The Pope has appointed the new abbot of Montecassino. What problems does this choice conceal?

"Nell'elezione dell'abate bisogna seguire il principio di scegliere il monaco che tutta la comunità ha designato concordemente nel timore di Dio, oppure quello prescelto con un criterio più saggio da una parte sia pur piccola di essa”, scriveva Benedetto da Norcia nella sua Regula.

Sono parole che risuonano nel nostro cuore da quando, l’08 giugno 2022, Dom Donato Ogliari è stato nominato dal Papa, Abate di San Paolo Fuori le Mura. Con questa decisione, la comunità monastica di Montecassino si è trovata a dover riunire il Capitolo ed eleggere il proprio abate.

Parole che sembrano non essere note né in Via Po, né a Santa Marta.

Il 09 gennaio 2023, dopo ben sei mesi, il Pontefice ha nominato (non confermato) il nuovo Abate di Montecassino, scegliendolo nella persona di Dom Antonio Luca Fallica, O.S.B., attuale Priore del Monastero della Santissima Trinità di Dumenza.

La vicenda

L’08 giugno 2022 il Papa nominava l’Abate di San Paolo Fuori le Mura e decideva di prenderlo da Montecassino. Dom Donato Ogliari arrivò in quella comunità nel 2014. Anche in quella occasione, la scelta fu presa dal Pontefice in persona a causa dei travagliati eventi che avevano colpito la comunità monastica.

Di tempo ne è passato e Francesco, scegliendo Ogliari come Abate di San Paolo fuori le mura, lo nominò anche amministratore di Montecassino. I monaci hanno convocato il capitolo ed hanno eletto il loro Abate. Si trattava di Padre Mauritius Wilde, attuale priore dell'abbazia primaziale di Sant'Anselmo in Roma.

La scelta, come di consueto, è stata comunicata al Pontefice che ha sempre avuto il compito di sottoscrivere ed approvare. Il rifiuto, infatti, è una cosa molto rara e vi devono essere motivi fondati. Ciò avviene proprio perché Benedetto scrive: “Nell'elezione dell'abate bisogna seguire il principio di scegliere il monaco che tutta la comunità ha designato concordemente nel timore di Dio”. Ovvero, è la comunità che sceglie il proprio abate non una autorità superiore che la impone. Questa regola è fondamentale per la vita stessa della comunità che funziona proprio come un polmone: deve avere un respiro costante, a cadenza e unanime. Benedetto da Norcia sapeva che se la comunità non sceglie il proprio abate, le difficoltà possono essere molteplici e la vita di comunità può diventare veramente difficile.

Francesco e l’analfabetismo monastico

Il Papa, come abbiamo visto chiaramente anche negli ultimi mesi, non è mai riuscito ad entrare in quest’ottica. Già da sacerdote, poi da arcivescovo di Buenos Aires, dimostrava di non ammettere che la comunità potesse eleggere il proprio superiore. I gesuiti, del resto, sono così, hanno bisogno di una autorità imposta alla quale obbediscono in modo cieco, militare.

L’analfabetismo rispetto alla vita contemplativa, il Papa lo ha dimostrato in molteplici occasioni. Inutile ricordare i documenti usciti in questi anni dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Testi che hanno colpito in radice tutte quelle realtà che avevano il minimo intento di condurre una vita di preghiera, austera e dedita al Signore. Sarà un caso che il testo del documento Cor Orans pubblicato dalla LEV ha in copertina un mosaico di Rupnik?

Anche a San Paolo Fuori le Mura, il Papa era intervenuto a gamba tesa e aveva bloccato l’elezione dell’Abate. Addirittura, il Cardinale Arrigo Miglio (un altro genio), aveva definito la comunità incapace di eleggere il proprio superiore. A giugno, il Papa prese Ogliari e lo portò a Roma imponendolo alla comunità.

I pericoli

Ora, se coloro che vengono trattati da “prescelti”, tralasciassero un po’ il proprio ego, si potrebbe tentare di fare una riflessione seria.

