commissione disciplinare della Curia Romana”, assunto in base al proprio Regolamento, in una prestazione “una tantum” da parte del Fondo nel caso in cui il titolare venga colpito da condanna penale o canonica passata in giudicato per offesa alla Santa Sede, per delitti contro la religione cattolica, la moralità pubblica, il buon costume e il patrimonio ecclesiastico o comunque abbia tenuto un comportamento incompatibile, a giudizio della medesima Commissione disciplinare, con la permanenza di qualsiasi rapporto con la Santa. Sede» e ancora «Nel caso di provvedimento di cui al comma 1, viene comunque disposta la cancellazione dell'iscritto dal Fondo». È tutto chiaro?Oggi se un dipendente viene condannato “per offesa alla Santa Sede, per delitti contro la religione cattolica, la moralità pubblica, il buon costume e il patrimonio ecclesiastico o comunque abbia tenuto un comportamento incompatibile” avrà comunque diritto a ricevere i soldi da coloro che ha dileggiato. Ci rendiamo conto? Beh, del resto qualcuno potrebbe dire: “Serviva una norma del genere perché la maggior parte della gente che abbiamo assunto negli ultimi anni non dovrebbe ricevere la pensione se venisse applicata questa norma”. Certo, perché abbiamo assunto personaggi che continuano a sputare nel piatto in cui mangiano. Ma dove pensiamo di andare in questo modo? La cosa fa sorridere magari coloro che vivono nelle singole diocesi e non comprendono neppure la portata di queste norme ma è bene che qualcuno inizi a guardare oltre il proprio orticello e capire che la stabilità, l’indipendenza e il buon funzionamento di questo Stato ricade anche sulla singola parrocchia più sperduta nel mondo. Nel momento in cui questo Stato, dove hanno sede la Curia e i suoi dicasteri, non funziona perché è luogo di lotte di potere, laici prepotenti, soggetti condannati che agiscono in danno della Chiesa e gente che ha solo il fine di distruggere il ministero ordinato, questo ricade anche sui singoli presbiteri delle più piccole diocesi. Non ci resta che chiederci e chiedere ancora: Fino a quando Signore?

d.W.B.

Silere non possum