Prima però, chiariamo una cosa abbastanza importante. La segretezza rispetto ad alcuni atti è fondamentale. Se la comunità ha scelto Mauritius Wilde come proprio abate, tale scelta deve rimanere segreta fino a quando il Pontefice non la approva. Se non viene approvata, si tace.

Ad ottobre, su alcuni quotidiani locali sono uscite notizie in merito alla mancata approvazione. Come di consueto, giornalisti e le rane dalla bocca larga, hanno iniziato a fantasticare sulle motivazioni che avrebbero portato il Pontefice a esprimere il proprio diniego. Wilde ha dimostrato in questi anni di essere un ottimo monaco ed ha guidato con grande dedizione la comunità monastica di Sant’Anselmo. Nessun problema, quindi, è stato evidenziato sul suo conto, anzi. La nunziatura apostolica in Italia ha solo posto l’accento sulla nazionalità tedesca e sul fatto che non possedeva la cittadinanza italiana. Problema, però, che si sarebbe risolto in brevissimo tempo e sicuramente con meno problemi rispetto all’ordinazione diaconale e presbiterale di un monaco laico.

Il problema, ancora una volta, è da ricercare a Santa Marta e non altrove. Proprio come avvenne con l’attuale Prefetto della Casa Pontificia. Lo racconta lo stesso arcivescovo Georg Gänswein nel suo libro Nient’altro che la Verità: “Ricordo, per esempio, la visita del 15 giugno 2014 alla Comunità di Sant’Egidio a Trastevere: il giorno precedente, quando ci salutammo a Santa Marta dopo le udienze, il Pontefice mi disse, alla presenza dei comandanti della Gendarmeria e della Guardia svizzera, oltre che degli autisti, che non era necessaria la mia presenza e che avrei potuto prendermi un giorno libero, ribadendolo con decisione dinanzi alle mie osservazioni stupite. Il giorno seguente ovviamente mi telefonò il fondatore Andrea Riccardi per chiedermi se io o Benedetto avessimo qualche problema con Sant’Egidio, poiché questa era la voce sparsa dopo che era stata notata la mia assenza all’evento, senza che fossero state date motivazioni da qualcuno”.

Il Papa, purtroppo, spesso non si rende conto (o almeno così speriamo) che le sue azioni sono oggetto di radiografie continue effettuate da soggetti che null’altro hanno da fare che pensare le cose più folli. Molte persone, in molteplici occasioni, glielo hanno fatto notare ma non c’è verso che lo capisca. Anche in questa occasione, quindi, con questo diniego ingiustificato e la fuoriuscita della notizia, c’è stato chi non ha perso tempo per buttare un po’ di fango su un semplice monaco che ha sempre vissuto la propria vita in conformità alla regola a cui si è votato.

La vita monastica nella Chiesa

L’abate per Montecassino

Dopo aver eletto il proprio abate e aver ricevuto il rifiuto del Papa, la comunità si è vista recapitare una richiesta del nunzio: presentate al Papa una terna. In sostanza, l’abbazia territoriale viene trattata come una comune diocesi.

Del resto, sembra che il Nunzio Apostolico Emil Paul Tscherrig abbia le stesse difficoltà del Papa in riferimento alla vita monastica. Ricordiamo che Tscherrig fu colui che, Nunzio in Argentina, ricevette le denunce di seminaristi e preti in riferimento al caso Zanchetta. Il presule non fece granché e se non fosse per la giustizia civile, Zanchetta ora sarebbe qui in Vaticano a passeggiare felicemente con incarichi ad hoc.

Tscherrig è oggetto di critiche in molte diocesi, le quali lamentano il suo completo disinteresse, e la sua estraneità, riguardo alla realtà italiana. Anche in questo caso, quindi, ha contribuito a questo trattamento nei confronti della comunità monastica.

Nella terna presentata dai monaci(in realtà sono stati presentati quattro nomi), vi era anche Dom Antonio Luca Fallica, priore emerito della Comunità Monastica “SS. Trinità” di Dumenza (VA). La comunità, infatti, è ben lieta di accogliere questo monaco come proprio abate. Il problema, come al solito, sarà di carattere giuridico perché il monaco appartiene ad una comunità di diritto diocesano e non è un presbitero.

Certamente si dovrà procedere ad ordinarlo diacono e poi presbitero, non è escluso che debba fare anche la professione solenne.

"La forma giuridica della comunità, scrivono i monaci riguardo alla loro realtà, è quella di un priorato benedettino sui iuris di diritto diocesano associato alla Provincia Italiana della Congregazione Sublacense-Cassinese dell’ordine di San Benedetto”. Pertanto, ha delle costituzioni proprie.

Abate, non Ordinario

Essendo Montecassino una Abbazia Territtoriale, è necessario specificare quanto segue. La nomina del Santo Padre si riferisce all'Abate non all'Ordinario. Difatti, il Canone 129 §1 del Codice di Diritto Canonico recita: "Sono abili alla potestà di governo, che propriamente è nella Chiesa per istituzione divina e viene denominata anche potestà di giurisdizione, coloro che sono insigniti dell'ordine sacro, a norma delle disposizioni del diritto".

La Sede Apostolica potrà procedere alla nomina ad Ordinario solo a seguito dell'ordinazione presbiterale.

L’incompresa vita monastica

Per tornare, quindi, alla nostra riflessione, è necessario che anche chi è stato “prescelto”, si chieda seriamente se questo sistema è rispettoso di quella che è la Regula e lo spirito di San Benedetto. La vita benedettina si distingue da tutte le altre con alcuni elementi caratteristici. Una regola che ha “regolato”, appunto, la vita di migliaia e migliaia di comunità. Fra queste peculiarità vi è proprio l’elezione dell’Abate da parte della comunità stessa.

Oggi è chiaro che è lo stesso Vicario di Cristo in terra che fa molta difficoltà a comprendere l’importanza della vita monastica. Diversi monaci che hanno avuto modo di incontrarlo si sono sentiti domandare: “Ma oltre a pregare cosa fate?” Come a voler sottolineare l’importanza di quel “fare, fare e fare”. Se c’è una cosa, invece, che, da cinquant’anni a questa parte, abbiamo imparato è che la Chiesa non va avanti se non con la preghiera.

Il Papa di cosa ha paura? Teme forse che succeda come a Solesmes che la comunità si scelga un abate giovane che non ha paura di mostrarsi cattolico anche al di fuori della propria realtà? Ha forse paura che i monaci siano troppo liberi? Oppure si considerano queste persone incapaci di intendere e di volere? Tralasciando la vicenda attuale, dove Dom Fallica è certamente ben voluto e atteso a Montecassino, Francesco deve tenere in considerazione che, imporre le persone è sempre un rischio. La comunità accetta mal volentieri la persona imposta e si mettono in difficoltà entrambe le parti. Anche colui che viene imposto non vivrà con serenità questa condizione, perché chiaramente sarà imbarazzato. Un esempio può essere la nuova Costituzione Apostolica sul Vicariato di Roma.

La questione, come al solito, non si risolve guardando al singolo caso e alle singole persone. La nomina dell’abate di Montecassino è l’ennesimo segnale che il Papa disprezza la vita monastica e non l’ha mai compresa. Non vi è un intervento, in tutto il suo pontificato, che metta in luce la bellezza della vita donata interamente a Cristo senza mezzi termini. Non vi è una sola parola nel suo magistero che getta luce sull’importanza della vita contemplativa per la vita della Chiesa tutta. Questo, a nostro avviso, è molto preoccupante.

Non ci resta che ritornare sulle parole di Gesù che diceva: «Martha, Martha, sollicita es et turbaris erga plurima, porro unum est necessarium; Maria enim optimam partem elegit, quae non auferetur ab ea».

L.M.

Silere non possum